Ritratti di compagnia/3
Herr Lufthansa e l'Alitalia
Wolfgang Mayrhuber, il 61enne amministratore delegato della Lufthansa, è un signore dai singolari primati. Il primo riguarda la sua fedeltà alla compagnia di bandiera tedesca. Ci è entrato il primo febbraio 1970, a 23 anni, fresco di laurea in ingegneria. Il suo sogno era quello di sedersi dietro a un cockpit.
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Wolfgang Mayrhuber, il 61enne amministratore delegato della Lufthansa, è un signore dai singolari primati. Il primo riguarda la sua fedeltà alla compagnia di bandiera tedesca. Ci è entrato il primo febbraio 1970, a 23 anni, fresco di laurea in ingegneria. Il suo sogno era quello di sedersi dietro a un cockpit. Ma né Austrian Airlines, la linea aerea del suo paese natale, né Swiss Air e nemmeno Lufthansa avevano bisogno di un pilota. I tedeschi gli offrirono di entrare nella divisione ingegneristica. Lui accettò e da allora non ha mai cambiato datore di lavoro. Ne sono intanto passati di anni, per l'esattezza 35 e Mayrhuber al posto di comando ci è infine arrivato, non però alla guida di un aereo, ma dell'intera compagnia. Il posto gliel'ha ceduto il suo predecessore Jürgen Weber nel 2003. Un passaggio del timone che voleva essere il meritato riconoscimento per i servizi resi alla compagnia, in particolare per aver saputo non solo scongiurare all'inizio degli anni Novanta il fallimento della Lufthansa, ma essere riuscito a risanarla da cima a fondo. Weber ci aveva visto giusto in questo austriaco discreto nei modi, ma non per questo meno risoluto nel raggiungere gli obiettivi.
Un esempio su tutti è stato lo sciopero a oltranza che i dipendenti Lufthansa avevano indetto all'inizio di questo agosto, minacciando una paralisi mai vista in Germania. Mayrhuber scrisse una lunga lettera alle maestranze in cui riassumeva la situazione generale del settore. E' vero che i conti della Lufthansa non sono mai stati migliori di quelli del bilancio 2007: un fatturato di 22.420 milioni di euro (+13 per cento rispetto al 2006); un risultato operativo di 1.378 milioni di euro (+63,1 per cento); un dividendo di 1,25 euro (+78,6 per cento). C'è però da contrastare, sottolineava Mayrhuber, un quadro mondiale tutt'altro che roseo: 25 compagnie hanno chiuso i battenti quest'anno; negli Usa si cancellano voli e posti di lavoro; per non parlare, infine, dell'impennata dei prezzi del carburante. Poi si è presentato di persona agli scioperanti comunicando: “Un aumento del 9,8 per cento dello stipendio non lo otterrete mai”. La trattativa si è chiusa dopo tre giorni con un aumento del 7,4 per cento, più la partecipazione agli utili. Il risultato non fa esultare nessuna delle parti, ma è la spia di un altro primato dell'ad.
Mayrhuber è uno dei manager più stimati della Germania. Dai suoi colleghi e dai suoi dipendenti. Alla Lufthansa sanno che è grazie a lui che la compagnia risulta essere una delle più sane al mondo, è grazie a lui che i posti di lavoro sono, per quel che possono essere in tempi di globalizzazione e chiari di luna energetici, abbastanza sicuri. Tengono in gran conto che, nonostante i meriti indubbi acquisiti, non fa parte dei manager “ingordi”: i suoi emolumenti annuali si aggirano attorno ai 2,6 milioni euro. Si ricordano, infine del suo colpo da maestro: l'acquisizione della Swiss Air nel 2005, una compagnia di fatto già per metà nel baratro, che oggi contribuisce alla buona salute di Lufthansa. Forse anche per questo, se bisogna proprio finire nelle mani di qualcuno ora come ora è meglio finire in quelle di Mayrhuber. Lo pensano, non senza qualche mal di pancia, gli austriaci. Il governo ha appena dato il via libera alla totale privatizzazione della compagnia di bandiera di cui detiene il 43 per cento. Pretendenti al trono ce ne sono: Air China, i russi della siberiana S7, la Turkish Airlines. Ma a parte la clausola vincolante che impone di vendere a società non comunitarie una quota di minoranza e basta, è l'“annessione” graduale operata con Swiss Air (con il mantenimento del logo e della sede di riferimento a Zurigo), a far propendere gli austriaci per il fratello Lufthansa.
Pur non sottovalutando la risolutezza di Mayrhuber, i tedeschi amano definirlo un uomo con grande charme. Anche se rifugge i riflettori, il palcoscenico, pur essendo membro di diversi consigli di sorveglianza, tra cui quello della Bmw. Insomma non un Heinrich von Pierer (ex ceo di Siemens) o un Ferdinand Piëch (il suo connazionale che detta legge alla VW). Per qualcuno pratica un po' troppo understatement e da altri è accusato di essere a volte troppo cauto, analitico, facendosi così scappare delle occasioni. I suoi modi sembrano l'opposto di quelli del suo più diretto concorrente, il francese Jean-Cyril Spinetta, numero uno di Air France/Klm.
E' vero che Mayrhuber sembra essere più a suo agio dietro le quinte, non per questo però si lascia scappare le occasioni. Si è già aggiudicato il 30 per cento dell'inglese Bmi, con l'opzione di rilevarne il 50 per cento, il che vorrebbe dire diritti di atterraggio al londinese Heathrow; è di un paio di giorni fa la notizia dell'ingresso di Lufthansa nella piccola Brussels Airlines; infine c'è la malconcia compagnia polacca Lot, la quale necessita di un salvataggio entro l'anno, pena il fallimento. In Germania è invece in fase di approntamento la fusione tra Germanwings (la low cost Lufthansa), TuiFly e Condor, che potrebbe far concorrenza ad Air Berlin.
Poi c'è Alitalia. Se a Roma si parla di un interessamento da parte di Mayrhuber, a domanda diretta dalla Lufthansa torna una risposta laconica. “Il signor Mayrhuber ha fatto già sapere il 14 agosto in un'intervista alla Neue Osnabrücker Zeitung, che il mercato italiano è indubbiamente interessante, ma che Alitalia, con la sua montagna di debiti, non può essere presa in carico da nessuna compagnia previo risanamento. E' necessario rimettere prima i conti a posto, motivo che ha spinto anche l'anno scorso Lufthansa a non presentare un'offerta”. Quello che interessa in questo momento a Mayrhuber dell'Italia è Malpensa e a fine aprile è stata sottoscritta una partnership strategica con Sea: dall'inizio del 2009 saranno posizionati sei nuovi aeromobili operati dalla controllata italiana Air Dolomiti, impiegati su rotte europee. E' vero che anche la Austrian Airlines non verrà via a nulla. La compagnia ha un miliardo di euro di debiti, ma con una flotta piuttosto giovane, un fatturato che l'anno scorso ha toccato i 2,5 miliardi di euro e una fitta rete di collegamenti con l'est Europa, che manca alla compagnia tedesca.
Infine, Aua fa parte della Star Alliance guidata da Lufthansa (e Mayrhuber ha già fatto capire che toglierla costerà caro), mentre Alitalia è parte di Skyteam, che comprende anche Air France/Klm. Anche ai franco-olandesi la Aua coprirebbe una fetta di rotte al momento ancora scoperte, tant'è che, forti della loro posizione di leader mondiali, hanno fatto sapere di essere disposti ad aprire più di Lufthansa i cordoni della borsa, ma il gioco potrebbe essere anche un altro. Per quanto di temperamento diverso i due amministratori potrebbero a un certo punto operare secondo un implicito gentlemen's agreement. Ognuno per portare a casa quello che veramente gli interessa (l'interesse di Air France/Klm per Alitalia è indubbio), senza entrare nelle rispettive sfere di influenza. Come scriveva qualche giorno fa il Tagesspiegel: “Mayrhuber osserva, assieme ai suoi colleghi e da mesi, i potenziali candidati all'acquisto. Aua come Alitalia comporta rischi non da poco. Com'è però nel suo stile non fa trapelare nulla di ciò che pensa. L'unica cosa sicura è che alla fine i conti devono tornare. Rischi imponderabili Mayrhuber non ne ha mai corsi e non ne correrà di questi tempi”. Nel 2010 scadrà il suo mandato e ha già fatto sapere di volersi ritirare. Fino ad allora però, più che al coronamento della sua carriera con un colpo da maestro, Mayrhuber pensa a far di conto: “Tre passeggeri in meno su un aereo, un biglietto che costa cinque euro in meno, un due per cento di aumento dei costi, e finisce nel nulla un utile di miliardi”.
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