Girotondo d'opinioni - Quant'è bella sicurezza…/2
Cerca(va)si sinistra nazionale in grado di difendere le fasce deboli e un'identità mortificata
Due giorni fa una pendolare amica di Giulio Meotti stava passeggiando accanto a una fermata dell'autobus, sul piazzale antistante alla stazione Termini. E' stata avvicinata da un romeno che le ha puntato il coltello alla gola: “Dammi il portafoglio”.
Due giorni fa una pendolare amica di Giulio Meotti stava passeggiando accanto a una fermata dell'autobus, sul piazzale antistante alla stazione Termini. E' stata avvicinata da un romeno che le ha puntato il coltello alla gola: “Dammi il portafoglio”. Sono spuntati tre poliziotti, l'hanno immobilizzato, uno di loro è finito in ospedale con una ferita per arma da taglio al braccio. Venti punti di sutura. Ma tutto bene quel che finisce bene. Il braccio di un poliziotto non è la gola di una ragazza. Non abbiamo letto di questo episodio sui giornali e anche se l'avessimo letto – bisogna convenire – non farebbe statistica.
Nelle stesse ore una parte dei corsivisti alloggiati nel centro storico di Roma o in altri luoghi dorati si stava esercitando nel collegamento tra gli assalti camorristici ai campi rom del napoletano e l'azione spettacolare di controllo e sgomberi avviata dal Viminale in collaborazione con Bucarest. Per lo più sottotraccia – lealmente esplicito quasi solo l'articolo di Gad Lerner su Repubblica – è stato scritto che il nuovo governo sta assecondando la peggiore pulsione emotiva del momento: il disagio del popolaccio che diventa meccanica xenofoba, la violenza razzista in cerca di legittimazioni dall'alto; quasi un istinto residuale e novecentesco all'identificazione di un etnos estraneo da colpire alla cieca. Qualche ragione forse c'è, nel porsi il seguente interrogativo e nel farlo sopra tutto da sinistra: siamo sicuri che l'attuale destra di governo, molto più leghista e finiana che moderata, sia il soggetto più adeguato per inaugurare una stagione d'ordine pubblico inesorabile sopravvenuta in un clima di emergenza? Se l'emergenza c'è, la destra parte inevitabilmente avvantaggiata e, a quanto pare, su questa ha vinto le elezioni romane e quelle nazionali. Allora bisogna domandarsi perché la sinistra non si è dedicata per tempo alla questione, invece di sciogliere ora canti funebri sulle macerie dei diritti dell'uomo. Non basta piagnucolare oggi contro i roghi come non bastano un Cofferati o un Penati improvvisati sceriffi a togliersi dal fianco i morsi della cattiva coscienza. La coscienza di una sinistra che ha cancellato da tempo immemore l'aggettivo “nazionale” dai propri stendardi ideologici. Ora, se c'è un tema sul quale una sinistra italiana avrebbe il dovere di essere decisa e attrezzata è proprio questo: la protezione delle fasce sociali mediobasse obbligate all'attrito (ambientale, culturale, economico) con le popolazioni immigrate meno disposte all'integrazione e al rispetto delle leggi. Tipo i rom, ma non soltanto. E' in questi contesti, non nelle vinerie di Campo de' Fiori, che l'insofferenza mal rappresentata sta diventando un reclamo punitivo nei confronti dell'allogeno e diventerà prima o poi tentazione di autogiustizia. Due anni fa furono – sempre a Roma – i ragazzi di un muretto del Trullo a devastare un bar di delinquenti romeni prima che la prefettura lo sigillasse senza spargimento di sangue e cocci. Chi erano gli aggressori del Trullo? Precari che nella capitale votavano a sinistra e ora votano Alemanno e operai che al nord tifano Borghezio, sperando che l'allontanamento della mano d'opera straniera a costo minimo (e sleale) comporti una risalita decente dei salari.
Siamo sempre al solito punto. Se la destra impugna il manganello è sempre bene tenerla sott'occhio e sotto esame. Non si sa mai. Ma se la destra impugna il manganello è anche perché la sinistra abbacinata da un umanitarismo paleocristiano ha perduto la propria coscienza nazionale e non sa più nemmeno balbettare qualche riserva credibile sulle politiche per l'immigrazione preferite dal capitalismo finanziario. A forza di rotture col passato, a forza di dimenticare quel che si è stati, si finisce per non poter essere più nulla. E quando non si è più nulla viene spontanea la paura verso chi è rimasto se stesso e lo fa notare con protervia. Come il romeno che ha puntato il coltello sulla gola dell'amica di Giulio Meotti. Il nostro problema non è soltanto lui, siamo noi.
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