Un altro rapimento nel triangolo maledetto tra Egitto, Sudan e Libia

Fausto Biloslavo

Sono stati rapiti undici turisti in uno degli angoli più sperduti e pericolosi dell'Egitto. Erano partiti da Assuan, nel sud del paese, e tra di loro c'erano cinque italiani – cinque turisti torinesi, Giovanna Quaglia, Lorella Paganelli, Mirella De Giuli, Michele Parrera, Walter Barotto –, cinque tedeschi e una donna rumena.

    Sono stati rapiti undici turisti in uno degli angoli più sperduti e pericolosi dell'Egitto. Erano partiti da Assuan, nel sud del paese, e tra di loro c'erano cinque italiani – cinque turisti torinesi, Giovanna Quaglia, Lorella Paganelli, Mirella De Giuli, Michele Parrera, Walter Barotto –, cinque tedeschi e una donna rumena. Forse c'erano anche alcuni egiziani, ma per tutta la giornata le notizie sono trapelate in modo così scomposto che non è stato confermato neppure il numero esatto dei rapiti. Secondo l'emittente araba al Jazeera gli ostaggi sarebbero stati liberati, dopo essere finiti nella mani di una banda di predoni venerdì (e anche gli ultimi contatti con una turista italiana risalgono appunto al 19 settembre).

    La Farnesina ha invece adottato la linea della cautela, ribadita dal ministro Franco Frattini in visita negli Stati Uniti, mentre il tabloid tedesco Bild ha rilanciato senza troppe esitazioni il lieto fine del rapimento. La cautela della Farnesina è più che giustificata: il deserto e le scene di un film famoso (Il paziente inglese) hanno attratto il gruppo nel triangolo maledetto fra Libia, Sudan ed Egitto. Ma qui ci sono molti banditi, e i terroristi islamici. L'altopiano con incisioni rupestri dei tempi preistorici è incastrato fra il confine libico e quello sudanese. La banda dei sequestratori, secondo le ricostruzioni, era composta da una quindicina di uomini armati a bordo di fuoristrada. Al Jazeera ha rivelato che dall'inizio dell'anno si sono verificati “altri due rapimenti di questo genere a ovest di Assuan, ma non era trapelata alcuna notizia”. Il primo sequestro risale a gennaio e il secondo a due sole settimane fa. Si era risolto tutto pagando un riscatto. Il silenzio serviva a non interrompere il flusso di turisti desiderosi di avventura.

    Ma i predoni alzano la posta. La Farnesina, che ha chiesto riservatezza ai media, teme che altri gruppi più pericolosi possano mettere le mani sugli ostaggi. Secondo le prime indiscrezioni i sequestratori hanno chiesto dagli otto ai quindici milioni di dollari per liberare. Il ministro del Turismo egiziano, Zoheir Garana, ha dichiarato ieri che “i rapitori stanno trattando con la moglie del proprietario dell'agenzia Aegyptus”, il tour operator locale che ha organizzato il viaggio. Al Jazeera e fonti di stampa tedesche annunciavano in serata che i turisti erano già sulla strada del ritorno verso Assuan. Le prime notizie, però, parlavano di un loro trasferimento nel vicinissimo Sudan. Nel nord del paese l'intelligence occidentale sospetta che ci siano ancora campi di addestramento per i terroristi islamici legati ad al Qaida.

    Il numero due della rete del terrore, Ayman al Zawahiri, ha inneggiato recentemente al jihad in Sudan contro i caschi blu che dovrebbero mettere fine alla tragedia del Darfur. Nella zona di Assuan, da dove sono partiti i turisti rapiti, ci sarebbero ancora cellule in sonno del Jihad islamico egiziano fondato da al Zawahiri. Una settimana fa il governo ebraico aveva lanciato un allarme per possibili rapimenti di turisti israeliani in Egitto. A Khartoum operano i palestinesi di Hamas, che raccolgono fondi per la causa. Anche il lato libico dell'altopiano visitato dai turisti è pericoloso: non è lontano dal confine del Chad, dove transitano bande fondamentaliste sorte dalle ceneri dal Gruppo islamico combattente libico a suo tempo finanziato da Osama bin Laden. Più a ovest la nuova al Qaida del Maghreb ha già rapito turisti. Non a caso gli americani hanno reso operativo dallo scorso anno un comando antiterrorismo per l'Africa.