Strega e finanza - l'ex ad di Capitalia ci spiega il suo segreto

Con Paolo Giordano e Matteo Arpe i numeri primi non sono più soli

Marianna Rizzini

Matteo Arpe, il giovane banchiere, l'ex amministratore delegato di Capitalia che era contrario alla fusione Capitalia-Unicredit, non ha studiato matematica. Paolo Giordano, il giovane ricercatore di Fisica che ha vinto il Premio Strega con il romanzo “La solitudine dei numeri primi” (ed. Mondadori), non ha studiato letteratura.

    Roma. Matteo Arpe, il giovane banchiere, l'ex amministratore delegato di Capitalia che era contrario alla fusione Capitalia-Unicredit, non ha studiato matematica. Paolo Giordano, il giovane ricercatore di Fisica che ha vinto il Premio Strega con il romanzo “La solitudine dei numeri primi” (ed. Mondadori), non ha studiato letteratura. Matteo Arpe dice di non aver ancora letto “La solitudine dei numeri primi”, ma di numeri primi si è occupato molto, ultimamente. E mentre Paolo si avviava a vincere lo Strega, Matteo pubblicava, sulla rivista “Italian Journal of Pure and Applied Mathematics”, un articolo scientifico intitolato “La regola che sottende il succedersi apparentemente casuale dei numeri primi” – Arpe lo scrive in inglese, perché la rivista è “internazionale” (ci tiene a specificarlo), come si confà a uno studio che si addentra nel mistero dei numeri che nessun matematico, da Euclide in poi, è riuscito a domare. E d'altronde l'articolo di Arpe, già da due anni, viaggiava sui computer degli studiosi per sottoporsi al “peer review”, il controllo preventivo degli esperti della materia. E i peers, infine, hanno approvato. Qualcosa vorrà pur dire, anche se oggi Arpe quasi si schermisce: “Sì, guardi, ho fatto questo studio, partito da una mia intuizione, ma non sono un matematico”.

    Ancora prima, cioè alcune estati fa, mentre Paolo si avviava a scrivere il libro che gli avrebbe fatto vincere lo Strega, Matteo prendeva in mano un libro sui numeri primi di Marcus du Sautoy, e la lettura lo rapiva a tal punto da spingerlo a osservare la caotica sequenza dei numeri divisibili soltanto per uno e per se stessi. E subito l'allora banchiere si appassionava al segreto del loro avvicendarsi, segreto “forse nascosto nelle carte perse del grande matematico Riemann”, come racconta Arpe stesso sul Sole 24 Ore di qualche giorno fa. Nessuno sospettava nulla, nell'estate del 2004, perché Matteo era ancora ai vertici di Mediocredito centrale e Capitalia, ed era considerato l'ex pupillo di Enrico Cuccia, bravissimo ma non superbo, bellissimo ma irreprensibile, famosissimo ma non mondano. Era, per tutti, l'Arpe che opponeva gran rifiuti alle fusioni bancarie e lanciava la carta di credito etica per le donne disagiate.
    E se Paolo Giordano, allo Strega, è apparso più monade delle monadi che sono al centro del suo romanzo, Alice e Mattia, adolescenti che stanno vicini senza potersi toccare, come “numeri primi gemelli, separati soltanto da un numero pari”, Matteo aveva l'aria della monade dopo le dimissioni (forzate) dalla grande banca. Appariva attivo – a fine 2007 ha fondato la Sator, società di private equity – ma pur sempre simile a un numero primo spinto in uno spazio solitario dall'avanzare dei numeri non-primi. Fatto sta che nessuno avrebbe potuto pensare che, fin dal 2004, Matteo Arpe stesse studiando uno dei misteri della scienza: “Mi ero perso in sequenze in cui cercavo di trovare un ordine”, ha scritto. E in effetti c'è da perderci la testa: 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, 29, 31, 37. Non vanno a due a due, non vanno a tre a tre. “Se si ha pazienza di andare avanti a contare”, scrive Paolo Giordano (a proposito dei soli primi gemelli), “si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso…”. Matteo Arpe è andato avanti a contare primi gemelli e non gemelli. Poi, l'intuizione: “Il primo numero che ogni numero primo cancella dalla lista dei possibili primi è il suo quadrato”. Da lì, prendendo in considerazione “il secondo numero cancellato”, dividendo le coppie di numeri così ottenute e mettendo tutto su un grafico (con l'aiuto della studiosa di matematica Claudia La Chioma), Matteo ha visto scaturire una regola che spiega i suoni dell'“orchestra”, come la chiama lui: “Ogni numero primo lancia un ritmo… tutti i ritmi si accavallano come onde. Solo separando le onde si nota l'armonia”.
    E chissà quale segreta legge della probabilità ha fatto sì che Paolo, scrittore per caso, e Matteo, matematico per caso, si siano trovati, in un giorno d'estate del 2008, a camminare vicini, senza comunicare, come una coppia gemella di numeri primi (e proprio grazie ai numeri primi).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.