Profondo russo
Anche la città georgiana di Zugdidi, dopo Poti e Gori, è stata bombardata dall'aviazione russa. Mosca ha chiesto alle Nazioni Unite di ritirare gli osservatori dall'Abkhazia, l'altra regione separatista, insieme all'Ossezia del sud, che ha il sostegno del Cremlino. Le fregate della marina russa hanno preso posizione nel mar Nero e impediscono l'ingresso dei cargo nei porti georgiani. Il governo dell'Ucraina ha minacciato Mosca di non permettere il rientro delle navi da guerra russe nella base militare di Sebastopoli, in Crimea. L'Azerbaijan ha interrotto il flusso di petrolio diretto in Georgia attreverso l'oleodotto Baku-Supsa. Il ministro degli Esteri francese Kouchner è arrivato a Tbilisi per tentare la mediazione.
Secondo il segretario del Consiglio di sicurezza georgiano, Alexander Lomaia, "ci sono soltanto due alternative per costringere la Russia a fermare l'aggressione: dispiegare un significativo aiuto militare dell'occidente non per combattere, ma come deterrente; oppure avere in Georgia una forta presenza di diplomatici internazionali per qualche giorno". Tbilisi ha chiesto agli alleati dell'occidente aiuto politico ma non militare. Lomaia, rispondendo a una domanda del Foglio, ha detto che in Georgia c'è già "un certo numero di marine americani, di istruttori militari la cui attività non ha nulla a che fare con gli scontri in corso".
Leggi qui un articolo del Foglio del 18 luglio in cui si anticipava l'intervento russo in Georgia.
Roma. Al secondo giorno di combattimenti, la Russia ha mostrato alla Georgia tutta la forza della propria macchina da guerra. Ieri i blindati della 58a armata hanno ripreso definitivamente il controllo di Tskhinvali, capitale dell'Ossezia del sud, la Repubblica de facto dov'è esplosa la nuova guerra d'Europa. L'offensiva non si è fermata in Ossezia: i caccia dell'aviazione hanno distrutto il porto georgiano di Poti, sulle coste del mar Nero; obiettivi civili sono stati centrati a Gori, poco distante dal fronte, dove i morti sarebbero decine. Una trentina di bombe sono cadute lungo la rotta dell'oleodotto Btc, che collega i giacimenti petroliferi del mar Caspio al Mediterraneo turco. Fonti della British Petroleum, che controlla l'impianto, dicono che non ci sono danni. Dieci jet sono stati abbattuti e un pilota è prigioniero. I radar della Crimea hanno tracciato navi della flotta russa che prendono posizione di fronte al nord del paese. Per il presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili, Mosca “ha iniziato un'invasione militare su vasta scala”. Il premier russo, Vladimir Putin, dirige le operazioni dal quartier generale della 58a, a Vladikavkaz, nel cuore del Caucaso. L'ultima volta che è stato da queste parti era per annunciare la liberazione di Grozny dai separatisti ceceni. Saakashvili, dopo aver proclamato lo stato di guerra, ha ordinato all'esercito di lasciare Tskhinvali e di non rispondere al fuoco nemico, siano i russi a sparare o gli indipendentisti osseti. Ma le truppe non hanno abbandonato la regione: si trovano a pochi chilometri dalla capitale dei ribelli e “proteggono i villaggi abitati dalla popolazione georgiana: ritirarsi adesso significa consegnare la nostra gente alla pulizia etnica”, ha detto il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza, Alexander Lomai, nel corso di una teleconferenza a cui ha partecipato anche il Foglio. Secondo fonti ossete, i civili morti nella regione separatista dopo due giorni di battaglia sarebbero duemila; cinquemila profughi – dice l'Onu – sono diretti a nord, verso il confine con la Russia. Mosca riporta l'uccisione di dodici soldati, mentre le vittime georgiane sono già un centinaio.
La guerra è iniziata all'alba di venerdì, quando gli indipendentisti hanno rotto la tregua unilaterale stabilita poche ore prima dal presidente della Georgia. E' stato allora che i blindati di Tbilisi, appostati al fronte da giorni, hanno invaso la regione separatista e preso la sua capitale, Tskhinvali, un fortino a pochi chilometri dalla frontiera russa che i ribelli controllano da quasi quindici anni con l'aiuto di “peacekeeper” giunti da Mosca. Le scaramucce vanno avanti dall'inizio del 2008: l'indipendenza del Kosovo e la marcia della Georgia verso la Nato hanno aperto una frattura tra il Cremlino e l'occidente. Il Caucaso è il nuovo scenario dello scontro. Mosca ha stretto i rapporti con Ossezia del sud e Abkhazia, due Repubbliche de facto (in territorio georgiano) che non hanno mai ottenuto il riconoscimento della comunità internazionale. “Queste regioni – dice Lomai – vengono usate dalla Russia per ostacolare il nostro percorso di avvicinamento all'occidente. I separatisti hanno ricevuto da Mosca sostegno militare e finanziario, si tratta di un gioco politico in cui Vladimir Putin è stato maestro. Il conflitto va inteso come una mossa per contrastare l'occidente”.
Un ultimatum a Tbilisi
Mosca prepara da mesi l'invasione della Georgia, dice al Foglio il viceministro dell'Interno di Tbilisi, Eka Zgulatvi. “In Ossezia del sud i ribelli ricevono armi attraverso il tunnel di Roki, che porta in Russia, controllato dagli stessi peacekeeper che dovrebbero invece disarmare gli indipendentisti”. Un mese fa soltanto, sulle montagne di Mozdok, le forze speciali della 58a e i paracadutisti della divisione Chernigov hanno portato a termine una serie di esercitazioni che Tbilisi ha denunciato come la prova generale di un intervento in Georgia. Poche settimane dopo gli stessi uomini sono entrati in azione a sostegno dei separatisti osseti e dei cittadini russi che vivono nella regiona (circa il 90 per cento del totale). Anche l'Abkhazia è di nuovo teatro di scontri. Venerdì i ribelli hanno avanzato la propria artiglieria, ieri i jet russi hanno bombardato la zona sotto il controllo dell'esercito georgiano: è il prologo – dicono a Tbilisi – per nuove operazioni di terra. “C'è un modo soltanto per descrivere ciò che sta avvenendo: aggressione”, dice Zgulatvi.
Saakashvili ha chiesto ieri di fermare la guerra. Il presidente russo, Dmitry Medvedev, ha risposto che l'esercito russo non si fermerà prima di vedere le truppe georgiane fuori dall'Ossezia del sud. Il capo della Casa Bianca, George W. Bush, ha chiesto “la fine dei bombardamenti russi” e ha sostenuto l'integrità territoriale della Georgia. Medvedev non ha raccolto l'invito americano ad appoggiare gli sforzi della diplomazia durante un colloquio telefonico con Bush. Così, il primo ministro Putin, ha avuto di nuovo la possibilità di parlare come un vecchio agente dei servizi segreti. “Le ambizioni georgiane di entrare nella Nato – ha detto – sono guidate dalla volontà di trascinare altri popoli in un'avventura sanguinosa”. Secondo Putin l'intervento russo in Ossezia del sud, territorio che appartiene formalmente a Tbilisi, è “fondato, legittimo e persino necessario” perché serve a evitare “un genocidio”: Saakashvili deve richiamare immediatamente i suoi uomini dalla regione ribelle. Voci non confermate dal viceministro Zgulatvi dicono che il Cremlino ha messo la Georgia di fronte a un ultimatum: fuori dall'Ossezia entro la mezzanotte oppure i jet russi prenderanno di mira la capitale. I primi edifici a essere colpiti sarebbero il Parlamento, il ministero dell'Interno e la sede della tv di stato. “Abbiamo scorte di cibo e sistemi alternativi per produrre energia elettrica – dice Lomai – ma non possiamo resistere a un'invasione”. Per il momento il governo ha richiamato in patria i duemila uomini del proprio contingente in Iraq. “L'esecutivo – spiega Zgulatvi – ha chiesto l'aiuto politico dell'occidente e non escludo che nelle prossime ore possa chiedere anche quello militare. E' una scelta che spetta al presidente Saakashvili” e sarà lui a decidere. “Abbiamo bisogno di aiuto urgente, veramente urgente”, ha detto in serata il ministro degli Esteri, Eka Tkeshelashvili.
Il futuro di Saakashvili
La Georgia, insieme con l'Ucraina, vuole aderire alla Nato: la possibile road map per il loro ingresso nell'Alleanza atlantica era prevista per la fine dell'anno ma gli ultimi eventi potrebbero cambiare tempi e modi del processo in corso. Allo stesso modo – dice Andrej Reabov del Carnegie center di Mosca – il Cremlino potrebbe avviare le pratiche per riconoscere i governi di Abkhazia e Ossezia del sud. Sui due dossier la Georgia si gioca il proprio futuro di nazione libera e Saakashvili quello di presidente. Nel 2003 ha capeggiato la rivolta delle rose e ha guidato il paese alla svolta filo occidentale, ma l'opposizione in patria è ancora forte. Una sconfitta politica, sommata a quella militare, potrebbe essergli fatale. Ora spera nel pool di mediatori che Stati Uniti, Ue e Osce hanno inviato a Tbilisi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano