I laicisti trionfano
Mi permetto di inserirmi, spero non troppo maldestramente, nel dibattito sulle dichiarazioni di fine vita e sul testamento biologico di questi giorni. Lo faccio dopo aver percepito il malumore che serpeggia nel mondo pro life, non solo nella base, ma anche in molti dei vertici.
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Mi permetto di inserirmi, spero non troppo maldestramente, nel dibattito sulle dichiarazioni di fine vita e sul testamento biologico di questi giorni. Lo faccio dopo aver percepito il malumore che serpeggia nel mondo pro life, non solo nella base, ma anche in molti dei vertici. “E' assurdo”, “stiamo sbagliando tutto”, così mi hanno detto in confidenza persone che hanno dedicato – e dedicano – la propria vita alla difesa del diritto naturale e agli studi di bioetica, e che ora non hanno troppa voglia di schierarsi apertamente. Tutto è nato prima con le aperture di monsignor Rino Fisichella, poi con le dichiarazioni del cardinale Angelo Bagnasco, il quale fra l'altro ha auspicato l'approvazione da parte del Parlamento di “una legge sul fine vita che – questa l'attesa – riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell'ammalato e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche – di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza”.
Lo sfondo di questa dichiarazione, assolutamente nuova e inaudita rispetto al passato, è il caso Englaro, ma certamente, molto di più, lo scenario politico. Se ben comprendo alcune dinamiche, mi sembra che, ignorando prese di posizione in senso contrario, ad esempio da parte di personalità come Adriano Pessina e dei medici di “Medicina e persona”, si ipotizza che la congiuntura politica sia tale da permettere di ottenere un successo, una legge cattolica, o meglio, una legge rispettosa del diritto naturale. Il mio ottimismo, in verità, è assai più moderato: preferisco resistere, in trincea, tenendo alti i principi, le posizioni, che gettare il pallino nell'agone parlamentare, da cui poi non si può mai tornare indietro: possiamo prevedere cosa succederà?
Veramente crediamo che nel centro destra, dove non mancano certo i fautori dell'aborto, dell'eutanasia, dei DiDoRe, possa emergere una legge che tiene conto integralmente della sacralità della vita? A ben vedere certi errori del passato non andrebbero ripetuti. I cattolici sono entrati in parlamento, sulla fecondazione artificiale, proponendo subito non la posizione più logica per i sostenitori del diritto naturale, ma ciò che ritenevano un male minore, e sono usciti dopo che la legge 40, già insoddisfacente, aveva subito ulteriori peggioramenti (come l'accesso alle coppie non sposate). Poi l'iniziativa di un ministro, Livia Turco, ha stravolto ancora di più la parte “buona” della legge, e oggi ci troviamo con una legge svuotata di valore e cogenza.
Starei attento a dare il via libera al centro destra, o a chi per lui, su un tema così delicato. Quali alleanze trasversali si formeranno? Chiederemo a Berlusconi, una volta delineatosi all'orizzonte il pasticcio, di mettersi di traverso per bloccare tutto? Avremo la forza mediatica per resistere alle corazzate pro eutanasia e testamento biologico? Ho tanta paura che lo spingere la palla nel territorio minato, per poi metterci a rincorrerla, non sia, tatticamente, una mossa giusta. Avete voluto che il tema si affrontasse, ci diranno? Ebbene dovete ora stare al gioco degli emendamenti, delle sfumature, delle convergenze… come se i principi fossero negoziabili! Penso che i radicali non aspettino altro: che qualcuno li rimetta in campo, che una legge che il centro destra non ha nel suo programma, venga proposta dalla chiesa e dal centro destra stesso.
Dopo queste notazioni politiche, mi sembra di poter concordare con un ottimo filosofo del diritto come Mario Palmaro, quando scrive che concedere valore legale a dichiarazioni anticipate significa affermare che “l'atto medico non è più legittimato dal ‘bene del paziente', ma dalla ‘volontà del paziente'”: di qui al progressivo scivolamento nella assolutizzazione del giudizio soggettivo, il passo è breve. Anche perché, quando vi è una legge, quando un tema indisponibile, non negoziabile, è stato negoziato, nulla impedirà che la negoziazione proceda. Sarà allora difficile tornare indietro. Ma esiste un vuoto normativo, obietterà qualcuno e allora è meglio correre ai ripari. Dov'è questo vuoto, se non nella testa di chi vuole l'eutanasia? L'articolo 575 del codice penale punisce chiunque cagiona la morte di un uomo; l'articolo 579 sanziona l'omicidio del consenziente; l'articolo 580 punisce severamente chi “determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione”.
Chi parla di vuoto legislativo lo fa dunque appositamente per scalzare questi principi chiari e inequivocabili. Mi chiedo quale valore possiamo dare a “dichiarazioni inequivocabili” di persone che devono prevedere il loro futuro, e quindi decidere oggi per domani? Mi chiedo cosa significa che al medico “è riconosciuto il compito di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza”? Concludo citando quanto affermato dal Comitato Verità e Vita: “Non si evita l'accanimento terapeutico con il testamento biologico: al contrario questo strumento rende il concetto di accanimento terapeutico del tutto soggettivo, slegato dalla condizione di malato terminale e permetterà ad altri di decidere se quel malato è sottoposto a quello che essi ritengono essere accanimento terapeutico. Inoltre, le sentenze che legittimano l'uccisione di innocenti come Eluana Englaro necessitano di una sola risposta dal Parlamento: è vietato uccidere, sia il paziente incosciente, sia il paziente consapevole. Riconoscere infine valore alle dichiarazioni anticipate di trattamento che impongono la cessazione di cure non ridurrà affatto l'accanimento terapeutico, ma renderà lecito quello che fino a questo momento è illecito, l'omicidio del consenziente”.
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