Dal Foglio del 18 aprile
Chi ha perso le elezioni? Prodi, Padoa-Schioppa e Visco. O no?
Sulla valanga elettorale che ha consegnato l'Italia a Berlusconi e a Bossi si fa molta sociologia, molta semiologia. Ma il mistero glorioso di cui non si parla, e che spiega la sostanza delle cose, è tipicamente politico e tipicamente economico.
Sulla valanga elettorale che ha consegnato l'Italia a Berlusconi e a Bossi si fa molta sociologia, molta semiologia. Ma il mistero glorioso di cui non si parla, e che spiega la sostanza delle cose, è tipicamente politico e tipicamente economico. Prodi ha costruito una ridotta difensiva dentro la quale si è mosso per diciotto mesi con afasica arroganza. Padoa Schioppa Visco e in parte Bersani hanno nutrito gli assedianti con due finanziarie, un'offensiva fiscale e un'attacco anticorporativo che hanno portato a una precoce rivolta del paese reale. Lasciamo stare i giudizi di valore, perché far pagare le tasse non è precisamente un reato o un peccato. Qui si parla di fatti. Tutti sapevano tutto, i sondaggi di impopolarità del governo si sono stabilizzati molto presto sul disastro fino al giorno del voto, e sono stati computati ed esibiti al millimetro dal Cav. La fragilità della maggioranza era tale che in qualsiasi modo una crisi era prevista per gennaio. La spremitura fiscale del ceto medio che si arrangia (“anche i ricchi piangono”) si è combinata con l'attacco agli idoli dell'arte di arrangiarsi, il sacro contante, gli studi di settore, l'imposta sul valore aggiunto in trasparenza telematica. Tutto testimoniato da un aumento clamoroso delle entrate e da una diminuzione del debito a fronte di un pil irrisorio. Era ovvio che il risanamento dei conti dello stato più la bassa crescita più l'inesistenza di una effettiva maggioranza avrebbero mandato a carte quarant'otto coalizione e governo, avrebbero fatto litigare gli assediati, avrebbero creato la controspinta che, con l'aiuto dell'innamoramento a lieto fine per il Cav. e per Bossi, ha finito per produrre il risultato elettorale. Non c'era un solo membro pensante della nomenclatura di centrosinistra che non riconoscesse ogni giorno in privato la realtà: Prodi ci sta portando al disastro, con una formula politica di vecchio antiberlusconismo impotente, una comunicazione da burocrati trogloditi, una politica economica punitiva. D'Alema si spinse fino a dire apertamente che ancora una volta la maggioranza ulivista-unionista non aveva riconosciuto di avere al massimo pareggiato le elezioni…
Che c'entra Veltroni? Ha fatto precisamente quel che era stato incaricato di fare da tutti i maggiorenti che lo hanno candidato alle primarie e che ragionevolmente poteva fare. Ha salvato quel che restava di Ds e Margherita, ha fatto il pieno dei suoi voti nella tempesta e ha semplificato il sistema politico lasciando in Parlamento, contro un potente avversario, una forza di sinistra riformista che ha le percentuali del vecchio Pci, della vecchia opposizione politica monopolista della prima Repubblica. Ora ha da sparare (e i suoi l'avevano detto esplicitamente) il secondo colpo in canna: la costruzione dall'opposizione, senza le bardature del vecchio ulivismo di centrosinistra che è andato alla catastrofe, di una forza progressista integralmente nuova. Non ha fatto sognare, d'accordo. Però non era facile, con quell'incubo di governo che aveva sulle spalle e che era costretto a nascondere. Ma quando si deciderà, Veltroni, a dire la verità, a rompere la convenzione continuista?
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