100 di questi Cav.

Sostiene Belpietro

Marianna Rizzini

Era ora che si facesse tesoro dell'esperienza propria (di Silvio Berlusconi) o altrui (di Romano Prodi), dice Maurizio Belpietro, direttore di Panorama, guardando a ritroso i primi tre mesi di governo. “Berlusconi ha capito che gli elettori, come prima cosa, hanno chiesto di essere governati.

    Roma. Era ora che si facesse tesoro dell'esperienza propria (di Silvio Berlusconi) o altrui (di Romano Prodi), dice Maurizio Belpietro, direttore di Panorama, guardando a ritroso i primi tre mesi di governo. “Berlusconi ha capito che gli elettori, come prima cosa, hanno chiesto di essere governati. Negli anni di Prodi il processo decisionale sembrava sempre troppo lungo e troppo complicato, e persino i decreti venivano rimessi in discussione per spegnere i dissidi interni. Ma anche nei primi governi Berlusconi la mediazione continua tra forze della stessa coalizione dava la sensazione di gran traccheggiamento e lentezza decisionale”. Si potrà poi discutere se i provvedimenti del Cav. “rispondono al mandato dell'elettorato”, dice Belpietro, “ma quantomeno ora abbiamo davanti un governo con idee chiare, piena legittimità, mandato preciso e volontà di applicarlo”. E' già qualcosa, “anzi tanto”, dice il direttore di Panorama, “visto che veniamo da quindici anni di decisioni sofferte in campo economico e sulle opere pubbliche”. Le idee chiare, intanto, il governo “le ha dimostrate a Napoli”, risolvendo il problema “monnezza” e “ponendo le basi per interventi che, sulla lunga distanza, metteranno la città al riparo da emergenze simili”, dice Belpietro. Attenzione, però, “a procedere come una locomotiva lanciata a tutta velocità. Si rischia di andare fuori strada o fare come il gambero: un passo avanti e due indietro”. Belpietro allude alla norma blocca processi: “Andava meditata di più”. E “non bisognava fare annunci” prima di aver ben meditato. Sui precari e gli assegni sociali, poi, “si rischia l'autogol”. Altro pericolo, per Belpietro, sono “le fughe in avanti di qualche parlamentare”. Fuggire in avanti significa “fare proposte di cui magari i ministeri competenti non sono neppure al corrente, rischiando gaffe o buchi nel bilancio”. Giulio Tremonti, invece, ha il plauso del direttore di Panorama per aver “blindato la manovra e scongiurato la solita liturgia della discussione sulla finanziaria, in cui alla fine non si sa più chi l'abbia scritta e a quale esigenza risponda”. A Tremonti, però, Belpietro chiede “qualcosa di più” rispetto agli sgravi per gli straordinari e alla social card, “se è vero che, come afferma il ministro, siamo in presenza di una crisi strutturale simile a quella del '29”.

    Anarchia etica e desaparecido. Al direttore di Panorama non dispiace un po' di anarchia etica berlusconiana, nel senso che “le forzature” in questo settore possono risultare peggiori del problema che le ha provocate: “Legiferare sull'onda dell'emergenza – dice Belpietro – sulla base di singoli casi, per esempio Eluana Englaro o Piergiorgio Welby, porta a provvedimenti troppo polizieschi o, al contrario, troppo liberali. Invece questi temi necessitano, per essere affrontati a livello legislativo, di un dibattito pacato e rispettoso di posizioni tra loro molto diverse”. Bisogna invece intervenire in fretta, dice Belpietro, in campo scolastico: “Serve una grande riforma. La scuola che non è in grado di preparare e motivare, ma non bastano annunci episodici. Vorrei che in Italia si aprisse un dibattito sull'istruzione”. Il giudizio di Belpietro è buono, ma con riserva, sulla riforma della Pubblica amministrazione: “Gli annunci di Renato Brunetta hanno prodotto i primi risultati positivi in termini di consenso e di deterrenza all'assenteismo. Ora però passiamo alla sostanza”. E il governo, consiglia il direttore di Panorama, “non si faccia intimidire dalle proteste. La pubblica amministrazione è la spina dorsale dello stato: se non funziona, qualsiasi riforma – che si tratti di costituzione o di federalismo fiscale – si arenerà per i ritardi e l'inadeguatezza delle risposte a livello di funzionari e dirigenti”. Le riforme, in verità, rischiano di arenarsi anche prima, per interruzione del dialogo all'interno del CaW. “Impossibile fare riforme se prima non si autoriforma il centrosinistra” – dice Belpietro – “perché l'opposizione non c'è. Veltroni è un desaparecido della politica, né si capisce se l'ala riformista sia rappresentata da lui o da altri. Il Pd è un oggetto misterioso che a volte insegue gli umori di Antonio Di Pietro e a volte quelli degli ex margheritini”. Epperò Belpietro recupererebbe il Veltroni d'antan, “quello che ha avuto il coraggio di sparigliare e immaginare un percorso diverso”. Quel Veltroni oggi deve “imporsi, sfidare le correnti del suo partito. Finché resta a galleggiare, sperando di sopravvivere, resterà a bagnomaria, per poi cadere vittima di una resa dei conti nel Pd”. Per capire quale direzione prenderà il dialogo con il governo, allora, “bisognerà vedere chi emerge nel Pd: D'Alema o qualcun altro?”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.