Il ministro ombra alle comunicazioni Giovanna Melandri
Quando Massimo D'Alema la nominò ministro per i Beni Culturali, nel 1998, Giovanna Melandri era in allattamento. Fece la rivoluzione della nursery al governo e si innamorarono tutti di lei, giovane, bionda e newyorchese. Momento più alto della carriera politica: 1996, in tivù da Lucia Annunziata, quando a tre giorni dal voto incastrò Gianfranco Fini con una domanda sul prezzo dei farmaci (lui non sapeva nulla e fece una figuraccia, lei fu il simbolo della vittoria dell'Ulivo). Altri momenti meravigliosi: il bacio con Nicola Piovani sul Tevere, il ballo scatenato in caftano bianco a Malindi da Flavio Briatore (dopo aver dichiarato al mondo che lei Briatore non lo conosce, perché fa solo turismo equo solidale e va in Kenya per aiutare la povera gente), le Birkenstock ai piedi per la vittoria dei Mondiali di calcio (in qualità di ministro per le Politiche giovanili e le Attività sportive), la canzoncina, irripetibile in questa sede, che i calciatori dedicarono al loro ministro. Per un insopportabile forma di maschilismo, Francesco De Gregori dice di lei: “La ragazza deve stare attenta prima di parlare”. Per un'insospettabile forma di femminismo, qui si ritiene che Giovanna Melandri abbia molte cose da dire, anche da uno shadow cabinet. E nonostante gli anni che passano e le nuove leve a sua immagine, è ancora lei la più bella del centrosinistra.
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