Che avesse ragione D'Alema? Parla l'ambasciatore israeliano Gideon Meir
Ma allora dialogare col nemico si può?
Ma allora è lecito parlare con il nemico? Dal sostegno di Condoleezza Rice al nuovo governo libanese dominato da Hezbollah alla tregua fra Israele e Hamas, la ragione sembra pendere dalla parte di un fautore del dialogo con Hamas e l'Iran come l'ex ministro degli Esteri, Massimo D'Alema.
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Roma. Ma allora è lecito parlare con il nemico? Dal sostegno di Condoleezza Rice al nuovo governo libanese dominato da Hezbollah alla tregua fra Israele e Hamas, la ragione sembra pendere dalla parte di un fautore del dialogo con Hamas e l'Iran come l'ex ministro degli Esteri, Massimo D'Alema.
La Francia annuncia che il presidente siriano Bashar el Assad siederà allo stesso tavolo degli israeliani al summit del 13 luglio a Parigi tra Ue e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Secondo Michael Leeden, autore di “The Iranian Time Bomb”, il modello D'Alema rafforza i nemici. “L'occidente ha trattato con l'Iran per trent'anni e quando dico Iran dico anche Hamas e Hezbollah. Tutti i presidenti americani, da Jimmy Carter a Bush, hanno negoziato con Teheran. I risultati li vediamo. Einstein ha definito pazzo colui che fa sempre la stessa cosa sperando in un esito diverso”.
“Israele continua per vie indirette a cercare un modo per riavere il soldato Shalit indietro”, spiega Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano. “E in politica la forma è tutto. Il segretario di stato Rice non parla a Hezbollah, ma al governo libanese. Sarebbe diverso se ci fosse un esecutivo Hezbollah. D'Alema a Beirut prese sotto braccio la forza che persegue la fine di Israele e che teneva in scacco il governo Siniora. Può anche aver ragione D'Alema nella parte sull'eccessiva critica rivolta alla sua politica. Ma le due situazioni sono diverse”. Fiamma Nirenstein, parlamentare del Pdl, separa il metodo israeliano da quello D'Alema: “A parlare con Hamas è l'Egitto, non Israele. Ci dev'essere sempre un dialogo per salvare delle vite umane. Altra cosa è sedersi a tavola con gli assassini come se fossero uguali a noi. E' l'errore di chi, come D'Alema, va a braccetto con Hezbollah. E' sbagliato non il dialogo in sé, ma l'equivalenza e l'indifferenza. La nostra identità è diversa da quella jihadista, non beviamo assieme a loro”. L'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, assume una posizione di pragmatismo. “Non è una negoziazione fra Israele e Hamas, ma tramite l'Egitto”, spiega al Foglio Meir. “Hamas non ha cessato la sua attività assassina, ha investito in armi e miseria. Non poteva far altro che cedere alla richiesta dell'Egitto di un cessate il fuoco. A Gaza la vita è miserabile, Hamas perde terreno, la gente muore di fame e la protesta cresce. Da qui la decisione di una tregua. A differenza di Hamas, noi dobbiamo combattere casa per casa senza sparare sui civili. Per questo abbiamo deciso di dare una chance all'Egitto e al capo dell'intelligence Omar Suleiman per un cessate il fuoco. Tuttavia, resta un accordo molto fragile”.
Meir non nomina D'Alema, ma ribadisce che ogni dialogo con Hamas è inaccettabile. “A meno che Hamas non accetti le tre condizioni internazionali: che rinunci alla violenza, riconosca Israele e si impegni a rispettare gli accordi sottoscritti dall'Anp nelle sedi internazionali. Senza un accordo simile, non ci sarà mai dialogo. Chi vuole parlare a Hamas, sappia che parla con chi persegue la distruzione di uno stato”. Hamas significa Teheran. “Hamas è un ramo dell'Iran, come Hezbollah. Hamas è stata addestrata da Teheran, le loro armi vengono dall'Iran, perché l'Iran è il più grande esportatore di terrorismo al mondo. Il governo italiano deve essere ringraziato sul dossier Iran, per come si oppone al presidente Ahmadinejad. Un uomo che fomenta un nuovo Olocausto mentre costruisce armi nucleari. Per Hezbollah, vale lo stesso. L'Iran decide come e quando porre Israele sotto pressione attraverso Hezbollah. Ahmadinejad ricorda in tutto un uomo che prese il potere nel 1933 in Germania. Abbiamo imparato la lezione della storia?”.
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