Oggi la decisione
Così l'Europa che vuole cancellare i dazi sull'hi-tech intanto se li tiene stretti
L'Unione europea vuole cancellare i dazi sui prodotti tecnologici, ma intanto se li tiene stretti. All'accusa di aver violato le norme Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio), Bruxelles risponde con la richiesta di rinegoziare l'accordo sui beni tecnologici, che impone di azzerare le tariffe sui prodotti hi-tech.
L'Unione europea vuole cancellare i dazi sui prodotti tecnologici, ma intanto se li tiene stretti. All'accusa di aver violato le norme Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio), Bruxelles risponde con la richiesta di rinegoziare l'accordo sui beni tecnologici, che impone di azzerare le tariffe sui prodotti hi-tech. Il 28 maggio scorso, il rappresentante Usa per il commercio, Susan Schwab, aveva inoltrato alla World Trade Organization un reclamo contro le tariffe europee – che vanno dal 6 al 14 per cento – su tre categorie di prodotti: i monitor a schermo piatto, le stampanti multifunzione e i ricevitori digitali per la tv. Nessuno di questi oggetti esisteva quando, nel 1996, venne firmato l'Information technology agreement (Ita), che coinvolge oggi 71 paesi tra i quali si consuma più del 97 per cento del commercio mondiale di prodotti hi-tech.
Alla protesta americana si erano presto uniti due altri grandi paesi esportatori di tecnologia, Giappone e Taiwan. Secondo i legali statunitensi, la politica europea viola “la lettera e lo spirito” dell'Ita. La tesi difensiva dell'Ue è invece che i prodotti su cui c'è disaccordo non erano menzionati nel testo originario del trattato, che dunque non rileva. Il Commissario europeo al commercio, Peter Mandelson, sottolinea come il progresso tecnologico abbia reso inadeguato l'accordo, che richiede semmai di essere rivisto; da Washington, rispondono che “siamo naturalmente aperti a qualunque idea per risolvere la disputa, ma se la Commissione europea ha davvero interesse a creare un ambiente a zero dazi per i prodotti hi-tech, non è chiaro perché continui ad applicare dazi ai prodotti che sono oggetto dello scontro. Rimuovere i dazi da prodotti che sono già coperti dall'accordo non richiede una nuova negoziazione”.
La proposta dell'Ue consiste, in pratica, nell'aggiornamento della lista dei prodotti esentati dai dazi, che viene ritenuta ormai superata. Per quanto tutte le parti riconoscano questa esigenza, gli americani fanno notare che i due problemi non vanno mischiati. Senza entrare nel merito del progetto europeo, un portavoce del dipartimento del Commercio ha detto che esso “è una questione separata e non risolve le nostre preoccupazioni sul mantenimento dell'esenzione dai dazi dei prodotti che già rientrano negli impegni esistenti”. Dietro il braccio di ferro c'è, ovviamente, la pressione lobbistica delle imprese del settore su entrambe le sponde dell'Atlantico.
I prodotti interessati dall'accordo Ita hanno un valore complessivo di circa 1500 miliardi di dollari all'anno, pari a un quinto del totale dei beni scambiati internazionalmente. Nel 1996, il trattato valeva 600 miliardi di dollari. Gli esportatori americani, giapponesi e di Taiwan lamentano la perdita di competitività sul mercato europeo, a causa dello svantaggio creato dalle tariffe. E i consumatori stanno con loro. Dice al Foglio Paolo De Andreis,
direttore del quotidiano online Punto Informatico: “Alcuni dei prodotti tecnologici di punta costano in Europa molto più che altrove. La mancata applicazione delle regole internazionali ha l'effetto di foraggiare una filiera della distribuzione, prima ancora della produzione, a spese dei consumatori, riducendo così la circolazione di merci tecnologiche. Inoltre si traduce in una riduzione delle opportunità di sviluppo della società dell'informazione in Europa”.
Secondo le regole Wto, la parte accusata ha diritto a respingere una prima diffida, come ha fatto Bruxelles all'inizio di questo mese. La parte lesa ha però reiterato l'accusa: nella riunione di oggi del Dispute Settlement Body (l'organismo della Wto deputato a pronunciarsi sulle presunte violazioni degli accordi) dovrà quindi nominare un tavolo di discussione per trovare una convergenza tra i litiganti. Da qui il tentativo europeo di rilanciare, proponendo la modernizzazione dei termini dell'accordo, per inglobare l'innovazione. La stessa industria europea è, però, consapevole dei guasti della guerriglia commerciale: pur giudicando positivamente l'idea della Commissione, il direttore generale della European information, communications, and consumer electronics technology industry, Mark MacGann, ha espresso “assoluto disaccordo” con la politica dei dazi. La sua controparte americana, John Neuffer, vicepresidente dell'Information technology industry council, la fa più spiccia: la controproposta della Commissione è “uno sforzo per distrarre l'attenzione dal fallimento europeo nel mettere in pratica l'accordo esistente”.
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