McCain-Lieberman, il dream ticket degli indipendenti

Christian Rocca

New York. Il senatore democratico Joe Lieberman ha deciso che il candidato più adatto a guidare gli Stati Uniti non è Hillary Clinton, né Barack Obama, né John Edwards e nessuno dei suoi colleghi di partito. Il suo prescelto è un repubblicano, il settantunenne John McCain.

    Dal Foglio del 18 dicembre 2007

    New York. Il senatore democratico Joe Lieberman ha deciso che il candidato più adatto a guidare gli Stati Uniti non è Hillary Clinton, né Barack Obama, né John Edwards e nessuno dei suoi colleghi di partito. Il suo prescelto è un repubblicano, il settantunenne John McCain. Lieberman non è un senatore qualunque, oggi sarebbe alla Casa Bianca al posto di Dick Cheney se nel 2000 trecento elettori della Florida avessero votato per lui e Al Gore invece che per George W. Bush. Quattro anni dopo, nel 2004, Lieberman si è candidato alla Casa Bianca, ritirandosi alle prime due vittorie di John Kerry. Nel 2006, invece, per il suo sostegno alla guerra contro l'islamo-fascismo, Lieberman è stato battuto alle primarie democratiche del suo stato, il Connecticut, da un candidato pacifista. Lieberman è andato alle elezioni generali da indipendente ed è riuscito a vincere ugualmente il seggio. Al Senato si è iscritto al gruppo democratico, consentendo al suo partito di conquistare la maggioranza dei seggi e la guida della camera alta, ma il suo voto ora è più libero e indipendente che mai, specie sulle questioni di sicurezza nazionale. “Lieberman – ha detto un suo collaboratore – non è d'accordo con McCain su parecchie questioni di politica interna, compreso aborto e leggi antidiscriminazione, ma sulla questione chiave, cioè sulla questione centrale del comandante in capo e del leader nella guerra contro l'estremismo islamico, la pensa esattamente come lui”. Non è la prima volta che McCain e Lieberman lavorano insieme. Ai tempi di Bill Clinton sono stati i primi firmatari della legge, poi firmata dal presidente, che ha fatto diventare “politica ufficiale degli Stati Uniti” il cambio di regime in Iraq. McCain e Lieberman, inoltre, sono stati i due primi sostenitori del “surge” in Iraq, cioè dell'invio di nuove truppe affidate al generale David Petraeus che in queste settimane sta cambiando la dinamica politica e militare a Baghdad.
    Il sostegno di Lieberman è arrivato in un momento felice per McCain, tornato in lizza dopo che quest'estate la sua campagna era sull'orlo del fallimento finanziario e politico. All'inizio dell'anno, McCain era il repubblicano favorito, poi le sue posizioni liberali (e bushiane) sull'immigrazione lo hanno sfiancato di fronte a una base elettorale e a un clima generale nel paese che, soprattutto in Iowa e negli stati del Midwest, ha cominciato a cedere alle sirene protezioniste e isolazioniste. Al contrario di Rudy Giuliani e di Mitt Romney – moderati quanto lui, ma svelti a cavalcare l'ondata anti immigrazione – McCain non ha abbandonato le sue convinzioni e il costo è stato un crollo nei sondaggi. Ora è McCain tornato in gioco perché in Iraq la sua strategia sta cominciando a funzionare, ma anche perché l'eccessiva polarizzazione dello scontro politico sembra poter aprire un varco ai candidati indipendenti e bipartisan come lui e Obama.
    I tre principali giornali dell'Iowa e del New Hampshire hanno deciso che lui “è l'uomo adatto a guidare l'America”, confermando la relazione speciale che il senatore dell'Arizona ha con i mass media. La chiave è il New Hampshire, dove McCain già nel 2000 vinse contro Bush, prima di crollare in South Carolina. Alle primarie del Granite State votano anche gli indipendenti, quasi la metà dell'elettorato, i quali nei prossimi giorni decideranno se partecipare alle primarie democratiche, e votare Obama, oppure se sostenere McCain. L'endorsement del democratico Lieberman è importante proprio per questo, ma anche – se dovesse andare male  – per un'eventuale e comune candidatura da indipendenti alla Casa Bianca.