Le donne vescovo tornano a dividere gli anglicani e a preoccupare Roma
Potrebbero essere questi i giorni decisivi per l'ufficializzazione dello “scisma di fatto” che da qualche anno lacera la chiesa anglicana. Da ieri fino a martedì prossimo i vescovi inglesi della chiesa fondata da re Enrico VIII nel XVI secolo sono riuniti in un sinodo che avrà come tema centrale la possibilità di ammettere anche le donne all'episcopato.
Dal Foglio del 5 luglio 2008
Roma. Potrebbero essere questi i giorni decisivi per l'ufficializzazione dello “scisma di fatto” che da qualche anno lacera la chiesa anglicana. Da ieri fino a martedì prossimo i vescovi inglesi della chiesa fondata da re Enrico VIII nel XVI secolo sono riuniti in un sinodo che avrà come tema centrale la possibilità di ammettere anche le donne all'episcopato, privilegio che, nella pur progressista chiesa anglicana, fino a oggi spetta agli uomini (unico strappo alla regola, e origine del dibattito odierno, l'ordinazione di Katharine Schori negli Stati Uniti). Non solo la discussione sulle donne-bishop sta dividendo la comunità anglicana (che vede sempre più sacerdoti rifugiarsi sotto l'ala delle chiese africane) ma anche la polemica sulle ordinazioni di preti omosessuali, osteggiate da molti conservatori. Si aggiunga che il matrimonio tra due di loro, David Lord e Peter Cowell, celebrato poche settimane fa dal reverendo Martin Dudley, ha definitivamente portato alla luce tutte le spaccature interne a quella che è la seconda chiesa al mondo per numero di fedeli: cinquecento tra vescovi e alti dignitari si sono detti pronti a lasciare la guida dell'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e – se non già durante il sinodo di York in questi giorni – si annunciano spaccature ancora più profonde quando a Lambeth si ritroveranno tutti i sacerdoti anglicani del mondo per la tradizionale conferenza che si svolge ogni dieci anni nella San Pietro d'oltremanica.
E' di pochi giorni fa la “Dichiarazione di Gerusalemme”, un documento scritto al termine della Gafcon (la Global Anglican Future Conference) tenutasi simbolicamente nella Città Santa con l'intento di “creare una struttura ecclesiale dotata di autorità in aggiunta all'arcivescovo di Canterbury”: forti del fatto di rappresentare “oltre 35 milioni di praticanti anglicani in tutto il mondo”, i primati delle principali chiese d'Africa hanno fatto sapere al reverendo Williams che gli riconoscono il “ruolo storico” ma non l'arbitrio di decidere lui cosa vuol dire essere anglicani: “Noi non accettiamo – si legge nel documento – che l'identità anglicana sia necessariamente determinata attraverso il riconoscimento da parte dell'arcivescovo di Canterbury”. Il tutto mentre dichiarano di non volersi staccare assolutamente dalla chiesa anglicana. Una chiesa all'interno della chiesa, in pratica: un giro di parole per non usare quella che meglio fotograferebbe la situazione, scisma. Oggi a York, intanto, si discute un report sulle conseguenze canoniche che la nomina di donne vescovo avrebbe. Nel documento si legge la volontà di “muovere il dibattito dal ‘se' al ‘come'” le donne possano essere ammesse all'episcopato: uno studio di fattibilità che certo non troverà l'appoggio di tanti sacerdoti.
La chiesa cattolica osserva tutto ciò con preoccupazione, e monsignor Donald Bolen, del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ha commentato ieri la “Dichiarazione” dicendo che “questa mossa mette in gioco i legami che tengono insieme gli anglicani”, poiché “i vescovi della comunione anglicana non sono più in piena comunione tra loro”. Commentando il fatto che il sinodo di York si è aperto con numerosi sacerdoti e fedeli della chiesa d'Inghilterra che hanno dichiarato di non avere intenzione di accettare l'autorità di un vescovo donna e sono contrari alle ordinazioni di preti gay, monsignor Bolen ha notato come in fondo “queste tensioni relative agli insegnamenti morali sono collegate anche a questioni ecclesiologiche”. Certo è che, ha continuato Bolen, “anche queste divisioni interne, in aggiunta alle posizioni a favore di un cambiamento nella visione del matrimonio e della sessualità umana e alla tendenza in un sempre maggior numero di province a favore dell'ordinazione delle donne al sacerdozio e alla carica vescovile, creano gravi difficoltà alla chiesa cattolica nelle sue relazioni con la comunione anglicana”.
La chiesa di Roma rischia di non avere più un solo interlocutore con cui cercare di intrattenere un dialogo che ai cattolici sta a cuore più di una ipotetica “campagna acquisti” da fare tra i fedeli anglicani sempre più smarriti e confusi. Che in Vaticano si auspichi che lo scisma di fatto non diventi ufficiale durante le prossime conferenze si capisce dal fatto che a quella di Lambeth verranno inviati come “osservatori” il cardinale Cormac Murphy O' Connor, arcivescovo di Westminster, e monsignor Declan Lang, vescovo di Clifton e copresidente della Commissione internazionale cattolica-anglicana, con la speranza che “le tensioni possano presto risolversi e la dottrina anglicana si rafforzi nella fede apostolica che condividiamo”.
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