La favola dei playoff
La rinascita di New Orleans vola con gli Hornets
L'Nba si congratula con se stessa perché anche quest'anno ha una bella favola da mettere in scena, mentre cresce la febbre intercontinentale dei playoff, e ciò non fa che giovare alla popolarità della lega del basket pro americano e preparare il palcoscenico per rappresentazioni che promettono d'essere memorabili. Ambientazione della fiaba: New Orleans.
L'Nba si congratula con se stessa perché anche quest'anno ha una bella favola da mettere in scena, mentre cresce la febbre intercontinentale dei playoff, e ciò non fa che giovare alla popolarità della lega del basket pro americano e preparare il palcoscenico per rappresentazioni che promettono d'essere memorabili. Ambientazione della fiaba: New Orleans. Non che la città della Lousiana e della lussuria abbia mai brillato per allori sportivi. Ma per uno scherzo del destino, dopo aver conosciuto i giorni più bui della sua storia in coincidenza con Katrina e con la distruzione di buona parte della città e della sua allegria contagiosa, New Orleans sta vedendo transitare parte della sua ricostruzione psichica proprio attraverso la più inattesa collana di successi agonistici che ci si sarebbe potuti attendere. A cominciare a brillare di luce pura sono stati i Saints, locale franchigia di football professionistico, protagonista di una grande stagione. Ma neanche i più audaci tra gli addetti ai lavori presupponevano che l'improbabile squadretta di basket approdata a New Orleans dopo peregrinazioni per l'America che l'avevano fatta risiedere (con poco successo) a Charlotte e a Oklahoma City, nel corso della regular season e poi, con un botto formidabile all'avvento dei playoff, si sarebbe trasformata nella più eccitante e promettente delle sorprese di stagione. I New Orleans Hornets all'inizio stagione erano una squadra senza stelle, con qualche promessa, pochissime ambizioni e un coach rispettato come Byron Scott, protagonista con Worthy, Magic, Jabbar e Cooper del quintetto dei LA Lakers che illuminarono il basket anni Ottanta col loro showtime e con la loro rivalità con gli aristocratici e un po' puzzoni Celtics. In sostanza: un bravo allenatore, dei veterani così così, dei giovani esplosivi e imprevedibili e una città che faticosamente sta trovando il coraggio non dico di risorgere, ma di risvegliarsi. Vi pare lo scenario di un capolavoro? No? Ebbene è successo lo stesso. I New Orleans Hornets hanno dominato e vinto la Western Conference prendendo a sberle corazzate come Lakers, Spurs e Suns e sono approdati ai playoff con la stessa effervescente spavalderia che ebbe, chessò, il Chievo nel nostro calcio, col suo miracolo alchemico. Certo qui le stelle c'erano, si trattava solo di scoprirle. Oggi Chris Paul è considerato il playmaker più forte, intelligente, divertente e inventivo che giochi nell'Nba. Imprime tale dinamismo e tale pericolosità alla squadra quando è in cabina di regia, che gli avversari restano puntualmente perplessi, frenati, confusi. Altrettanto il novizio Chandler è considerato il centro più esplosivo della Lega, capace di gettare ombra sui fenomeni di stagione nel suo ruolo, come i californiani Bynum e Gasol. Nessuno ha i suoi muscoli, la sua audacia e il suo spirito di squadra. Se a completare il quintetto ci mettete un tiratore mortifero come Stojakovic, un'ala come West, tardivamente rivelatosi uno dei più efficaci realizzatori della Lega e un'intimidatore come Peterson, si compone il quadro d'una squadra che può permettersi il lusso di non temere nulla perché ha poco da difendere e niente da perdere. Con un perentorio 4-1 New Orleans nel primo turno dei playoff ha fatto un boccone di una squadra balzana ma talentuosissima come Dallas, arrivata a un sospiro dal titolo due anni fa, zeppa di campioni - Novitzsky, Jason Kidd e Stackhouse - ma divisa dalle rivalità e dalle eccentricità di un allenatore pazzo e visionario come Avery Johnson. Al secondo turno, il nostro Chievo della Lousiana, per il quale fa ormai il tifo tutta l'America rimasta fuori dai playoff, se le vede proprio con la Juventus dell'Nba, la squadra che ottiene sempre il massimo risultato possibile, non guarda in faccia nessuno e ha appena sbocconcellato senza pietà le ambizioni dei Suns di Shaquille O'Neill. Si parla dei campioni in carica di San Antonio, pronti ad applicare la consueta tolleranza zero anche al surplus d'entusiasmo e vigore degli Hornets. E' il quarto di finale più spettacolare dei playoff, mentre altrove le corazzate di sempre, come Detroit e Boston, cominciano a prendere posizione per la volata. Se New Orleans dovesse gettare il cuore oltre l'ostacolo, spiazzando i professori dell'esperienza guidati da Duncan, Parker e Ginobili, l'America avrebbe conferma che Barack Obama ha visto davvero lungo dicendo che si può. Che ci possiamo sperare tutti, se perfino la squadra della città che si è pensato di cancellare adesso gioca un basket da angeli supersonici, quelli che cabrano a 10 mila metri d'altezza.
Il Foglio sportivo - in corpore sano