Così Boris ha perso tutte le occasioni tranne la più importante (seconda parte)

Scroppo & Newbury

Nel ‘97 è editorialista dell'anno e nel '99 diventa direttore dello Spectator. Non a tutti va giù. Il suo amico e biografo semi ufficiale Andrew Gimson parla di “vaso Ming in mano a un gorilla”. Eppure la redazione dello Spectator è il luogo più libero e aperto dove tutto è in discussione e nulla è imposto.

    Nel ‘97 è editorialista dell'anno e nel '99 diventa direttore dello Spectator. Non a tutti va giù. Il suo amico e biografo semi ufficiale Andrew Gimson parla di “vaso Ming in mano a un gorilla”. Eppure la redazione dello Spectator è il luogo più libero e aperto dove tutto è in discussione e nulla è imposto. La sua segretaria personale e mano destra, Ann Sindall, è un'ardente socialista dello Yorkshire pronta a buttarsi nel fuoco e a mordere gli intrusi per lui e ad aiutarlo in situazioni bizzarre e perfino drammatiche. Come quando non riesce a trovare le auto da corsa che spesso riceve in prova per conto della rivista Top Gear (“La mia auto? Potrebbe essere rossa o viola o forse è quella azzurra”) che guida a duecento chilometri orari. O peggio, quando per la fretta non avendo letto le istruzioni si trova chiuso dentro uno di questi bolidi senza aver la minima idea di che cosa si debba fare per uscirne. Per non parlare di altre evasioni e scappatelle.
    Nel 2001 diventa parlamentare per il solido seggio conservatore di Henley ma non dà le dimissioni dai vari impegni giornalistici. Sempre in ritardo, poco affidabile, con un'enorme collezione di multe per parcheggi proibiti – nonostante a Londra dal '99 usi la bicicletta su cui sfreccia senza mai fermarsi al rosso – con cellulare squillante nei momenti più sbagliati, perfino quando è in diretta televisiva non gode di grande fama presso i colleghi. Telefona da Baghdad, dove non aveva permesso di andare, annunciando che non sarà in Aula per il voto. Si rivela troppo ingombrante, diverso nonostante le pretese, insomma divertente, affascinante, ma non veramente inglese. Non a caso è il protetto di un altro personaggio discusso e discutibile, di recente nell'occhio del ciclone e al momento in prigione, il magnate canadese Conrad Black. Che lo coccola e gli lascia lo Spectator, di cui in pochi anni aveva aumentato le vendite da tredici mila copie a settimana a settanta mila. Presto si sussurra di una storia con un'altra eccentrica outsider, la sofisticata figlia del maverick Lord Wyatt, e di una nobile ungherese, Petronella. Anche lei innamoratissima, si illude che Boris lascerà la moglie ma lui non ci pensa sia perché lei è il miglior avvocato divorzista di Londra, sia perché non vuole che i figli soffrano quel che ha patito lui da ragazzo. A Boris piace far tante cose anche in contrasto, come giornalista e parlamentare e in realtà sarebbe felice in un regime di poligamia. Di certo vorrebbe molti altri figli. Il suo ideale era e resta il quasi harem occidentale del suo amico e protettore, Sir James Goldsmith ora defunto, fondatore del Referendum Party antieuropeo e padre di 8 figli da mogli e amanti “ufficiali” e di un numero imprecisato da altre relazioni meno stabili e durature.
    La recita nata come sketch per la festa dello Spectator finita in scena con gran successo a Londra dice molto sull'ambiente del giornale e soprattutto su di lui e la sua magnanimità. La storia è molto più simile alla realtà di quando si possa credere e inizia con l'allora leader conservatore, Michael Howard, che compare all'improvviso in redazione per annunciare a Johnson che potrebbe divenire il suo successore – e quindi prossimo premier – a patto che smettano del tutto le voci che corrono sulle sue relazioni extraconiugali e sulla vita libertina del “Sexator”. Panico generale, Boris in mutande (costume in cui lo si vedrà per quasi tutta la recita) nasconde bottiglie e coppe di champagne e cerca di ricomporre il suo studio e la sua persona. Sulla scrivania campeggia un busto di Churchill che è anche un'urna contenente preservativi e l'imponente ritratto di Margaret Thatcher troneggiante a lato nasconde una leva da cui a comando cala un letto matrimoniale. La vicenda si svolge sulla falsariga dell'amore dell'ex ministro degli Interni laburista Blunkett (il titolo Who's the daddy? si riferisce alla sua battaglia per il riconoscimento dei figli di Kimberly che era ed è sposata a un miliardario irlandese) per la direttrice amministrativa della rivista, Kimberly Quinn, che al primo incontro gli chiede con voce lasciva: “Mi sono sempre domandata come sia far l'amore con un cieco”, sull'onda delle varie storie e storielle di Boris con Petronella e qualsiasi gonnella in vista. E di Rod Liddle per una ricezionista bionda, all'apparenza priva di cervello ma in realtà intelligente spia del Guardian in cerca di prove sensazionali contro quel covo di immorali e perversi conservatori.
    Oltre ai nomi originari, ogni dettaglio era assolutamente perfetto anche scenograficamente, perché i due autori che hanno scritto quasi per gioco il copione durante le vacanze di Natale del 2004 sono due critici letterari dello Spectator, Toby Young e Lloyd Evans. Quello che è straordinario è che il solo commento di Boris Johnson sia stato “No, non andrò a vederla, ho troppo da fare”, ma nessuno ha rischiato il posto.
    La storia vera è questa: Boris nell'estate del 2004 è il più forte candidato sia alla carica di leader conservatore (fu per breve tempo anche vicepresidente del partito) e quindi potenziale premier sia a quella di direttore del Daily Telegraph. Poi esplose il Petronellagate. Boris definì le insinuazioni come “piramide rovesciata di sciocchezze” e fu degradato da Howard non per la storia in sé – durata comunque quattro anni – ma per aver mentito negandola. La moglie lo chiuse fuori casa davanti ai reporter e lui fu fotografato mentre usciva da quella di un amico indossando gli stessi abiti giorno dopo giorno. Perdonato da lei e nominato ministro ombra per l'Università da Cameron non è stato punito per aver intrecciato una nuova relazione con un'altra giornalista perché per il “nuovo partito conservatore” di Cameron il privato deve restare tale. Quando il suo amico Andrew Gimson decise di scrivere la sua biografia prima che qualcun altro ci pensasse, Boris all'inizio ne fu entusiasta, poi sempre meno. A più riprese ha cercato di comprarlo alzando la posta fino ad offrirgli centomila sterline perché desistesse. L'ha poi letta e si è lamentato dell'inaccuratezza senza spiegare dove. Però ha aiutato l'amico a promuoverlo, vendicandosi poi con dediche come quella al figlioccio del giornalista: “E' tutto falso; ignora tutto. Auguri. Boris Johnson PS: son tutte palle.”
    Sarebbe però far torto a una persona di ingegno acuto e buone capacità non solo giornalistiche il non nominare la sua produzione in fatto di libri che vanno da quelli autobiografici e più o meno leggeri a quelli politici più seri a quelli storici come the Dream of Rome (il sogno di Roma) che spiega come Roma antica riuscì a realizzare quello che l'Europa di oggi non riesce: un'unità culturale e spirituale oltre che politico-economica. Libro che è in realtà il risultato di una serie televisiva molto seguita e apprezzata e con forti radici nella sua formazione classica di cui fa ampio uso anche nei suoi scritti più divulgativi, oltre che nella rubrica settimanale sul Daily Telegraph. Ha molti ammiratori, vari blog di fan in tutto il raggio politico e quando comparve il distintivo “Vote Boris” il satirico Private Eye aggiunse: “La persona capace di dirigere questo paese verso il XVII secolo”. Poco dopo l'uscita di Borat, circolò la pubblicità per “Boras”: Cultural Learning of America for Make Benefit Glorious Party of Conservatism. Poco tempo fa come scusa per il forte ritardo con cui produceva del lavoro arretrato spiegò che “forze oscure mi hanno trascinato lontano dalla tastiera, vorticose forze di irresistibile intensità e potere”. (fine)