Terzo di una serie di articoli

Vi fareste governare da Obama? /3

William Ward

Elencate una per una, ci sono molte caratteristiche di Obama che non mi dovrebbero piacere: la vaghezza delle sue idee politiche, il suo wishful thinking sull'Iraq, il suo voting record al Senato su molti argomenti e la natura di buona parte dei suoi sostenitori, dagli irriducibili di una certa sinistra europea ai vacui limousine liberals di Hollywood.

    Elencate una per una, ci sono molte caratteristiche di Obama che non mi dovrebbero piacere: la vaghezza delle sue idee politiche, il suo wishful thinking sull'Iraq, il suo voting record al Senato su molti argomenti e la natura di buona parte dei suoi sostenitori, dagli irriducibili di una certa sinistra europea ai vacui limousine liberals di Hollywood. Eppure c'è molto in lui che mi fa pensare che si tratta di una persona eccezionale, capace non solo di fare il vettore del “change” di cui parla, ma anche di saper ricucire gli strappi nel tessuto sociale americano. Le sue incaute considerazioni sulla gente sfigata nella “small town America” della “rust belt” che si consola con la religione e i fucili sono state proiettate come prova inconfondibile (dai suoi detrattori) della sua terminale incapacità di capire le esigenze morali e spirituali dei social conservative delle classi modeste, ma a differenza di molti altri Grandi democratici (John Kerry, anyone?) Obama dimostra in diversi modi di essere in possesso di un'empatia universale sociale interclassista tipica dei grandi politici moderni, ma meno “aww shucks” (proletario di maniera) di quella di Bill Clinton, meno “cheesey” (retorico e roboante) di quella del grande Ronald Reagan, meno “spin” (costruito a tavolino) di quella di Tony Blair, il miglior presidente che gli Stati Uniti pensavano di voler avere, prima di conoscere il buon Obama. E pensando ai candidati democratici negli ultimi decenni, dai tempi di LBJ (il mio preferito in assoluto), è incredibile quanto un grande partito come i Democrats non abbia saputo esprimere qualcosa di meglio. Tutti troppo mediocri (Micheal Dukakis, Walter Mondale), o poco convincenti per la Casa Bianca (Howard Dean, Hubert Humphrey), ma tutti troppo ovviamente prodotti del partito, mentre ora Obama risulta come un miracolo, il primo fuoriclasse da quelle parti in quarant'anni.

    Non credo che Barack porterà molto “change” a Washington, così come Tony Blair non ha saputo abolire lo “sleaze” dei precedenti anni tory a Westminster: non è possibile che la natura della politica dello stato più potente del mondo possa cambiare in poco tempo, e questo è destinato a deludere moltissimo i suoi seguaci, specialmente quelli più giovani e poco scafati. Ma il vero “cambiamento” che attuerà Obama al potere sarebbe su se stesso. Si dimostrerà un politico molto più normale e molto più conservative di quanto non faccia vedere ora; per intendersi, meglio così per l'America, ma non certo per chi crede alle trasformazioni aleatorie.
    La sua ottima oratoria è una roba del passato, e mi piace proprio per questo: sembra un ritorno alla serietà classica della politica degli anni prima del boom televisivo, raccontato dal prof. Neil Postman nella sua magistrale analisi dell'interfaccia tra la tv e la politica in America, “Amusing Ourselves to Death”, negli anni 80. E' forse più degno di nota questo fenomeno che non quello del “fund raising” capillare via Internet, che, nonostante l'immediata utilità alla campagna elettorale del capo, avrà poca utilità dopo una eventuale vittoria di Obama, mentre la retorica oratoria, simile per certi versi a quella coniata da Peggy Noonan per the Gipper, è destinata ad accompagnarlo negli anni futuri. E non fosse per la sua dirompente negritudine (ma perché passa sempre per “black” quando è solo “coloured”, meticcio?), si noterebbe molto di più quel bel timbro di voce baritonale, che è decisamente old fashioned, e il suo modo di indossare quei vestiti eleganti ma molto neutrali, da impiegato medio alto anni 50. Nemmeno la bella moglie Michelle è così “moderna” (la tremendona Hillary lo è): con quella faccia da “figlia maggiore e ultra responsabile di Lina Sotis” e i suoi vestiti un po' frumpy e materni (nei cui confronti, la sempre elegante Condi sembra di uno chic avveniristico), i coniugi Obama alla Casa Bianca faranno pensare a Ike e Mamie Eisenhower. Avanti verso il passato?