Dal Foglio del 22 aprile

The matrimonio in Chief

Paola Peduzzi

Dopo il dieci di maggio Bush potrà fare qualsiasi cosa, anche schiacciare inavvertitamente il bottone rosso della guerra all'Iran. Nulla importerà più. Dopo il dieci di maggio, l'eredità di Bush sarà finalmente sancita da una cerimonia al ranch di Crawford, con il compimento finale di uno dei due obiettivi della dottrina presidenziale: vincere la guerra al terrorismo e trovare un marito ad almeno una figlia.

    Dopo il dieci di maggio Bush potrà fare qualsiasi cosa, anche schiacciare inavvertitamente il bottone rosso della guerra all'Iran. Nulla importerà più. Dopo il dieci di maggio, l'eredità di Bush sarà finalmente sancita da una cerimonia al ranch di Crawford, con il compimento finale di uno dei due obiettivi della dottrina presidenziale: vincere la guerra al terrorismo e trovare un marito ad almeno una figlia. Poiché a Osama bin Laden pare averci pensato già qualcuno visto che non lo si vede più in giro, all'Iraq ci sta pensando quel gran genio di Petraeus, agli altri regimi in giro per il mondo ci sta pensando il biodiesel, al medio oriente ci pensa la globetrotter Condi, Bush può trovare un po' di tempo per concentrarsi sul matrimonio. E siccome nessuna figlia vuole deludere il suo papà, menchemeno se è un simpatico signore di sessant'anni parecchio occupato con il lavoro, Jenna, la più giovane delle gemelle (più giovane di un solo minuto, quel che basta per confermare che i pargoli più solerti e più attenti ai desideri dei genitori non sono i primogeniti), ha brigato per trovarsi un marito e lasciare un'impronta di famiglia nell'eredità della presidenza bushiana.
    Ha fatto le cose per bene, Jenna. Sono lontani i tempi in cui si faceva paparazzare ubriaca e giuliva a quelle feste per ricchi dove in genere qualcuno finisce all'ospedale senza che gli altri invitati se ne accorgano. Allora era una ventenne americana con i vizi delle giovani americane, soltanto dopo, assalita dalla realtà a un'età inaccettabile (se hai meno di 25 anni tutto dovrebbe esserti concesso), le è toccato spiegare, accompagnata dall'inseparabile sorella Barbara, che “quando eravamo giovani e irresponsabili, be', eravamo giovani e irresponsabili”. Papà ha capito – come ogni papà di figlie femmine, gli bastano poche parole confuse per farsi convincere – ma gli è rimasta qualche preoccupazione. Del resto, è sempre stato un papà preoccupato. Nel 2004, durante un dibattito con il candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry, si era ritrovato ad ammettere che al fondo una cosa legava il più assertivo presidente repubblicano e il più vacuo aspirante presidente democratico: era la consapevolezza che neppure un guinzaglio avrebbe potuto tenere a bada le loro amate figliole. Qualche mese più tardi anche Laura, la first lady, espresse qualche perplessità, a testimonianza di una discussione che deve avere logorato i coniugi Bush nelle serate davanti alla tv ad accarezzare la testa del cagnolino Barney. Jenna frequentava già da un annetto un ragazzone repubblicano di comprovata fede bushiana – uno che aveva fatto lo stage nientemeno che con Karl Rove, “the Bush brain” – ma le cose non parevano affatto andare per il verso giusto (e Bin Laden non si trovava e l'uccisione di al Zarqawi in Iraq era ancora là da venire). Ci doveva essere qualcosa che indispettiva Laura a tal punto da farla uscire dalla sua proverbiale riservatezza ed esclamare che quel ragazzo con cui Jenna veniva fotografata ovunque (con l'immancabile bicchiere in mano) “non era un fidanzato serio”.
    Il malcapitato era Henry Hager, oggi promesso sposo della figlia del presidente degli Stati Uniti. L'anatroccolo si è trasformato in cigno all'alba di una mattina d'agosto del 2007, su un cucuzzolo di una montagna, ma prima ha dovuto dotarsi di un curriculum repubblicanamente corretto. Non che gli sia costato più di tanto. Suo padre, John Henry Hager, è stato vicegovernatore della Virginia e dall'anno scorso è il presidente del Partito repubblicano in quello stesso stato. La dote era già cospicua, insomma. Poi ci si è messo il solito Karl Rove (che si conferma stratega assoluto della presidenza bushiana, pianificazione familiare compresa) che ha preso Henry – detto Hank – sotto la sua ala e ha tirato fuori uno sposo perfetto. Prima l'ha fatto lavorare alla campagna di rielezione del 2004 ma, a giudicare dai modi sospettosi della famiglia, Henry non era ancora del tutto accettato. Poi Rove ha continuato a tenerlo nella sua orbita, anche se Hank è tornato a studiare all'Università della Virginia, dove ancora oggi sta seguendo un master in Business Admnistration. Nel momento del passaggio dal team presidenziale allo status ufficiale di studente, i gossipari avevano detto e scritto di tutto: che Henry era stato cacciato da corte per aver tradito la gemella giovane; che la gemella vecchia era gelosissima perché pare che avesse messo gli occhi su Henry ben prima della sorella dopodiché aveva fatto di tutto per screditare il concupito; che Jenna era incinta, e Henry non voleva assumersi le sue responsabilità. Come sia andata è difficile saperlo: chi ha visto la serie tv “The West Wing” sa che intorno alla first family c'è una cortina di protezione che soltanto nei telefilm può saltare fino al punto che la figlia di un presidente americano si innamora di un francese mezzo drogato che le mette una pasticca dentro il bicchiere, lei perde coscienza e viene rapita da un commando di un paese mediorientale non ben identificato ma cattivissimo, costringendo il presidente degli Stati Uniti a dimettersi, perché la ragione di stato si confonde con la ragione di un padre. I fatti dicono però che, dopo tanti pettegolezzi e tanti vestiti smodatamente larghi sfoggiati da Jenna, Henry ha preso la grande decisione e ha chiesto la mano dell'amata a papà George W. Il quale ha dato subito il suo consenso e ha fugato ogni dubbio sul futuro genero cominciando a dire a tutti che per lui Henry era “il figlio maschio mai avuto”.
    La più stordita da tutta la storia è stata Jenna. In un'intervista a People in cui lanciava il suo libro su una ragazza madre di diciassette anni sieropositiva (Jenna non soltanto ha smesso di farsi trovare ubriaca alle feste, non soltanto si è dotata di un marito repubblicano, ma ha anche lavorato all'Unicef e partecipato a progetti umanitari a Panama e viaggiato tanto per l'Africa), la first daughter ha raccontato che cosa è accaduto quando Hank si è dichiarato. Tutto è successo sulla costa del Maine, all'Acadia National Park, sulla cima della Cadillac Mountain. Il promesso sposo – uno cui piace stare all'aria aperta a stancarsi, “outdoorsy” lo definisce Jenna – ha buttato giù dal letto la fidanzata prima dell'alba, l'ha portata a fare una camminata, le ha permesso di fermarsi a mangiare una barretta energetica perché lei pareva piuttosto sconvolta e, arrivati in alto, le ha chiesto di sposarlo. Sarà stata l'aria rarefatta o forse il poco sonno, fatto sta che lei ha avuto una reazione strana. “Mi sono comportata in un modo che non mi sarei aspettata – ha raccontato Jenna – Ero molto calma. Mi ha chiesto: ‘Non sei emozionata?' e io ho fatto quella che ‘non lo so!'”. Hank all'inizio è rimasto un po' sorpreso, poi ha capito che la futura sposa era felice anche se non lo dava a vedere, si è ricordato che papà era d'accordo, e ha preso lo stordimento generale per un sì. Il giorno dopo Jenna e Henry erano ufficialmente fidanzati, a Ferragosto c'è stato l'annuncio alla stampa, le nuvole sul passato dei due sono state fugate, Laura e George W. hanno festeggiato e il presidente si è presto lamentato che nessuno gli diceva mai niente dei dettagli, gli arrivavano soltanto richieste di soldi (“Non ho niente da dire sulle nozze – ha spiegato il presidente in un'intervista a febbraio durante il tour africano – mi fanno soltanto spendere soldi”). “Devo affrontare decisioni di spesa molto difficili e devo condurre delicate operazioni di diplomazia – ha ammesso all'inizio di aprile Bush durante una visita alla Camera di commercio ispanica – E' quello che normalmente si definisce con: ‘preparativi per un matrimonio'”.
    Di certo Bush una cosa l'ha decisa: la sede del matrimonio. Passate al vaglio le possibili sedi a disposizione delle due famiglie, al ballottaggio sono arrivati: la Casa Bianca e il ranch in Texas. Ha vinto il secondo, perché, ha detto Jenna, “volevamo tanto stare all'aria aperta, per fare una cosa non troppo formale, la Casa Bianca è glamour, ma noi no, siamo molto meno glamour di un matrimonio alla Casa Bianca”. Ma è chiaro che è stato Bush a decidere, lui che del glamour se ne frega, gli piacciono le cose semplici, le idee chiare e le persone che fanno quel che dicono. Per di più la ribellione alla sede istituzionale è di casa, dai Bush. Anche il nonno delle gemelle, George, quando era presidente, aveva snobbato la Casa Bianca e organizzato le nozze della figlia Dorothy (al suo secondo matrimonio) a Camp David, il buen retiro di Franklin Delano Roosevelt assurto poi a luogo in cui si tenta di far fare la pace a palestinesi e israeliani. Nessuno prima di Bush senior aveva adibito Camp David a sito nuziale, perché vigeva la regola che recita: “Un matrimonio alla Casa Bianca è per sempre”. La regola è ancora in vigore, e infatti Elinor Lipman sul Boston Globe ha spiegato quanto ci sia rimasta male quando ha scoperto che Jenna andava al ranch, ed è arrivata a insinuare che pure Laura non deve essere molto contenta della scelta, l'ha sentito subito, la Lipman, “quella delusione materna” nella voce della first lady mentre annunciava le nozze a Crawford.
    L'ultimo matrimonio alla Casa Bianca è quello di Tricia Nixon con Ed Cox, nel 1971. Sono diventati leggenda il vestito creato da Priscilla Kidder e scortato fino a Washington da una squadra di agenti segreti (il vestito viaggiò in aereo con un posto in prima classe prenotato apposta), lo chignon à la Grace Kelly, la copertina di Life, la cerimonia a Rose Garden, nell'unico quarto d'ora di sole della giornata. Tricia era molto riservata, spesso non si presentava agli eventi presidenziali, la parte della socialite era riservata alla sorella Julie, la quale si era sposata nel dicembre 1968: il papà era già stato eletto ma non era ancora entrato alla Casa Bianca, quindi le nozze di Julie con il nipote di Eisenhower, Dwight David II, furono celebrate a Manhattan. Con Julie già accasata, nessuno si sarebbe aspettato qualcosa di glamour da Tricia.
    Quando invece si seppe che al suo matrimonio ci sarebbero stati quattrocento invitati, che la futura signora Cox aveva insistito per fare la cerimonia nel Rose Garden nonostante il tempo notoriamente ballerino dei giugni washingtoniani, che lo staff aveva dato alla stampa una torta nuziale in scala ridotta che il New York Times aveva dichiarato immangiabile (“poltiglia fuori, zuppa dentro”), fu chiaro che sarebbe stato uno sposalizio da sogno. Douglas Wead, storico dei matrimoni alla Casa Bianca e di molte altre amenità presidenziali, ha raccontato la linea diretta tra lo staff nuziale e il metereologo dell'Air Force per avere i bollettini aggiornati ogni minuto (l'ultimo è stato: “In ventitré minuti ci saranno quattordici minuti di pausa dalla pioggia”; dieci minuti dopo aver riagganciato il telefono, Nixon usciva in giardino tenendo sotto al braccio la figlia) e soprattutto della crisi di gelosia di Alice Roosevelt, la figlia maggiore del presidente Theodore Roosevelt, che ha assistito in diretta allo scippo del titolo di “sposa d'America”. Alice – che aveva fatto furore nei primi anni del Novecento perché fumava davanti a tutti, guidava auto veloci e ci provava con gli uomini in pubblico – si era sposata alla Casa Bianca nel febbraio del 1906 e il Washington Post aveva definito il matrimonio con Nicolas Longworth “un'unione benedetta, fatta con il cuore e con la testa, possibile soltanto in un paese come gli Stati Uniti d'America”. Più di sessant'anni dopo, invitata dai Nixon, la perfida vecchietta ormai ottantasettenne aveva passato tutto il tempo a lamentarsi della sedia bagnata che le aveva rovinato il vestito e a spiegare che lei aveva sempre preferito Julie a Tricia, che Tricia non la convinceva per niente, le pareva anzi patetica, e il matrimonio poi, che schifezza.
    Insomma, il paragone con cui Jenna oggi deve fare i conti è quello con Tricia Nixon. Ed è facile capire perché abbia deciso di sottrarsi a tutto questo, rifugiandosi nella campagna texana. Sul prossimo numero di Vogue ci saranno i dettagli del matrimonio bushiano, con tanto di disegni dei vestiti delle damigelle. Lo stilista di Jenna è Oscar de la Renta (che ha già firmato alcuni vestiti della first lady), l'abito sarà “semplice e casual”, ma ovviamente non si saprà nulla prima perché lo sposo, da vero uomo e da vero conservatore, vuole essere tenuto all'oscuro sul guardaroba nuziale. Le quattordici damigelle, capitanate dalla gemella Barbara, saranno vestite di verde, blu, giallo e lavanda da una stilista texana, Lela Rose. Gli invitati non saranno tanti, la cerimonia sarà al tramonto, l'esclusiva non è ancora stata concessa e finora sono pervenute soltanto lamentele per aver sottratto alla magia della Casa Bianca la decima figlia della storia accompagnata all'altare da un presidente.
    Ma Bush, il politico più impermeabile alle critiche che si sia visto in giro negli ultimi decenni, non ha voluto sentir ragioni: o Crawford o niente. Perché lui è un telespettatore attento e la serie tv “The West Wing” se la ricorda bene. Soprattutto quella puntata del settimo e ultimo anno di programmazione in cui una delle tre figlie del presidente Jed Bartlet (anche lui solo femmine in casa, femmine in età da marito, e visto che la finzione supera la realtà è una buona premonizione per Hillary Clinton e John McCain, non per le figlie di Barak Obama, a meno che non siano spose precoci) ha la malaugurata idea di maritarsi alla Casa Bianca. A parte gli incidenti diplomatici evitati per un soffio durante la scelta del vestito di Ellie, a Bartlet quel giorno succede di tutto. E' costretto a saltare le prove generali perché la Cina e la Russia si mettono in testa di invadere il Kazakistan, e né la figlia né soprattutto la moglie la prendono bene. Mentre Ellie s'agghinda per le nozze, in Asia sta quasi per scoppiare la guerra, il satrapo kazako fa uccidere duecento persone che protestano contro di lui, i carri armati di Mosca e Pechino stanno per invadere il Kazakistan, Bartlet entra ed esce dalla situation room. La sposa è lì che aspetta il padre per poter finalmente maritarsi e Bartlet è ancora al telefono a implorare l'ambasciatore cinese di evitare di muovere le truppe almeno per un'ora, il tempo di andare a prendere sotto braccio Ellie e dare una calmata alla first lady. Alla fine il cinese, magnanimo, accetta.
    Questa scena Bush la ricorda molto bene. Infatti ha scelto di far sposare sua figlia nel ranch, il più lontano possibile dalla Casa Bianca. Così, se lo chiamano per comunicargli che è scoppiata una guerra in qualche parte del mondo, lui per una volta può dire che non ha sentito il telefono, che era fuori, in giardino, con la sua famiglia, vicino al barbecue.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi