Sessontotto
L'altro Sessantotto non fu soltanto Brigitte Bardot a Saint Tropez, l'altro Sessantotto fu una cosa seria, assoluta, lancinante, non sempre a lieto fine: Lidia Ravera l'ha scritto, con grande sincerità, in un libretto rosso appena uscito per le edizioni Nottetempo, “La risata del ‘68”, dove altri protagonisti di allora (Nanni Balestrini, Ginevra Bompiani, Luciana Castellina, Giovanna Pajetta, Alain Touraine, Luisa Muraro, Luigi Serafini) la prendono invece alla leggera, ricordando barricate, fumogeni, scioperi, Parigi, lotta di classe, ce n'est qu'un début, mondi da cambiare, Vietnam, le solite cose. Lidia Ravera va oltre e racconta la sua verità.
L'altro Sessantotto non fu soltanto Brigitte Bardot a Saint Tropez, l'altro Sessantotto fu una cosa seria, assoluta, lancinante, non sempre a lieto fine: Lidia Ravera l'ha scritto, con grande sincerità, in un libretto rosso appena uscito per le edizioni Nottetempo, “La risata del ‘68”, dove altri protagonisti di allora (Nanni Balestrini, Ginevra Bompiani, Luciana Castellina, Giovanna Pajetta, Alain Touraine, Luisa Muraro, Luigi Serafini) la prendono invece alla leggera, ricordando barricate, fumogeni, scioperi, Parigi, lotta di classe, ce n'est qu'un début, mondi da cambiare, Vietnam, le solite cose. Lidia Ravera va oltre e racconta la sua verità: il Sessantotto fu il lungo, disperato e infine fallito tentativo di farsi rimorchiare da Guido Viale (contestatore biondo, dirigente di Lotta continua, ora appassionato di catastrofi ecologiche). “Dov'è finito Guido Viale? Avete visto Guido Viale?” E' il Sessantotto in centro a Torino, un happening di solidarietà coi compagni arrestati, tutti che camminano a quattro zampe per protesta e anche Lidia, solo che Lidia cerca Guido. “Guido Viale è unico. Ha un viso spigoloso eppure regolare, ha occhi chiari che gli occhiali esaltano come cornici al servizio di un capolavoro, ha capelli biondo castani spettinati, né lunghi né corti, scolpiti in un taglio asimmetrico eppure perfetto per lui”. Guido Viale è il Sessantotto, è la primavera di Praga, è il brivido della libertà, è l'impegno, la ribellione, Guido Viale è tutto. “Lei ne è così innamorata che la notizia del suo arresto l'ha messa in uno stato di estrema eccitazione sessuale”. Lidia Ravera mette a bollire le camicette nel té per scolorirle, si accorcia le gonne con lo scotch, si lava ossessivamente i capelli e cammina sotto i portici a quattro zampe per Guido Viale, perché lui la guardi, perché la ami almeno un po'. “Avrebbe voluto tanto essere arrestata. Picchiata. Avrebbe voluto offrirgli una sua quota di martirio, essere così assunta con lui al cielo degli eroi della rivoluzione”. Ma niente, lui non la notò mai. Molti decenni dopo le telefonò (lei era per sempre la Ravera, lui non faceva più le barricate), per chiederle di presentare un suo libro. “Pur essendo in prossimità dei cinquant'anni, registrai un tuffo al cuore di pura marca Muccino/Moccia, sintomi da adolescenza sciocchina, soltanto nel sentire la sua voce. Vederlo, poi, fu un supplizio”. Guido Viale era identico ad allora: “Bello, magro, casuale, armonioso e un tantino presuntuoso” e lei dice che anche se quel suo libro fosse stato una cazzata (ma naturalmente non lo era, era bellissimo), avrebbe mentito. Per amore. Per ricordo dell'altro Sessantotto, quello vero.
P. S. Nel libretto Guido Viale viene a lungo intervistato sul Sessantotto, e non parla mai mai mai di Lidia Ravera, nemmeno un grazie. Non ricambiò l'amore ieri, va bene, ma almeno un ammicco oggi era dovuto. Ha ragione, in questo mini saggio, Luisa Muraro: “A distanza di tanti anni aggiungo, parlando alla buona, che gli uomini, per lo più, non furono all'altezza, le donne invece, sì”.
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