Sulla proposta del Cav. di limitare l'uso delle intercettazioni Veltroni è critico: "Così è impossibile indagare"

Possiamo fare a meno del buco della serratura

Giuliano Ferrara

Possiamo fare a meno di quelle storiacce di serie B come calciopoli, vallettopoli, furbetti del quartierino, casa Savoia, e altri pornoracconti scritti con le intercettazioni? Possiamo rinunciare ai doppiaggi televisivi o agli audio in v.o. (versione originale) in cui uomini di potere, marescialli, boss, professionisti della zona grigia, politici di varia estrazione e responsabilità, vengono forzosamente ricondotti al ruolo eterno di Pupi nell'opera e nel melodramma siciliani?

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    Possiamo fare a meno di quelle storiacce di serie B come calciopoli, vallettopoli, furbetti del quartierino, casa Savoia, e altri pornoracconti scritti con le intercettazioni? Possiamo rinunciare ai doppiaggi televisivi o agli audio in v.o. (versione originale) in cui uomini di potere, marescialli, boss, professionisti della zona grigia, politici di varia estrazione e responsabilità, vengono forzosamente ricondotti al ruolo eterno di Pupi nell'opera e nel melodramma siciliani? Possiamo rintuzzare i profondi istinti libidici che ci trasformano da lettori di giornali in origliatori e guardoni nelle storie personali dei ricchi, nelle vite riservate dei potenti, ma anche nelle normali avventure umane, spesso non invidiabili e in qualche caso anche inguardabili, della fauna che ruota intorno alla politica, allo spettacolo, alla grande discarica del meretricio quotidiano?
    Secondo me sì. Se è vero che Berlusconi decreterà la fine del bengodi paraspionistico, se è vero che avrà la forza di sanzionare con anni di galera e multe colossali l'abuso sistematico dell'origliamento telefonico, mafia e terrorismo esclusi, non diventeremo un paese ingiusto, in cui gli investigatori hanno le mani legate dietro la schiena. Al contrario: avremo meno carne da macello e più sostanza giudiziaria per veri processi e per un uso documentale e non spettacolare del nastro registrato. E non sarà la giustizia a risentirne, ma la sua caricatura, il suo lato grottesco, la sua deformazione dolosa predisposta a ogni abuso, a ogni calunnia, a ogni sputtanamento sottotraccia dell'ultimo avversario politico finito sotto tiro del furbo del momento.
    La privacy è una zona di rispetto che circonda l'individuo e lo garantisce da ogni forma di indebita intrusione esterna. Senza privacy una società libera non esiste. La libertà individuale nasce dalla tutela di quel tanto di non detto, di non visto, di non ascoltato che appartiene alla sfera privata di ciascuno, quasi come la sua autonomia di coscienza. Da noi invece esistono addirittura assessorati alla Trasparenza. Ma la trasparenza è un mito totalitario. In una società liberale puoi avere la certezza del diritto, l'eguaglianza di fronte alla legge, la responsabilità penale personale, ma non la Trasparenza, concetto ideologico di natura intrinsecamente orwelliana. E se è vero che in Italia il 33 per cento dell'intera spesa per il funzionamento della giustizia investigativa se ne va in intercettazioni, come ha detto il ministro della Giustizia, è chiaro che la privacy è sottoposta a quella strana legge della trasparenza per la quale, ad libitum, le conversazioni private di un cittadino, posto che rivestano un qualunque interesse pubblico, anche il più sottilmente morboso e il meno giudiziariamente sensibile, possono essere sbattute nel frullatore dell'opinione pubblica per la grande gogna mediatico-giudiziaria.
    Scatterà una grande lagna. Pistaroli di tutte le risme rivendicheranno il loro limpido lavoro di auscultatori e delatori, opponendosi a questo attentato alla loro dignità e identità professionale. La prova del nove sarà l'atteggiamento degli intercettati. Se anche loro contribuiranno al piagnisteo, fingendosi contrari a un limite chiaro e severo alla pratica violenta e antigiuridica delle intercettazioni a pioggia, vorrà dire che il giogo autoritario e illiberale si è installato per bene sulle spalle della nostra coscienza civile.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.