L'analisi politica di Lodovico Festa
L'ultima intesa
Secondo un mio vecchio amico esperto del settore, un vero accordo tra maggioranza e opposizione sulla tv sarà possibile solo alla fine di un ampio percorso di intese: prima si dovrà rodare la reciproca fiducia sul federalismo fiscale, poi sugli assetti istituzionali che garantiscano i poteri di controllo dell'opposizione parlamentare, ancora sull'amministrazione pubblica e infine su una gestione della questione criminal-meridionale che abbini un risanamento per quanto lento a una qualche politica di sviluppo.
Secondo un mio vecchio amico esperto del settore, un vero accordo tra maggioranza e opposizione sulla tv sarà possibile solo alla fine di un ampio percorso di intese: prima si dovrà rodare la reciproca fiducia sul federalismo fiscale (possibile solo garantendo al Pd il livello di “bella vita” delle regioni spendaccione in cui è egemone, dall'Emilia a – soprattutto – la Toscana. Una soluzione simile oggi sostiene anche un Giancarlo Galan geloso di Roberto Formigoni), poi sugli assetti istituzionali che garantiscano i poteri di controllo dell'opposizione parlamentare, ancora sull'amministrazione pubblica (rassicurando il potere del sindacato che nel settore privato tende a divenire ininfluente) e infine su una gestione della questione criminal-meridionale che abbini un risanamento per quanto lento a una qualche politica di sviluppo. Trovate queste quattro intese (c'è anche la questione del banconcentrismo della società italiana che però sarà superato più per gli effetti collaterali dei casi tipo subprime che dalla politica), si potrà cercare un accordo anche sul sistema tv. Nel frattempo tutto sarà tamponato dalla licenza di uccidere i dalemiani di via Mazzini e dintorni che pare essere l'unica vera richiesta di Walter Veltroni per la Rai: con annessa crescita del potere di quelli legati a lui. Si parla , in questo senso, di una candidatura di Goffredo Bettini a presidente della Rai o in subordine di Giovanna Melandri.
Non è impossibile che si intraprenda proprio questo percorso di accordi. Ma nel frattempo quel grande buco nero che è la Rai crescerà incontrollato. Ormai è lì lì per diventare la nostra prossima Alitalia. Oggi il sistema televisivo italiano si basa sempre più su due pilastri: Mediaset, che pur con qualche stanchezza non solo resta la tv generalista trainante ma investe anche in “contenuti” e ha azzeccato alcune mosse nel mercato del digitale terrestre. Mentre l'altro pilastro tende a essere la Sky di Rupert Murdoch, che ha trovato in Italia la seconda fonte europea di business. Murdoch inoltre ha siglato un impegno con le autorità europee – in quanto monopolista italiano della tv satellitare – a non estendersi su altre piattaforme (digitale terrestre o banda larga), che scade nel 2010. Ma il 2010 è dietro l'angolo ed è improbabile che il divieto “europeo” sia rinnovato: sarà lasciato così, in tempi brevi, agli uomini di Murdoch un grande campo di iniziativa. C'è, poi, il crescere di un mercato di offerte televisive ramificato, via digitale terrestre e via banda larga che sta creando tante nicchie profittevoli. Anche se la pubblicità di massa, energia fondamentale del sistema televisivo, ha bisogno del grande pubblico e quindi si rivolge ancora alla tv generalista, che dalla sua ha sempre più un pubblico anziano. Intanto, però, il crescente mercato di nicchia qualificato sorregge un fiorire di intraprese: da quelle di De Agostini, ora anche con il supporto finanziario di Ifil, che si rafforza nel campo decisivo dei contenuti (vedi l'acquisto di Magnolia) al gruppo De Benedetti che ha acquisito grazie alla legge Gasparri due reti e potrebbe fare il salto nel digitale terrestre. Un po' defilata Telecom Italia, dove la gestione di Franco Bernabè è sempre più affannata – vedi anche i guai argentini – mentre al suo interno gli spagnoli di Telefonica sono sempre più critici. E forse si stanno preparando a compiere “l'ultimo balzo” per il controllo. Con poche idee – come spesso gli accade – è invece il gruppo Rcs.
La nuova Alitalia in viale Mazzini?
La crisi italiana – al contrario di quello che sostiene la larga propaganda prevalente – è simile a quella europea, dove i grandi mammut pubblici sono tutti sostanzialmente in crisi con la gente che si chiede perché mai deve pagare un canone: la diffusione della pay tv via banda larga o via digitale terrestre fa crescere dovunque il principio che si paga se si riceve qualcosa di preciso e monetizzabile in cambio. La filosofia del generico pubblico interesse incontra consensi di giorno in giorno più scarsi. Certo, la crisi della Rai è molto più pesante di quella che c'è nel resto del continente e così il rischio di disperdere il grande patrimonio di capacità ancora esistente. Ma si tratta di crisi comparabili tra loro. In un paese razionale si esaminerebbero le opportunità esistenti per far crescere un dinamico settore audiovisivo valorizzando così la creatività di fondo che tutti riconoscono agli italiani e che oggi finisce in seconda fila rispetto ai paesi più vicini, e sfruttando le basi tecnologiche, soprattutto nel rapporto tra industria televisiva e delle comunicazioni, che nel paese a lungo con più telefonini, con ampia diffusione della banda larga, sperimentatore dei rapporti più moderni tra pc e cellulare, sono ottime e abbondanti. Ma un grande progetto in questo senso potrebbe decollare soltanto grazie a una drastica privatizzazione della Rai, varando un tumultuoso mercato e inserendovi le professionalità che pur tra tante fidanzate & parenti esistono nella tv di stato. E' evidente però il delicato meccanismo di equilibri di potere ed economici che una privatizzazione della Rai implica e in questo senso è realistica la profezia che questa potrebbe essere solo “l'ultima intesa”. E non è da escludere che il possibile accordo sul settore finisca per decidere di non decidere niente: anzi questo è l'esito probabile se oltre che sui rapporti di forza non si alimenterà una seria riflessione sul “cambiamento”, invece di limitarsi a disputare del destino di Rete 4, lasciando così a tecnologie e dinamiche naturali a decidere al posto della politica con grave spreco di tempo e connessi guai.
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