Sul quotidiano francese Libération si tratta dell'ennesimo voltafaccia
Obama, patriota
Barack Obama patriota. Ieri è volato a Independence, in Missouri, città del presidente Harry Truman, per onorare in anticipo rispetto a John McCain l'anniversario dell'Indipendenza americana del 4 luglio. E oggi il patriottismo del candidato democratico alla presidenza è visto, dal quotidiano francese Libération, come l'ennesimo voltafaccia per riposizionarsi. Dove? Al centro.
Milano. Barack Obama, patriota. Il candidato democratico alla Casa Bianca ieri è volato a Independence, in Missouri, città del presidente Harry Truman, per onorare in anticipo rispetto a John McCain l'anniversario dell'Indipendenza americana del 4 luglio. Con uno dei suoi ispirati, forbiti e appassionati discorsi, Obama ha rassicurato chi ancora resta scettico sul suo conto che il patriottismo e l'amore per la nazione sono valori fondamentali della sua vita personale e politica, perché profondamente radicati nella tradizione americana e alla base della lotta indipendentista, antitirannica e anticoloniale dei padri fondatori. Obama non si è limitato alla solita litania liberal secondo cui il vero patriottismo è il dissenso, ma ha spiegato che, al di là da come la si pensa sulle scelte dei propri governi, il sacrificio personale dei soldati e la volontà di rinunciare a qualcosa di importante a favore di una più ampia causa sono la più alta espressione di patriottismo. Obama non ha nemmeno insistito su un altro dei cavalli di battaglia della sinistra, quello secondo cui la destra usa l'amor patrio a fini politici: “E' sempre stato così”, ha ricordato Obama, facendo i giusti riferimenti storici e, quanto alla più stretta cronaca, prendendo nettamente le distanze dall'ex generale Wesley Clark che domenica mattina in televisione, a nome della sua campagna, aveva messo in discussione il valore militare di John McCain.
Il discorso di Obama, trasmesso in diretta sulle tv via cavo, è stato un saggio storico, politico e culturale sul patriottismo con concetti, temi e parole spesso urticanti per la più tradizionale ortodossia della sinistra liberal, un po' come è capitato nei mesi e nelle settimane scorse con i suoi interventi sulla religione e sulla famiglia, a completamento del trittico Dio, Patria e Famiglia che gran parte degli intellettuali europei considerano reazionario, ma che in America è il cuore del messaggio di ottimismo, cambiamento e speranza del più entusiasmante candidato progressista degli ultimi quarant'anni. Obama ha ribadito che gran parte del dibattito odierno sul patriottismo risale alle guerre culturali degli anni Sessanta e si è spinto fino a difendere i reduci del Vietnam, spesso vilipesi dal movimento pacifista, a criticare gli attuali gruppi pacifisti che accusano il generale David Petraeus di tradimento e a ricordare che è stato “un giovane soldato, un patriota, il primo a parlare degli abusi di Abu Ghraib”.
“Nei primi anni del movimento di diritti civili e dell'opposizione alla guerra in Vietnam – ha detto Barack Obama – i difensori dello status quo accusavano spesso di non essere patriottici coloro che mettevano in discussione la saggezza delle politiche del governo, ma allo stesso tempo molti della cosiddetta cultura antagonista reagivano non solo criticando particolari politiche governative, ma anche attaccando i simboli e, in casi estremi, l'idea stessa dell'America, bruciando le bandiere e accusando l'America di tutti i mali del mondo e, forse ancora più tragicamente, rifiutando di onorare i reduci del Vietnam che tornavano a casa, una cosa che rimane ancora oggi una vergogna nazionale”. Queste, ha detto il senatore, sono “caricature della destra e della sinistra”, e a Bush va imputato “di averci chiesto, dopo l'11 settembre, di spendere”, anziché “i sacrifici per il paese che restano un obbligo di cittadinanza per noi senza uniforme o cari nelle forze armate”. Per il resto, “anche i presidenti più saggi – ha ricordato Obama – hanno cercato di giustificare politiche discutibili col patriottismo: la legge sugli stranieri di Adams, la sospensione dell'habeas corpus di Lincoln, i campi di internamento di Roosevelt sono stati difesi come espressione di patriottismo e coloro che non erano d'accordo etichettati come non patriottici”.
Il vero patriottismo, ha detto Obama, è la lealtà agli ideali dell'America: “Chi attacca le sue debolezze senza riconoscere la particolare grandezza dei suoi ideali e la provata capacità di ispirare un mondo migliore, davvero non capisce l'America”, un paese che è “l'ultima migliore speranza della Terra”. Sui blog di sinistra si storce il naso, ancora di più dopo le dichiarazioni favorevoli alla pena di morte per gli stupratori, al diritto di detenere armi, alla possibilità di intercettare i terroristi e al rifinanziamento della guerra in Iraq. A giorni Obama andrà a Baghdad dal generale Petraeus e, secondo il New Yorker, ci potrebbero essere novità: “Sa senz'altro che il suo piano originale (di ritirare le truppe, ndr) potrebbe rivitalizzare l'al Qaida irachena, l'insorgenza sunnita e la milizia di Moqtada al Sadr, ma qualunque sia la bramosia idealistica dei suoi ammiratori, Obama resta un politico calcolatore e di sangue freddo”.
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