Walid Phares ci spiega il bluff siriano

Amy Rosenthal

Nicolas Sarkozy a Damasco vuole portare avanti il progetto di coinvolgimento di Bashar el Assad in un dialogo con l'occidente. Il progetto è incominciato, a metà estate, a Parigi, quando il rais siriano è stato accolto al Club Med dalla comunità internazionale.

    Nicolas Sarkozy a Damasco vuole portare avanti il progetto di coinvolgimento di Bashar el Assad in un dialogo con l'occidente. Il progetto è incominciato, a metà estate, a Parigi, quando il rais siriano è stato accolto – e in parte legittimato – al Club Med dalla comunità internazionale. Ora continua con il dialogo indiretto tra la Siria e Israele patrocinato dalla Francia, dalla Turchia e dal Quasar, ma il presidente francese non ha ottenuto risultati concreti. Anzi, lo scetticismo intorno a questa strategia – volta a isolare l'Iran – cresce, come spiega al Foglio Walid Phares, commentatore di origine libanese ora ricercatore alla Foudation for the Defence of Democracies e autore di bestseller sul jihad: “Non mi stupisce tanto che Sarkozy non abbia insistito su temi cruciali come il tribunale per l'assassinio di Hariri, quanto piuttosto creda davvero di poter rompere l'asse tra la Siria e l'Iran. Sono deluso perché la Francia ha lavorato tantissimo per ottenere dall'Onu la risoluzione 1.559 che richiedeva il disarmo di Hezbollah, e ora invece commette questo enorme errore”.

    Assad è uscito rinvigorito, “sia il Partito di Dio sia Teheran vivono come una vittoria” lo sdoganamento del rais siriano. Eppure anche Israele apre ai negoziati con la Siria, la strategia non è soltanto francese. Phares strabuzza gli occhi, “davvero c'è qualcuno che pensa che ci siano dei negoziati tra Siria e Israele?”, chiede, e poi continua: “Se ci fossero trattative in corso, Damasco tanto per cominciare avrebbe dovuto chiudere il suo confine e interrompere il flusso di armi a Hezbollah. Se ci fossero trattative in corso, Damasco avrebbe chiuso il quartier generale di Hamas che ospita tranquillamente sul suo territorio. La Siria farà mai qualcosa del genere? Improbabile. Tutte queste pseudoaperture sono una gran perdita di tempo”. O, peggio ancora, sono un motivo di giubilo per l'asse irano-siriano e i suoi adepti a Gaza e in Libano.

    Basta guardare che cosa è successo con lo scambio di prigionieri tra Hezbollah e Israele. “E' sempre bene che i corpi o i prigionieri siano restituiti – dice Phares – Ma non è questo il punto. Il punto è che non c'è stato uno scambio tra governi legittimamente eletti, bensì tra un governo e un gruppo terroristico. Così Hezbollah ha guadagnato un riconoscimento e una legittimazione. L'unica domanda veramente importante però è un'altra ancora: che cosa c'è dietro al timing scelto da Israele per accettare lo scambio con Hezbollah?”. Il cambiamento al vertice della Casa Bianca spaventa Phares, che ha seguito con attenzione soprattutto Baraci Obama, i suoi balletti sulla questione israelo-palestinese e il viaggio in medio oriente con cui inaugurò il suo tour globale sempre a metà estate: “Il suo atteggiamento pre 11 settembre finirà per influenzare in modo definitivo la guerra al terrore”.