Fumogeni, equivoci e voti

Giuliano Ferrara

Cara Rosy Bindi, a Firenze lei ha dichiarato che due libertà sono in conflitto, quella di abortire e quella di obiettare. Non so se sia una verità cattolica, e ne dubito, ma so che non è giusto da un punto di vista laico. Al solo scopo di combattere l'orrendo fenomeno dell'aborto clandestino, e non come mezzo di controllo delle nascite, la legge italiana 194 concede dal 1978 la possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza, a certe condizioni e soltanto nelle strutture pubbliche. Non esiste una generica libertà di aborto. Che un ex ministro della Salute e della Famiglia cada in un simile lapsus, omaggiando l'idolo libertario celebrato nelle piazze in cui si lanciano in suo onore sedie, fumogeni, pomodori e uova, è la conferma del fatto che l'aborto è diventato una convenzione moralmente indifferente e che negli ultimi trent'anni siamo scivolati in una cultura oscurantista, primitiva e barbarica. Ci rifletta laicamente, onorevole Bindi, visto che per umanità, per cultura e per fede con quella cultura lei non ha o non dovrebbe avere niente da spartire. Senza rancore.

    Cara Rosy Bindi, a Firenze lei ha dichiarato che due libertà sono in conflitto, quella di abortire e quella di obiettare. Non so se sia una verità cattolica, e ne dubito, ma so che non è giusto da un punto di vista laico. Al solo scopo di combattere l'orrendo fenomeno dell'aborto clandestino, e non come mezzo di controllo delle nascite, la legge italiana 194 concede dal 1978 la possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza, a certe condizioni e soltanto nelle strutture pubbliche. Non esiste una generica libertà di aborto. Che un ex ministro della Salute e della Famiglia cada in un simile lapsus, omaggiando l'idolo libertario celebrato nelle piazze in cui si lanciano in suo onore sedie, fumogeni, pomodori e uova, è la conferma del fatto che l'aborto è diventato una convenzione moralmente indifferente e che negli ultimi trent'anni siamo scivolati in una cultura oscurantista, primitiva e barbarica. Ci rifletta laicamente, onorevole Bindi, visto che per umanità, per cultura e per fede con quella cultura lei non ha o non dovrebbe avere niente da spartire. Senza rancore.

     

    Caro giornalista collettivo, dovresti imparare a distinguere, nei testi e nei titoli, in modo tale da perfezionare la tua padronanza della lingua. “Ferrara contestato anche a Palermo” è un errore blu. Contestare significa criticare, irridere, fischiare, controargomentare, incalzare, rigettare, anche dileggiare, obiettare rumorosamente, insomma rompere i coglioni a uno che dice una cosa sgradita. Da Bologna in avanti il titolo giusto è: “Comizio elettorale aggredito a …”. Domanda al bravissimo Michele Smargiassi di Repubblica, sulla cui testa è caduta una sedia nel corso di un tentativo di linciaggio, se si senta contestato. Domanda, caro giornalista collettivo, agli agenti che hanno ricevuto due bottiglie piene sul vetro anteriore della loro blindata, che ne è risultato scheggiato, se si sentano contestati. Domanda a Aldo Cazzullo del Corriere come si è sentito quel giorno ristretto in quell'Alfetta. E poi usa il termine che credi. Scemino.

     

    Cari amici del Manifesto, sapete che non sono vittimista e prendo le cose con molto buonumore. Perfino quelle solfe mortuarie che sciorinate da anni sul vostro giornale postmoderno. Ma dopo avere letto i vostri commenti sulla nostra povera e disadorna campagna elettorale, ho un consiglio per la vexata quaestio del vostro titolino sotto la testata (“quotidiano comunista”). Tenerlo, non tenerlo? Nobilitatevi. Scriveteci: quotidiano squadrista. Con vecchia e scherzosa simpatia.

     

    Caro presidente Berlusconi, le darò con affetto e convinzione metà del mio voto, una metà particolarmente preziosa perché va alla sua lista al Senato, nel Lazio. Lo farò perché mi è simpatico, perché il suo happy ending coinciderà nei miei auspici con un magnifico governo dopo una grottesca campagna elettorale, perché siamo vecchi amici e abbiamo collaborato a fare molte cose buone, qualche mediocrità abissale e qualche schifezza, da quando mandarono in latitanza il nostro amico Bettino per mettere la Repubblica sotto le briglie dell'ideologia. Ma se ripete la candida e divertente bestialità detta ieri al Giornale (“spero che non prenda troppi voti perché sono i miei”) mi riprendo anche quel mezzo voto. I voti sono degli elettori, se lo segni. Tanti baci.

     

    Cari vescovi di Mantova e di Palermo, avete fatto benissimo a negare alla mia lista pazza le vostre sale. Lo dico senza l'ombra dell'ironia. La chiesa non fa campagna elettorale. Aspettavo una conferma della sublime follia di Eugenio Scalfari, che interpretò la lista come “una dichiarazione di guerra della Conferenza episcopale allo stato italiano”. Grazie per la conferma. Io non sono Scalfari. Io so distinguere tra la pastorale cristiana e una iniziativa culturale e civile laica. Un saluto affettuoso.

     

    Cari ragazzi di Palermo, cari maschietti e femminucce fumogeni che avete appreso ad amare l'aborto come simbolo di libertà e autodeterminazione, ora siete indagati per turbativa di campagna elettorale. Ve la caverete con poco, con niente, almeno spero. Al massimo vi toccherà una multa. Avete infatti il meraviglioso privilegio di essere già nati. Vi voglio bene.

     

    Cari lettori, ho capito di dove è nato il casino. Essendo un po' tardo di riflessi, ci sono arrivato solo alla fine. Il casino è nato da questo. L'aborto nei secoli fu un peccato. Il peccato era strettamente legato al reato, che ne dava la definizione secolarizzata. Poi con la nascita del mondo liberale, peccato e reato si sono separati. L'aborto, essendo una enormità, è arrivato alla separazione per ultimo. Dire come io ho detto che bisogna nominare le cose con il loro nome, che l'aborto è un miserabile arcaismo indegno di una civiltà liberale, e che proprio la libertà di scelta ci dà la responsabilità di fargli una lotta senza quartiere, di mancargli di rispetto senza mancare di rispetto alle persone, è intollerabile per una cultura che si fonda sulla cancellazione del peccato dal suo orizzonte etico: mi hanno risposto che “la 194 non si tocca” proprio perché non la volevo toccare, perché volevo e voglio fare qualcosa di più e di diverso. Proprio perché ho ritirato fuori da laico la questione del peccato, della colpa, mi sono preso questa condanna freudiana al piccolo e molesto e sopportabile rogo dell'ideologia. Pazienza, e in bocca al lupo. Crepi.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.