Lettera al Cav. su due militanti pro life

Giuliano Ferrara

Il mio non era un altro partito. Infatti è già stato sciolto, è durato due mesi e mezzo, il tempo di presentare un simbolo e una lista, di diffondere ovunque possibile le nostre idee, di raccogliere centotrentacinquemila voti e ritirarsi in buon ordine per continuare a battersi in altri modi.

    Cari amici, vi parlo brevemente di una storia buffa e amara che ha avuto per teatro Verona, città insigne di tragedie e di amanti. Maria Luisa Tezza, avvocato e assessore provinciale di Forza Italia, assessore alla vita del comune di Zevio, e Massimo Galli Righi, presidente del consiglio provinciale di Verona, furono il numero uno e il numero due nella lista “per la moratoria”, contro l'aborto e per la vita, presentata da me alle politiche. Per averlo fatto sono stati sospesi dal partito (nove mesi, il tempo di una gravidanza ordinaria) con la motivazione più ovvia: si sono candidati con un altro partito, un'altra lista, e hanno sostenuto un altro candidato alla presidenza del Consiglio. Grave, gravissimo. Senonché, come a volte succede, le cose sono più complicate di come appaiono. Il mio non era un altro partito. Infatti è già stato sciolto, è durato due mesi e mezzo, il tempo di presentare un simbolo e una lista, di diffondere ovunque possibile le nostre idee, di raccogliere centotrentacinquemila voti e ritirarsi in buon ordine per continuare a battersi in altri modi. I dividendi della sottoscrizione, il non-partito li ha interamente devoluti, quel centone che ne restava, a un centro di aiuto alla vita. Nonché un partito, ciò che si raccoglieva intorno al simbolo “Aborto? No, grazie” non era nemmeno un'altra lista, come abbiamo spiegato a gran voce tra un fumogeno e un pomodoro e un uovo, e nemmeno politica: era superpolitica. Non proponevamo un programma generale di governo, ma solo ed esclusivamente un programma pro life, etico e anche economico, demografico, centrale e decisivo magari, ma diverso dalla categoria convenzionale di ciò che è politica. Alcuni la chiamavano lista di scopo. Non gareggiavamo per entrambi i rami del Parlamento ma solo alla Camera, per lasciar liberi gli elettori di votare come desideravano lì dove si presumeva fosse in gioco la cosiddetta governabilità (il Senato a rischio pareggio), e portare a Montecitorio una pattuglia di militanti e competenti prolifers.

    Al massimo della mia vanità, mi sono proposto ministro della Salute di Berlusconi, o di prendere Berlusconi come mio ministro della Salute, ignaro del fatto che il ministero nel frattempo era stato soppresso. Inoltre, e questo è onorevole ricordarlo, abbiamo fatto una campagna elettorale diabolicamente polemica sulle idee, ma senza alcun attacco personale o di partito, senza una vena competitiva, proclamando di aver vinto senza bisogno di conferme nelle urne (da questo punto di vista siamo stati accontentati alla grande). Questa natura molto originale e pazza dell'iniziativa è sottolineata dal fatto che il coordinatore di Forza Italia, quel galantuomo di Sandro Bondi, ci fece i complimenti e ci dette appuntamento a subito dopo il voto con fraternità; e il presidente Berlusconi assunse la questione della moratoria come un suo obiettivo strategico, per poi confermare nel discorso di insediamento del governo alle Camere elementi cruciali di convergenza con la nostra lista pazza (rimuovere le cause materiali dell'aborto, varare un piano nazionale per la vita ben finanziato). Insomma, ricordo la bonomia volenterosa di Maria Luisa Tezza e di Massimo Galli Righi, il disinteresse, lo spirito fattivo di cooperazione a un'impresa povera e significativa, la lealtà verso il loro status di professionisti e politici della società civile in Forza Italia, il loro gran lavoro, il dispendio di tempo e risorse, allegro e gratuito, nelle assemblee di popolo a Verona, a Padova, a Conegliano, a Belluno, a Rovigo, in cui un pezzo dell'Italia che si è riconosciuta nel Pdl avanzava senza danni per nessuno una sua sfida trasversale intensa e sensata, quella per il ritorno del buonumore e la fine della mattanza. Una punizione per tutto questo? Pensateci. Con molta cordialità.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.