L'analisi di Lodovico Festa
Scenario Politico
E' evidente come la situazione sia condizionata da un elemento principale: la straordinaria forza acquisita da Silvio Berlusconi con le elezioni del 13 e 14 aprile. Alla vittoria nel nord, che c'era anche nel 2006, è seguita non solo quella in tutto il sud ma anche la conquista di Roma, mancata nelle altre occasioni (1994 e 2001). Prima delle elezioni indicavo altri fattori di una probabile nuova forza di Berlusconi (la scomparsa politica di Pier Ferdinando Casini, la crisi della Cgil, la voglia di tregua dei magistrati, i nuovi assetti nell'establishment): fattori che oggi si manifestano con la massima nettezza.
E' evidente come la situazione sia condizionata da un elemento principale: la straordinaria forza acquisita da Silvio Berlusconi con le elezioni del 13 e 14 aprile. Alla vittoria nel nord, che c'era anche nel 2006, è seguita non solo quella in tutto il sud ma anche la conquista di Roma, mancata nelle altre occasioni (1994 e 2001). Prima delle elezioni indicavo altri fattori di una probabile nuova forza di Berlusconi (la scomparsa politica di Pier Ferdinando Casini, la crisi della Cgil, la voglia di tregua dei magistrati, i nuovi assetti nell'establishment): fattori che oggi si manifestano con la massima nettezza. Certo, rischi ve ne sono ancora. Il tentativo di settori dell'estrema sinistra di vendicarsi per la scomparsa dal Parlamento cavalcando ora in modo scomposto i tragici fatti di Verona, ora antisemiticamente il salone del libro di Torino, sono indice di un'intolleranza pericolosa. Ma l'esperienza, innanzi tutto della tragica gestione del G8, dovrebbe aiutare a non cadere nelle stesse trappole.
E' bene però anticipare gli scenari più generali, in modo da governarli ordinatamente e senza sorprese. E in questo senso alcune analisi del Foglio, le osservazioni sul ruolo e le prospettive intrecciate sia del Pd sia dell'asse Tremonti-Lega, sono utili per capire come si evolverà il quadro politico nazionale. E' chiaro come nella situazione attuale il principale fattore di movimento sia la Lega. I comportamenti di questo partito cambieranno molto a seconda della capacità realizzativa del governo: se Berlusconi riuscirà a pilotare il federalismo fiscale “possibile” dando vera base strutturale al potere territoriale, la Lega si evolverà di conseguenza. Immaginando uno sviluppo (improbabilmente) armonico della società italiana, ci si può figurare in un'Italia federalista una Lega che diventa assieme al Popolo della libertà del nord, una sorta di Csu. Un partito in cui peserebbero oltre ai Bossi, e naturalmente al giro berlusconiano, i Formigoni, le Moratti e così via (compresi i La Russa e gli ex missini che siano riusciti a modernizzarsi). Se invece il governo Berlusconi dovesse fallire, allora la prospettiva secessionista – dolce quanto si vuole, slovacca quanto si potrà – questa volta assumerà una ben altra forza, come ha raccontato recentemente Riccardo Illy e come può spiegare chiunque usi frequentare cittadini lombardi e veneti, sempre più anche di sinistra e sempre più pessimisti sull'unità nazionale.
Se non vi saranno soluzioni rose & fiori o soluzioni crisantemo, e si determinerà un'ordinaria insoddisfazione dei leghisti per le naturali difficoltà del centrodestra, la terza opzione della Lega sarà quella di cercare una certa autonomizzazione che nelle condizioni della politica italiana, significherà manovrare anche con la sinistra cioè con il Pd.
D'altra parte se si guarda alle forze regionali “europee”, se non sono federate come la Csu, se sono indipendenti come i nazionalisti scozzesi o gli autonomisti catalani, è nella loro natura allearsi ora qui ora lì. Gli scozzesi naturalmente di sinistra non disdegnano manovre d'intesa con i Tory. I catalani moderati, trovano intese anche con i socialisti al governo.
Il Pd di W. e le oscillazioni della Lega
Comunque come evolverà la situazione dipende da diversi fattori: e certamente anche dalle scelte del Pd. Se Walter Veltroni, sulle cui qualità peraltro nutro tanti dubbi, riuscirà a unire il partito e a impegnarlo in una seria riforma di fondo con ampie caratteristiche bipartisan delle istituzioni e della società italiana, in questo caso le oscillazioni della Lega saranno di fatto limitate. Se invece non ce la farà, allora anche se Massimo D'Alema non sarà in grado – come mi sembra probabile – di imporre una sua alternativa (mi pare che sia arrivato alla fase della grande chiacchiera, quella dei politici vanesi privati dal palcoscenico), si determinerà una fase di generale disgregazione che in presenza di difficoltà governative troverà un punto di alimentazione anche in Umberto Bossi. In questo senso Veltroni farebbe bene ad ascoltare Sergio Chiamparino e Sergio Cofferati, sull'esigenza di costruire un “partito del nord” che avrebbe due obiettivi: governare la ristrutturazione della Cgil – decisiva anche per costruire un nuovo partito di sinistra e che potrebbe essere finalmente pensata pure nell'ottica di una democratica e autonomistica unità sindacale – e frenare i dalemiani che oggi nel settentrione d'Italia non contano molto, annacquando il peso dell'Emilia (rilevante nel Pd e dove invece l'ex ministro degli Esteri ha molte carte da giocare).
Accanto a questi processi politici, si pone poi la questione del cosiddetto Popolo della libertà. Del suo diventare o meno una vera forza politica. Tutti gli scettici prevedono che Berlusconi trattando passo per passo con uno stanco Gianfranco Fini, tenderà a costruire una forza centralistica (appena appena feudalizzata tra ex forzisti ed ex aennini) sullo stile di quello che sono oggi Forza Italia e An. Così a occhio, anche per le stesse esigenze del governo e dei rapporti con Lega e Pd, Berlusconi dovrebbe invece puntare a promuovere una reale formazione politica, con organismi dirigenti eletti, con primarie e così via. Oggi il leader del centrodestra è così forte che può rinunciare al controllo meticoloso di tutto quello che avviene nel suo partito e contribuire così a dar vita a qualcosa radicato nella società. Questa sarebbe l'unica forza in grado veramente di sorreggerlo nei momenti difficili. Di realizzare un'azione politica continuata e non solo intermittente tra una elezione e l'altra. Per cambiare davvero l'Italia e passare alla storia.
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