Ennesimo interrogatorio per un capo d'accusa finora segreto
Le sette vite di Ehud Olmert
Il premier israeliano Ehud Olmert è stato interrogato oggi nella sua casa di Gerusalemme per novanta minuti. La procedura d'urgenza e a sorpresa ordinata dal procuratore generale Menachem Mazuz è arrivata all'orecchio dei mass media giovedì sera e ha lasciato il paese stupito e senza dettagli. Circolano soltanto speculazioni riguardo il capo d'accusa, che resta secretato. Si parla di un nuovo dossier su presunte mazzette ricevute da un imprenditore americano residente in Israele oppure di un nuovo testimone con indizi freschi su uno dei tre casi che da tempo pendono sul premier in carica: quello della Banca Leumi, uno su una compravendita di un appartamento a Gerusalemme, il terzo di corruzione.
Il premier israeliano Ehud Olmert è stato interrogato oggi nella sua casa di Gerusalemme per novanta minuti. La procedura d'urgenza e a sorpresa ordinata dal procuratore generale Menachem Mazuz è arrivata all'orecchio dei mass media giovedì sera e ha lasciato il paese stupito e senza dettagli. Circolano soltanto speculazioni riguardo il capo d'accusa, che resta secretato. Si parla di un nuovo dossier su presunte mazzette ricevute da un imprenditore americano residente in Israele oppure di un nuovo testimone con indizi freschi su uno dei tre casi che da tempo pendono sul premier in carica: quello della Banca Leumi, uno su una compravendita di un appartamento a Gerusalemme, il terzo di corruzione. Olmert è sopravvissuto a una guerra, quella del 2006 con le milizie sciite libanesi di Hezbollah, non persa ma neppure vinta agli occhi di gran parte degli israeliani; è sopravvissuto al rapporto Winograd che lo accusa della cattiva gestione di quel conflitto; è sopravvissuto a tre inchieste contro di lui che periodicamente riaffiorano sui giornali. Il nuovo interrogatorio arriva proprio mentre le nubi sembravano dissiparsi e i venti calmarsi, mentre Israele si prepara a festeggiare il sessantesimo anniversario ospitando alcuni leader mondiali, fra i quali il presidente americano George W. Bush, mentre Condoleezza Rice va e viene da Washington per tenersi informata sull'esito dei colloqui fra funzionari palestinesi e israeliani e Olmert si spinge fino ad Amman per incontrare il re Abdallah. Succede tutto mentre si sta organizzando a Sharm el Sheikh un vertice tripartito con il presidente palestinese, il premier israeliano e Bush nel tentativo di riavviare negoziati. L'interrogatorio era ancora in corso quando sono arrivate le prime richieste di dimissioni da parte dell'opposizione e di politici laburisti membri della coalizione di governo. I commentatori israeliani hanno già scritto che si potrebbe trattare del “colpo fatale”, quello politicamente decisivo per il sopravvissuto Olmert. Ma ricordano anche le sue sette vite. Così il commentatore Attila Somfalvi lo definisce su Yedioth Ahronoth un “artista politico”. Soltanto poche settimane fa, uno dei più grandi giornalisti del paese, in occasione della tradizionale intervista che il premier concede ai mass media nazionali per la Pasqua ebraica, si stupiva notando che l'anno prima era seduto davanti allo stesso premier pensando che mai più lo avrebbe visto su quella poltrona. Passato il terremoto del rapporto Winograd, superate le accuse di corruzione e le costanti minacce dei partiti del governo, Olmert resiste in sella. Il fatto di essere il leader dell'unico partito di centro, nel mezzo tra due opposizioni che mai si incontreranno, il Likud e la sinistra, lo rende relativamente stabile davanti ai colpi dei suoi rivali. La sua abilità a tessere alleanze politiche inaspettate l'ha tenuto sulla scena più volte. La capacità di presentare all'opinione pubblica nuove possibili aperture (come succede in queste settimane con le voci di negoziati con la Siria) allenta le tensioni al momento opportuno. C'è chi sente odore di elezioni ma non va scordata – scrive Yedioth Ahronoth – la grande abilità di Olmert a far fronte a potenti colpi e scandali: “Sinora ha sempre reagito ed è sopravvissuto”.
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