Mariarosa Mancuso in diretta dalla croisette

Appunti dal festival di Cannes, tra Maradona e pellicole troppo lente

Mariarosa Mancuso

Altre quattro recensioni in anteprima per il Foglio on line dall'inviata in Francia Mariarosa Mancuso: oggi "The exchange", film troppo lungo di Clint Eastwood, "Two lovers" di James Gray, con Gwyneth Paltrow, il deludente "Delta" di Kornél Mundruczó e "Maradona" visto da Kusturica.

    THE EXCHANGE di Clint Eastwood, con Angelina Jolie, Clint Eastwood (concorso)
    L'ultimo film del venerato maestro Eastwood – uno che ha saltato la fase “giovane promessa” per essere subito, e rimanerci a lungo, “quel fascista dell'ispettore Callaghan” – è una favola del figlio cambiato. Troppo lungo per quel che ha da raccontare, divaga su un paio di denunce di sicuro effetto sullo spettatore che al cinema si addolora per le ingiustizie (e un attimo prima ti ha infilato senza parere un gomito dentro il costato per superarti nella fila): la corruzione della polizia e il manicomio. A giudicare da quel che il predicatore John Malkovich racconta ai microfoni della radio, il problema della sicurezza a Los Angeles, nel 1928, era tale e quale all'Italia di oggi. Angelina Jolie va al suo lavoro da sorvegliante telefonista – abiti charleston elegantissimi, su pattini a rotelle da ufficio – e quando torna a casa il figlio non si trova. Qualche mese dopo, la polizia trova e riconsegna il bambino: ma il nuovo è più basso, poco somigliante, con denti diversi e circonciso. Quando lo dice, la prendono per pazza. Il resto somiglia molto a “Ragazze interrotte”.

    TWO LOVERS di James Gray, con Joaquin Phoenix, Gwyneth Paltrow (concorso)
    Isabella Rossellini ha la parte di una yiddische mame: smette di pensare al cibo da mettere in tavola solo per spiare il rampollo, origliare alla porta della sua camera, cercare di procuragli qualche appuntamento perché trovi una brava ragazza ebrea. Ne avrebbe una sottomano, utile anche dal punto di vista degli affari – entrambe le famiglie gestiscono una tintoria a Brighton Beach. Non sa che il figliolo Joaquin Phoenix, con tre abiti puliti da consegnare a domicilio, ha deciso di suicidarsi buttandosi dal primo pontile che trova. E' la prima scena del quarto film di James Gray (di “Little Odessa” e “The Yards”): bel dramma da camera girato, cosa finora mai successa, a ridosso dell'imperdibile “I padroni della notte”. Dopo l'appuntamento con la bruna, il giovanotto (impedito e depresso per una precedente delusione amorosa) resta folgorato dalla bionda – e molto stronza – Gwyneth Paltrow. Una delle due avrà l'anello.

    DELTA di Kornél Mundruczó, con Orsi Tóth, Felix Lajkó (concorso)
    Prima ti illudono e poi di ti deludono. Tre anni fa l'ungherese aveva portato a Cannes il suo “Johanna”. Era una variazione su Giovanna d'Arco: attualizzata, ospedalizzata, gorgheggiata dal primo all'ultimo fotogramma. Una ragazza drogata, in coma dopo un incidente, guariva i pazienti giacendo nei loro letti, tra flebo e padelle. Non l'avremmo consigliato a chiunque, ma con un po' di passione per l'opera – musiche e libretto erano fantastici – teneva incollati allo schermo. “Delta” mette voglia di fuggire. Da quando il protagonista torna al paesello – alle foci del Danubio, Romania - e tutto procede al rallentatore (curiosità di sapere come si costruisce una passerella attraverso la laguna? noi ora lo sappiamo, e potremmo rifarla in meno tempo). Fabbricata la casetta, il giovanotto si innamora della sorellastra. Ma la passione più insana è quella che il regista coltiva per il buon selvaggio di Jean-Jacques Rousseau.

    MARADONA BY KUSTURICA di Emir Kusturica, con Diego Maradona (fuori concorso)
    Questione di stile. James Toback davanti a Mike Tyson si fa da parte, lasciando la scena al pugile. Emir Kusturica ruba la prima inquadratura, sale sul palco con la band e si fa presentare come il “Maradona del cinema”. Poi vediamo il vero Maradona in tutti i suoi stati. Con addosso una maglietta dove il nome di Bush è scritto con la svastica. Mentre mostra al serbo (ancora furente per i bombardamenti di Belgrado) un tatuaggio con Che Guevara e uno con Fidel, inneggiando a Castro che non ha rubato mai. Mentre racconta che mai stringerà la mano al principe Carlo, sporca di sangue. Rievocando gli anni napoletani, spiega che Matarrese è mafioso. Kusturica annuisce convinto su ogni luogo comune terzomondista o antijuventino. Negli intervalli, riti, ostie e rosari della chiesa di Maradona.

    Leggi le altre recensioni di Mariarosa Mancuso a Cannes:

    Appunti da Cannes / parte 1

    Appunti da Cannes / parte 2

    Appunti da Cannes / parte 3