Il ritratto ombra di Beppe Fioroni, al coordinamento organizzativo del Pd

Alessandro Giuli

Beppe Fioroni starebbe all'organizzazione del Partito democratico come un bradipo in discoteca, o accosciato fra centometristi. Simpatico lo è, non svelto però. Viterbese di larga stazza, la sorte lo ha fatto medico e democristiano, la giovinezza lo aveva condotto negli scout, la fortuna lo ha eletto prima sindaco della sua città, poi deputato nel partito popolare (1999).

    Beppe Fioroni starebbe all'organizzazione del Partito democratico come un bradipo in discoteca, o accosciato fra centometristi. Simpatico lo è, non svelto però. Viterbese di larga stazza, la sorte lo ha fatto medico e democristiano, la giovinezza lo aveva condotto negli scout, la fortuna lo ha eletto prima sindaco della sua città, poi deputato nel partito popolare (1999). Ma un fato beffardo lo ha canzonato proprio sul più bello, nel 2006, quando Romano Prodi ha strappato l'ultimo giro di giostra a Palazzo Chigi e lui è arrivato all'appuntamento con un destino apparentemente perfetto, ma tragicamente frainteso. Fioroni aveva studiato tutta la vita da ministro della Sanità, ma il professore bolognese alla fine lo ha retrocesso all'Istruzione. Vale a dire nel regno dei bulli all'ultimo banco, dei telefonini scatenati e dei bidelli sindacalizzati. Impreparato, Fioroni ha fatto del suo meglio per non deludere Rutelli e Marini; ha fatto la fine del secchione con otto in pagella e le guanciotte pingui illividite da una baby gang. Al confronto, l'organizzazione del Pd gli sembrerà una gita scolastica.

     

     

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