A lei tocca la salvaguardia del sacro, se diserta sono guai
La scomparsa della pia donna e la turbo-secolarizzazione
E' Callum Brown l'autore di “The Death of Christian Britain”, lo studio del 2001 citato dal vescovo di Rochester Michael Nazir-Ali nel suo intervento pubblicato domenica nel Foglio. E' lui lo storico delle religioni che ha offerto un nuovo quadro della secolarizzazione in Gran Bretagna, spingendone il termine sino agli anni Sessanta. E certo, da studioso laico e progressista, non si aspettava tanta attenzione.
Roma. E' Callum Brown l'autore di “The Death of Christian Britain”, lo studio del 2001 citato dal vescovo di Rochester Michael Nazir-Ali nel suo intervento pubblicato domenica nel Foglio. E' lui lo storico delle religioni che ha offerto un nuovo quadro della secolarizzazione in Gran Bretagna, spingendone il termine sino agli anni Sessanta. E certo, da studioso laico e progressista, non si aspettava tanta attenzione. “E' sempre bello quando una ricerca trova risonanza ben oltre il mondo accademico”, dice al Foglio il professore, che oggi insegna all'Università di Dundee, in Scozia. “Il mio libro era incentrato sulla Gran Bretagna, ma negli ultimi sette anni ho ricevuto da tutta Europa messaggi di lettori che mi segnalavano temi comuni nell'esperienza dei loro paesi”.
Il vescovo di Rochester, in particolare, ha ripreso la tesi di Callum Brown sulla fine, improvvisa e catastrofica, del ruolo del cristianesimo nella società inglese, dovuta alla rivoluzione culturale degli anni Sessanta. “Nel mio libro – spiega il professore – sostenevo che la secolarizzazione della Gran Bretagna non è avvenuta lentamente negli ultimi due secoli (come pensava la maggior parte dei miei predecessori), ma nel corso di un periodo brevissimo, iniziato negli anni Sessanta. Ho usato come fonti la cultura popolare, giornali, riviste, canzoni, necrologi, le memorie della gente comune, la storia orale fatta di interviste e autobiografie, per dimostrare che fino agli anni Sessanta la religione cristiana ha rappresentato una forza vitale, in grado di plasmare per molte persone la comprensione della propria vita e di quella degli altri. La moralità cristiana ha dominato la vita politica e personale, e una cultura cristiana, promossa soprattutto dalle donne, ha costituito il cuore religioso della nazione. Negli anni Sessanta, però, è cambiata la natura della religiosità cristiana. L'attenzione, fino allora riservata al rispetto delle donne, alla correttezza sessuale, è stata improvvisamente messa al bando dalla rivoluzione sessuale e dalla liberazione delle donne. E' per questo che le donne hanno rappresentato l'elemento centrale nella morte improvvisa della cultura cristiana, che fino agli anni Sessanta era stata la tradizione dominante nel Regno Unito”.
La cosa singolare è che oggi a professare una tesi che in molti paesi d'Europa potrebbe rischiare di venire bollata come reazionaria sia un eccentrico studioso postmoderno di scienze sociali, come lo storico di Dundee, che ammette di aver scoperto il nuovo approccio al problema del declino della religione dopo aver incontrato e sposato una storica femminista. Ma come giustifica sul piano del metodo questa libertà di tono? “Alla fine degli anni Novanta, avevo maturato un'esperienza di 25 anni come storico delle religioni. All'epoca, si riteneva che il lungo e lento declino della cultura cristiana fosse iniziato a causa della Rivoluzione industriale e dell'Illuminismo settecentesco, che aveva secolarizzato la testa e la vita dei lavoratori”. Brown non lo dice, ma ha in mente di sicuro gli studi del francese Michel Vovelle sulla decristianizzazione. E infatti aggiunge: ”Gli storici fondavano le loro tesi sul venir meno, dal 1750 in poi, del controllo da parte della chiesa sullo stato e sulla vita della gente. Personalmente, però, questa teoria mi lasciava insoddisfatto per l'incapacità di spiegare come mai la religione cristiana sia stata vitale sino al 1960. E' stato solo dopo il 1960 che il declino ha colpito la devozione cristiana, l'appartenenza alla chiesa, il battesimo, il rito stesso del matrimonio religioso. E' stato solo dopo il 1960 che la gente ha smesso di parlare della propria vita in termini di peccato e redenzione, secondo i canoni del racconto cristiano. Per mettere in luce questi cambiamenti, ho usato la decostruzione analizzando il modo in cui la cultura cristiana tra il 1850 e il 1950 è stata dominante nella cultura popolare ‘rispettabile'”. E a quali risultati è arrivato? “Ho capito che quel modo consisteva in una particolare concezione della devozione religiosa, fondata sul genere, in cui la fede cristiana delle donne era una priorità rispetto a quella degli uomini, grazie all'esempio trasmesso dall'immagine della madre, dalla purezza della vergine. Viceversa, gli uomini rappresentavano l'opposto, erano i ‘pagani' delle città industriali; potevano ubriacarsi, darsi al gioco, menare le mani e trascurare le famiglie. Persino le persone dabbene (e in particolare i preti) venivano rappresentati, nella cultura popolare, come soggetti a questi peccati. All'epoca, erano gli uomini il problema della società, le donne invece erano la soluzione. Tutto questo è cambiato radicalmente negli anni Sessanta, quando l'ideale della devozione cristiana femminile è stato rifiutato in massa dalle giovani donne, sia perché è cresciuta la sperimentazione sessuale da parte delle donne stesse, sia perché c'è stata una liberazione in termini di educazione, professione, salari e destini. Io non ho fatto che ricostruire questo cambiamento nella cultura popolare e nel modo in cui la storia orale e l'autobiografia hanno interpretato la vita umana senza una concezione religiosa fondata sul genere. Il concetto della pia donna, che sin dal Settecento ha dominato l'Europa cristiana, si è visto improvvisamente mancare di sostegno e di rispetto nella nostra cultura”. La sua analisi vale solo per il Regno Unito? “No, potrebbe estendersi all'Europa occidentale. Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, e in parte Belgio e Francia, hanno registrato un grave crollo della cultura cristiana tra il 1960 e il 1975, mentre sospetto che il cambiamento in Italia, Spagna e Portogallo sia avvenuto negli anni Settanta, quando anche i cattolici praticanti inglesi iniziarono a disertare la messa. Il fattore critico fu la Humanae Vitae, l'enciclica che bandì il controllo delle nascite, ma ci vollero dieci anni prima che avesse un impatto di massa sui cattolici osservanti. Quando le donne persero interesse a andare a messa, smisero di farlo anche gli uomini. Non penso che la Gran Bretagna abbia un ‘ruolo guida': anche se negli anni Sessanta diede un grosso contributo alla musica leggera e alla moda, le idee femministe nel Sessantotto spuntarono a Parigi e Roma come a Londra e New York”. Quanto al rischio di nichilismo e alla minaccia rappresentata dal multiculturalismo, Callum Brown dà un giudizio avalutativo. “La secolarizzazione fa parte del processo di liberalizzazione e democratizzazione in Europa. I paesi postcoloniali capirono che dovevano abbracciare il multiculturalismo. Non sarebbe successo senza il declino della cultura cristiana”.
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