Qui si spiega perché in Italia al governo non c'è affatto la destra
Toccati i primi (quasi) cento giorni del Cav. IV, per pigrizia o per strabismo l'opposizione insiste nel colpevolizzare “le destre” di governo come se in Italia ce ne fossero in abbondanza. Invece sarebbe un prodigio averne una sola. Perché in Italia una destra al governo non c'è, non esiste, non rileva.
Toccati i primi (quasi) cento giorni del Cav. IV, per pigrizia o per strabismo l'opposizione insiste nel colpevolizzare “le destre” di governo come se in Italia ce ne fossero in abbondanza. Invece sarebbe un prodigio averne una sola. Perché in Italia una destra al governo non c'è, non esiste, non rileva. E' sopraggiunta questa legislatura socialnazionale a certificare il rigor mortis di un'astrazione comoda per gli appassionati di toponomastica, ma del tutto disincarnata. E' così da Silvio Berlusconi in giù, nell'esecutivo come nei partiti che lo tengono in vita, nella rappresentazione pubblica come nell'amministrazione locale. Il Cav. non ha nulla dell'uomo di destra, è un geniale imprenditore craxiano che si è formato al Drive In; a suo modo un artista pop avvolto d'urgenza, quindici anni fa, nel drappo cucito dalle riserve della Seconda repubblica. Quanto di più distante dai princìpi di legge e ordine, di colpa e punizione o redenzione religiosa. Berlusconi è il premier che non voleva e non vuole, per esempio, il reato d'immigrazione clandestina. Lo ha spiegato con sincerità angosciata e rivelativa ai suoi subalterni: ma come, un immigrato rischia la vita per arrivare da noi e trovare la libertà, la possibilità di lavoro, il sogno di una ricchezza, e noi lo buttiamo per cinque anni in galera? Il Cav. è questo, non un bramino, non un guerriero ma un esemplare della terza casta. Quella dei produttori di beni. Nulla a che vedere con la destra. E il suo Consiglio dei ministri non fa che riflettere questa assenza. Giulio Tremonti è finalmente tornato l'editorialista del Manifesto con ambizioni da leader della sinistra nazionale. La corona dei democristiani come Claudio Scajola alla parola destra mette la mano ai libri di storia antifascista. Paolo Bonaiuti, Maurizio Sacconi, Renato Brunetta e Franco Frattini sono epifenomeni del socialismo. Sandro Bondi è un amabile prodotto del totalitarismo cattocomunista. Le giovani e i giovani ministri come Mariastella Gelmini e Angelino Alfano sono eredi della borghesia moderata di provincia. Elio Vito un radicale. Pure qui niente destra.
Ci sarebbero i leghisti, forse, ma sono un fenomeno di destra soltanto nell'immaginario dei salotti del centro storico romano, lì dove un uomo di destra significa terza media e via a lavorare. Oltretutto non s'è mai vista da nessuna parte una destra antinazionale, in fondo Bossi starebbe ancora bene a fare la costola del movimento operaio, come vorrebbero D'Alema e Roberto Maroni. Né destra né sinistra, la Lega è la Lega: una bottega padana da proteggere pagando dazio. Tolte le frattaglie neodc o Antonio Di Pietro e l'Idv – troppo furbi o troppo soli per non cercare d'essere un po' di brutta destra nella sinistra – resterebbe, che dolore, Alleanza nazionale. Ma che carne è? Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa sono probabilmente i più destristi fra i berlusconiani, ma sono appunto berlusconiani. Gianfranco Fini ha altri pensieri e solitari, gli obblighi di rappresentanza a Montecitorio, gli inviti in barca, le immersioni con la scorta dei pompieri subacquei. Quando poi emerge è pur sempre quello che rimpiange di non aver saputo fare il '68. Il suo giornale, Secolo d'Italia, tra un elogio di Bella ciao e una carezza guevarista ha finito per scantonare e verrà purtroppo chiuso per eccesso d'intelligenza col materialismo dialettico. “Meno male che c'è Alemanno”, suggerisce la coscienza infelice. Ma Lupomanno è già un Veltroni senza denti, inaugura feste romane con la passione tardiva per l'antifascismo bianco. Il suo Bettini, Umberto Croppi, leverebbe l'Ara Pacis per dare respiro alla teca di Meier e sogna le notti futuriste credendosi Marinetti reincarnato a Palestrina. Questa non è destra, è destra sociale: ieri militanti di quella Arancia meccanica che erano le catacombe missine, oggi mandarini elettrizzati dall'ansia di sbagliare.
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