A cresta bassa Nuovi tormenti grillini sul bisogno della paghetta Vivere da parlamentare, dunque, non è come vivere alla maniera di Mark Boyle, l’inglese che da anni ha detto “no” ai soldi e si lava i denti con ossi di seppia: questo devono aver pensato ultimamente i non pochissimi deputati e senatori a cinque stelle, fan della decrescita felice ma folgorati preventivamente (da Beppe Grillo) sulla via della diaria – ché il riflesso cretinista sul Web è più forte del buonsenso, e pure se rendiconti tutto arriva sempre quello che su Facebook ti chiede conto della pizza bufala e pachino (potevi prendere la più economica pizza Margherita). 14 MAG 2013
Il codice Bray e i suoi cultur-nemici Con le cuffie, l’iPod e il posto in piedi, a bordo della Circumvesuviana poi devastata (e fermata) dai teppisti, se ne stava tranquillo e assorto, prima di chiedere un passaggio per Pompei, il neo ministro dei Beni culturali e del turismo Massimo Bray, già direttore editoriale dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, direttore responsabile della rivista ItalianiEuropei e presidente del cda della Fondazione “La notte della Taranta” nella Puglia felix da cui proviene. Dopo appena tre giorni nel governo Letta, non ancora segnalati sul suo sito (unico indizio, la frase “la cultura prima di tutto”), se ne stava in piedi tra turisti e non turisti, Bray, rispondendo su Twitter a una signora che l’aveva fotografato, e ascoltando un rocker israeliano di nome Asaf Avidan, sconosciuto ai più. 03 MAG 2013
Il virus del grillismo in “occupyPd” (e i Cinque stelle scongelati da Letta) Dicono (da Torino, Bologna, Bari, Foggia, Lamezia Terme, Palermo) che “la situazione non è più sostenibile”, che “la misura è colma”, che “le scelte nazionali, regionali e provinciali non possono più cadere dall’alto” e che “la piramide va rovesciata, partendo dalla base”. Vanno in tv per dire: “Ci riprendiamo il partito”. Innalzano stendardi “contro le oligarchie”, stilano “patti della Pallacorda” in omaggio alla Rivoluzione francese, si mobilitano contro “l’inciucio”, parola ormai diventata il collante universale dell’indignazione giacobina (slogan: “Il cambiamento non si fa con Berlusconi”). Vogliono “il congresso del Pd prima dell’accordo Pd-Pdl” e chiedono ai loro deputati e senatori “perché ci dicevate ‘mai il governissimo’ e ora lo fate?”. 25 APR 2013
Lo spleen di Grillo ovvero l’arte della manutenzione della setta Il fantasma dell’irrilevanza – fare opposizione e sparire, fare opposizione neppure da soli – abita da un paio di giorni il palazzo a cinque stelle. “Non votiamo la fiducia”, “non ci invitano alle consultazioni” (poi erano invitati), “i Letta sono un’unica famiglia”, “l’inciucio è servito”: le formule ripetute non aiutano Beppe Grillo e i suoi eletti, a giudicare dall’oscillare di Grillo tra energia spaccatutto e depressione da ex comico in pantofole, a ricacciare sotto al tappeto l’angoscia di vedersi come in uno specchio rovesciato: non dovevano essere gli altri, quelli nel vicolo cieco? La sensazione è che lo scenario sulla carta migliore – il Pdl e il Pdmenoelle che si mettono d’accordo, i Cinque stelle che continuano nel dàgli alla casta – si tramuti nel caso peggiore. 25 APR 2013
La caduta dall’Olimpo delle “riserve della Repubblica” (Saviano in testa) Certo il suo “ZeroZeroZero”, il “Gomorra” della lotta alla cocaina, è primo in classifica. Certo Roberto Saviano vende copie con l’ultimo libro, nonostante la parallela caduta negli ascolti televisivi, in coppia con Fabio Fazio – l’ultima recente doppia apparizione su Raitre, a inizio aprile, non ha superato il sette per cento, ma già nell’autunno scorso il critico Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, aveva fatto notare una certa flessione dello share. Ma è lo status di “idolo” di Saviano, soprattutto, a fare acqua. Fabio Fazio, poi, anche in solitaria non “traina più”, titola il Fatto, addossando al conduttore di “Che tempo che fa” pure la colpa del calo di ascolti di Milena Gabanelli, in palinsesto con “Report” dopo Fazio. 24 APR 2013
Grillo su Roma Beppe Grillo all’ora del caffè si affaccia per un non-comizio in piazza Santi Apostoli – non si vede il palco, l’ex comico dice che il muro di cronisti rende impossibile l’ingresso attraverso una strettoia non proprio stracolma di gente – e andandosene saluta da un predellino: “Arrendetevi”, dice ai partiti; “andiamo avanti”, dice ai suoi. Poi gira in tondo, indeciso se tornare indietro, parlare da piazza Venezia o procedere in corteo. Infine riappare, ed è la rappresentazione plastica della linea ondivaga tenuta negli ultimi due giorni. Si attacca alla “semantica”, Grillo, per smentirsi e spiegare che di fronte alla rielezione di Giorgio Napolitano ha detto “golpe”, sì, ma intendeva dire “golpettino furbo”, e che lo diceva soltanto tra virgolette. Leggi anche Il patto di sistema alla prova della piazza grillina 21 APR 2013
Grillo vuole colonizzare il Pd, ma lo scambio col governo non va “Nessuno si è mai sognato di votare Romano Prodi”, dice Beppe Grillo a metà giornata, da un comizio lassù in Friuli, quando capisce che gli sta riuscendo il colpo grosso poi reso evidente dai risultati del quarto scrutinio, con Prodi inchiodato a 395 voti: tenere duro sul nome di Stefano Rodotà, tentazione per una sinistra assediata dalla base in piazza e sul web, sperando che lo “scouting” mai abbandonato dal Pd in direzione grillina funzioni a parti rovesciate, e che una parte del Pd squassato si riversi sul candidato a cinque stelle. E il “travaso” avviene persino spontaneamente, per convinzione o senso di colpa dei parlamentari del Pd verso gli elettori sedotti dal mantra del “cambiamento” e soltanto in ultimo dall’hashtag lanciato su Twitter dall’ex comico (#Rodotàperchéno). 20 APR 2013
Tra Rodotà e Prodi, a Grillo va l’acqua per l’orto (a Rep. un po’ meno) Il primo giorno di votazioni per la presidenza della Repubblica porta acqua all’orto di Beppe Grillo (e arriva il suo ennesimo “arrendetevi” all’indirizzo del Pd), ma il gongolare dell’ex comico non impedisce il doppio binario: con una mano Grillo tiene alto il nome di Stefano Rodotà, “da portare avanti fino alla quarta votazione”, come ripetono in Parlamento i molto ortodossi Roberta Lombardi e Roberto Fico, (che avverte Nichi Vendola: “Se Sel cambia nome al quarto scrutinio è poco seria”). Con l’altra mano, però, Grillo non chiude allo scivolamento per mano altrui verso l’ipotesi Romani Prodi, in campo non da oggi anche nell’area Cinque stelle, nonostante il “no” apparente di Gianroberto Casaleggi. 18 APR 2013
I tormenti di Rep. Sono brutti momenti per Pier Luigi Bersani, sì, ma anche a Repubblica un po’ si soffre, nel momento in cui un patto Pd-Pdl si profila (con Beppe Grillo che, sentendosi improvvisamente con le spalle al muro, spara a zero contro le “Berlusconarie” e Massimo D’Alema che vuole “salvare il culo a B.”). Difficile essere kingmaker per il Quirinale sospesi come si è, anche a Largo Fochetti, tra antica identità “no B.” e desiderio di tenere insieme tutto: l’area della sinistra “mozzorecchi” e quella della sinistra che, per sopraggiunto pragmatismo e visti anche i risultati elettorali, non sarebbe contraria a un nome per così dire (come dice Ezio Mauro) “di garanzia”. 18 APR 2013
Si scrive Gabanelli e si legge Rodotà. I grillini vagheggiano il “colpaccio” Esce il nome di Milena Gabanelli dalle Quirinarie a cinque stelle, nome in deroga all’odio grillino per la “casta” dei giornalisti, ma tutti nel M5s sono in attesa, fin dall’inizio, del suo “no, grazie” (Gabanelli intanto si definisce “commossa ma sopravvalutata”, e pronta a dare la sua risposta “ai proponenti”). Il nome di Milena Gabanelli è “bellissimo”, dice anche Barbara Spinelli, ma è chiaro a tutti che si scrive Milena Gabanelli e si legge Stefano Rodotà, il nome-ombra che, agli occhi degli eletti grillini e dei sostenitori esterni del M5s, fa sognare il “colpaccio”. 16 APR 2013