Intanto il Senato l'approva, ora il passaggio alla Camera
Perché il Csm rinvia il giudizio sulla norma che rinvia i giudizi
Roberto Maroni ieri si è arrabbiato per le indiscrezioni sul parere del Csm – non ancora discusso né approvato – nel quale i due magistrati, Livio Pepino e Fabio Roia, incaricati della relazione, avrebbero usato l'espressione “incostituzionale” per riferirsi all'emendamento che sospende tutti i procedimenti non urgenti.
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Roberto Maroni ieri si è arrabbiato per le indiscrezioni sul parere del Csm – non ancora discusso né approvato – nel quale i due magistrati, Livio Pepino e Fabio Roia, incaricati della relazione, avrebbero usato l'espressione “incostituzionale” per riferirsi all'emendamento che sospende tutti i procedimenti non urgenti. Tanto arrabbiato, da chiedere – un po' provocatoriamente – che s'indaghi sull'accaduto. E si verifica uno strano fenomeno, perché nonostante tutti sembrino credere alla spiegazione del vicepresidente Nicola Mancino (“non esiste alcun parere”), nonostante ciò – si diceva – tutti, da destra a sinistra, proseguono nella polemica. Il centrodestra con Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, il centrosinistra con Antonio Di Pietro e Lanfranco Tenaglia. Gli uni contro gli altri armati a difesa o all'attacco del Csm. Ecco.
Ma se il parere non esiste, perché litigano? Forse litigano perché in realtà alla spiegazione di Mancino – arrivata più di dodici ore dopo le prime indiscrezioni d'agenzia – non ci credono in molti. Nel Palazzo gira una leggenda che suona più o meno così: il parere esiste, sottoforma di schema e contiene pure la parola “incostituzionale”. La Sesta commissione del Csm ci sta lavorando sopra, spaccata e attraversata da palesi tensioni tra togati e laici. Con strane convergenza tra centrosinistra e centrodestra – racconta la leggenda – perché i consiglieri del Pdl, come gli uomini più vicini al Quirinale, vorrebbero il più possibile ammorbidire l'annunciata – e a quanto pare inevitabile – bocciatura, mentre diversi togati preferibbero stare in linea con la posizione nettissima espressa dall'Anm. Ma si tratta di una leggenda e dunque forse non c'è da prenderla sul serio. Quello che invece sembra sicuro è che i tempi della discussione in Consiglio si stiano allungando e il parere – che in un primo tempo si credeva potesse arrivare a ridosso del voto al Senato – arriverà soltanto dopo che Palazzo Madama avrà espresso il proprio giudizio sul decreto sicurezza e il compreso emendamento “sospendi processi”.
Da sottolineare il ritorno dei girotondini, con sfumature crescenti nel dipietrismo, ieri a Milano; l'applauso dell'Unità all'apparente rottura del CaW (si veda l'editoriale di Antonio Padellaro, domenica sul giornale d'area Ds); la compattezza con cuil il Pd si prepara domani all'Aventino. Tanto che c'è chi comincia a sospettare che Veltroni stia perdendo il guinzaglio della sinistra e per recuperarlo sposti sempre di più gli argini. Così mentre il Csm prepara la propria risoluzione in un clima di suspance, centrodestra e centrosinistra litigano sulle agenzie. Con qualche eccezione di riguardo. Gaetano Quagliariello, berlusconiano vero e vicecapogruppo del Pdl al Senato, dice: “Faccio un appello al Partito democratico perché si riprenda il corso che si è interrotto”. Ma non solo. “Il Pd ha pagato un prezzo per aver detto che Berlusconi è un avversario e non un nemico, ha accettato di andare all'opposizione, ha rotto con Rifondazione comunista e ha accelerato la fuoriuscita dal Parlamento degli ex alleati – aggiunge il senatore analizzando il momento – Oggi se si crea un conflitto solo sul terreno dello scontro tra politica e giustizia ed il Pd si è ridotto a fare la ruota di scorta di Di Pietro, chi ne paga un prezzo è Veltroni, perché non regge più nulla della sua strategia”. Abbastanza da alimentare un'altra leggenda: sulla Rai, Pd e Pdl trattano da matti e il dialogo non si è interrotto del tutto, mentre – contemporaneamente – la Lega avrebbe chiesto al Pdl un gesto di buona volontà: il federalismo si deve fare con il Pd.
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