Presidente, lei c'ha ragione!
Premessa: sperando – ma non c'è dubbio che sia così – che il simpatico garante per la privacy, dottor Francesco Pizzetti, conosca perfettamente la differenza tra un sito, un blog, un socialnetwork e una chat, qui si vorrebbe dire una cosa a tutti coloro che oggi sono pronti a criticare in coro il “monito” preoccupato del numero uno dell'Authority.
Premessa: sperando – ma non c'è dubbio che sia così – che il simpatico garante per la privacy, dottor Francesco Pizzetti, conosca perfettamente la differenza tra un sito, un blog, un socialnetwork e una chat, qui si vorrebbe dire una cosa a tutti coloro che oggi sono pronti a criticare in coro il “monito” preoccupato del numero uno dell'Authority. Presidente, lei c'ha ragione! Naturalmente, com'è ovvio, non c'è nessuno che voglia dimostrare l'esistenza di un famigerato e spaventoso “geomarketing” che “sfruttando il controllo satellitare è in grado di seguire i nostri spostamenti e di offrirci in ogni località i prodotti e i servizi da noi preferiti”. Per carità. Solo che per qualsiasi smanettone che conosca gli stimoli chimici che riesce ad attivare un clic sul proprio profilo, un post sul proprio blog o un semplice messaggio di notifica da un qualunque socialnetwork, resta il fatto che il rischio di essere poco consapevolmente inghiottiti da una serie di incubi virtuali è un rischio un po' più evidente di quello che a prima vista potrebbe sembrare.
“La spensierata consapevolezza”, di cui parla il dottor Pizzetti, c'entra poco o nulla con il vero nocciolo della questione. Presidente, ascolti, il problema è molto più grave! Qui si tratta di essere circondati da infiniti piccoli farabutti. Si tratta di ritrovarsi pugnalati alle spalle da un amico che in un momento in cui non dovrebbe ti fa una foto che poi non dovrebbe pubblicare – e invece, il bastardo lo fa. Si tratta, ancora, di scoprire che quello scatto che ti stavano facendo non era solo uno scatto, ma era bensì uno sciagurato video che riprendeva qualcosa che non doveva essere ripreso – e che invece, messo lì in rete, basta un attimo per farti fare la figura del cretino. E' vero, come dice il garante, che “spesso si usano queste tecnologie con spensieratezza e inconsapevolezza”. Ma è ancora più vero, se vogliamo, che qui ci troviamo di fronte a qualcosa di più diabolico rispetto a un'intercettazione astutamente rubata o a una conversazione malignamente sbobinata. Il problema, gentile dottor garante, è che la vera violazione della privacy – cioè non quella riferita al materiale che ognuno di noi sceglie di condividere volontariamente sulla rete, ché non esiste privacy violata quando una tua stupida foto finisce su un giornale dopo che sei stato tu ad averla autonomamente carica sul tuo pc – è una violazione per la quale è inutile provare a mettere in guardia tutti gli sfigatelli che con una foto rubata si ritrovano improvvisamente con la propria privacy profanata. Il vero problema è che il garante dovrebbe capire che non si tratta né di ingenuità, né di inconsapevolezza, né di spensieratezza. Perché di fronte alla vera privacy violentata sulla rete non c'è garante che tenga e non c'è legge che ci protegga, e bastano pochi minuti tra siti, blog e socialnetwork per capire che l'unico modo per difendere la propria privacy non è ascoltare un garante ma è quello di farsi un po' più furbi – più che consapevoli – e cercare, semplicemente, di fidarsi un po' meno di alcun maledettissimi amici.
Il Foglio sportivo - in corpore sano