I primi cento giorni del governo visti dai direttori dei giornali/1
Il voto di Feltri al governo tra promesse, delusioni e la “sorpresa Tremonti”
Vittorio Feltri, direttore di Libero, ha trovato “promettenti, ma via via deludenti”, i primi cento giorni di governo Berlusconi. Promettenti “perché sono stati subito affrontati i problemi che in campagna elettorale avevano reso molto appetibili il Pdl e la Lega. Mi riferisco alla sicurezza, all'immigrazione clandestina e alle iniziative di Renato Brunetta su fannulloni e enti inutili”.
Roma. Vittorio Feltri, direttore di Libero, ha trovato “promettenti, ma via via deludenti”, i primi cento giorni di governo Berlusconi. Promettenti “perché sono stati subito affrontati i problemi che in campagna elettorale avevano reso molto appetibili il Pdl e la Lega. Mi riferisco alla sicurezza, all'immigrazione clandestina e alle iniziative di Renato Brunetta su fannulloni e enti inutili”. Promettente è sembrata a Feltri anche la “discussione rapida sulla legge finanziaria per un triennio, anziché il solito lungo dibattito per quella annua”. “Quasi risolta”, addirittura, gli appare la questione immondizia. “Nutro qualche perplessità per quanto riguarda l'invio al nord di una parte della spazzatura, ma qualche discarica alla fine ci sarà, e il termovalorizzatore di Acerra dovrebbe essere approntato nel giro di un anno”.
Tutti esempi di “voglia di fare e idee chiare” che non cancellano però “la macchia”. Feltri allude “all'intoppo sul blocco dei processi che ha fatto nascere il sospetto che il Cavaliere cercasse di approfittare di questo provvedimento, in sé giustissimo, per infilarci qualcosa che lo riguardava personalmente”. Il direttore di Libero trova tutto ciò “un po' fastidioso”, anche se poi concede: “Diventa difficile, di fronte ai fatti, negare che Berlusconi sia stato attaccato dalla magistratura in modo esagerato, non fosse altro che per l'altissimo numero di giudici che si sono occupati di lui, circa novecento. Ma forse era meglio pensarci prima”.
Prima era al governo la sinistra. “Infatti accuso tutto un sistema politico che soffre di immobilismo e indecisionismo”. Le intercettazioni sono la seconda macchia individuata da Feltri nel debutto del governo. “Siamo tutti d'accordo, mi pare, su un fatto: le intercettazioni che non hanno rilevanza penale non devono essere pubblicate. E io aggiungo: devono essere buttate via dai magistrati. O messe nel congelatore. Non infilate nei documenti processuali”. Nonostante gli intoppi, il governo, dice Feltri, “non ha perso consensi”. E però “non ha tempo da perdere. Spero che le buone idee non vengano annacquate lungo la via che va dall'enunciazione formale all'approvazione integrale”.
Nonostante le polemiche seguite alla risoluzione del Parlamento europeo che boccia l'Italia sulla rilevazione delle impronte ai bambini rom, il direttore di Libero si augura che il governo riesca “a trasformare in realtà quello che ha fatto sognare alla sua base, per esempio chiudendo i campi rom abusivi. Non esistono neanche in Romania”. Soprattutto, dice Feltri, “il governo non deve abbandonare Giulio Tremonti. Ha fatto dei tagli mostruosi”. Forse non ancora percepiti dall'elettorato. “La gente non sa leggere i bilanci e non guarda i numeri. Tremonti non è stato mediatico come Brunetta sui fannulloni. Ma se riuscirà a portare alle estreme conseguenze ciò che ha avviato, gli effetti si vedranno”.
Oscurati i temi etici. Nella classifica feltriana dei ministri che meritano plauso entra Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione che “si è trovata subito alle prese con l'increscioso incidente degli errori dei temi di maturità. Incredibile: la poesia di Montale bastava leggerla, per capire che era tutta al maschile. Ma il ministro ha mostrato di saper intervenire. Ora mi aspetto che nella scuola venga reintrodotta una selettività di tipo meritocratico”. Feltri è convinto che la meritocrazia parta dal basso e che le raccomandazioni selvagge non si possano combattere quando i giovani arrivano sul mercato del lavoro, ma che debba cambiare la mentalità che è alla base della richiesta di raccomandazione. “C'è stato un appiattimento negli anni Settanta-Ottanta, su basi ideologiche. Ma dall'appiattimento non può uscire nessuna competizione. Bisogna ricominciare a bocciare. E i genitori smettano di difendere i figli somari”. Un bel voto arriva, intanto, al ministro dell'Interno Roberto Maroni: “Non ha una mentalità da vecchia destra. Lo ammetto, ho sempre detto di essere di destra, ma in realtà non lo sono mai stato. E sono infastidito dalla destra di tradizione fascistoide”.
Il direttore di Libero non crede che i temi etici possano tornare al vertice dell'agenda politica, nonostante la riapertura del dibattito all'indomani della sentenza Englaro. “Non mi pare che a Berlusconi interessino così tanto questi argomenti. Dividono trasversalmente, ragione per cui nessuno ha interesse ad affrontarli. Anche se a me personalmente stanno molto a cuore”. Spostando lo sguardo sul fronte Veltroni, l'approfondirsi (apparente o reale) della crisi interna all'opposizione non stupisce Vittorio Feltri. “Mi aspettavo che, dopo una sconfitta attesa e forse anche data per scontata dallo stesso Veltroni – che ha rinunciato all'alleanza con la cosiddetta sinistra massimalista – la botta venisse metabolizzata attraverso le polemiche. Quelli che già prima del voto non erano d'accordo con lui, ma tacevano, si sono sentiti legittimati ad alzare la voce”.
La piazza neogirotondina, invece, al netto delle polemiche su Beppe Grillo e Sabina Guzzanti, dice Feltri, dimostra che “il centrosinistra sta raschiando il fondo del barile”. I motivi vanno dal “non avere la forza di coesione” al “non saper formulare proposte alternative che permettano di ribaltare il rapporto di forze”. “E poi diciamolo: la sinistra sta morendo di vecchiaia”. Il Pd di Veltroni, “novità” della campagna elettorale, per Feltri è stato “un tentativo di cura con il Gerovital” che non ha cancellato nell'elettore l'impressione che stessero girando sempre le stesse facce, “quelle che un tempo stavano nel Pci. E si sa che uno può cambiare idea, ma non rinnegare del tutto se stesso”. Feltri è convinto che la sinistra italiana, senza marxismo, non viva più di vita propria. “E' rimasta soltanto in abitudini culturali che producono un modo obsoleto di fare politica. L'elettore l'ha percepito”. Vecchia appare, al direttore di Libero, anche “l'Europa burocratica”. Quella che tiene d'occhio Berlusconi. “E' un'Europa che procede a colpi di sintesi fatte da partiti di sinistra di vari paesi, vecchi pure loro. Il no dell'Irlanda ha mostrato la necessità di un rinnovamento”.
Il Berlusconi tenuto d'occhio a livello Ue, però, non rinuncia a cercare il consenso internazionale. “Lui ci prova sempre. Vuole essere amato. Poi si incarta, perché c'è in giro il solito processo, e torna a essere il solito Berlusconi. Ma gli piaceva la legittimazione, si divertiva, si è illuso che fosse cambiato il vento. Tutti, forse, ci siamo illusi. Invece è bastato poco per tornare alla contrapposizione frontale, anche perché il povero Veltroni, attaccato dall'interno, ha capito che o tornava a essere antiberlusconiano o veniva meno la ragione sociale della sinistra”. Per il futuro, però, Feltri non è pessimista: “Quei due sono costretti a riparlarsi, vista anche la crisi economica che incombe”.
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