Le molte scemenze scritte su Bush e la vera storia
Gli occhi sono tutti puntati su John McCain e Barack Obama, due bei tipi americani impegnati in performance elettorali piuttosto eccitanti, due candidati che variamente promettono e si muovono a loro agio in un'America che, per loro stessa ammissione, è stata protetta e resa più sicura a sette anni dall'11 settembre 2001.
Gli occhi sono tutti puntati su John McCain e Barack Obama, due bei tipi americani impegnati in performance elettorali piuttosto eccitanti, due candidati che variamente promettono (non si sa bene che cosa, non si sa bene se manterranno la parola) e si muovono a loro agio in un'America che, per loro stessa ammissione, è stata protetta e resa più sicura a sette anni dall'11 settembre 2001. Safer, più sicura: così ha detto Obama a Oxford, nel Mississippi, a chiusura del primo dibattito con McCain. Chi ha protetto e reso più sicura l'America è George W. Bush, il presidente che ha vinto due guerre di stretta necessità politica cacciando i Talebani e Bin Laden dal potere a Kabul, e Saddam Hussein da Baghdad, nel cuore malato del medio oriente. Si può discutere sullo stato di avanzamento dei lavori in Afghanistan, con la complicata caccia a Bin Laden oltre i confini pakistani, nei territori tribali del Waziristan, in pieno corso; e la resistenza e riorganizzazione talebana che mette a dura prova le scarse ma temprate truppe della Nato.
Sta di fatto, e sarebbe difficile negarlo, che da sette anni l'occidente in Afghanistan è all'offensiva, tiene una posizione di vantaggio fra mille contraddizioni ed errori, persistendo un rilevante e diffuso fenomeno di banditismo a sfondo etnico-teologico. Tra quelle montagne da sette anni a questa parte si parla anche di elezioni, donne a scuola e con il diritto a non girare in burqa, insomma non si lapidano le adultere negli stadi, si può ascoltare musica, non si abbattono più statue millenarie come i Buddha di Bamiyan, c'è un presidente eletto, gli allevamenti di terroristi pronti a ricevere le brigate internazionali di Dio da mezzo mondo islamico sono stati smantellati eccetera.
Anche in Iraq è in corso una controffensiva occidentale di lungo periodo da cinque anni, da quando fu abbattuto il regime ultratrentennale di Saddam Hussein.
E non sto qui a dire dei successi politici e militari del surge, la riscossa decisa dal presidente americano nel gennaio del 2007 e comandata dal generale David H. Petraeus e dal suo vice Ray Odierno (nella foto), che oggi lo ha sostituito sul campo. Portare dalla propria parte i capi tribali sunniti, guidare insieme con loro una rivolta efficace e annientatrice contro i foreign fighters, cioè i terroristi di Al Qaida, e liberare così il triangolo infernale Baghdad-Ramadi-Falluja che aveva ingoiato migliaia di vittime militari e civili nei tre anni precedenti, non sembra impresa minore. Fermare la violenza interislamica e smantellare l'esercito di Moqtada Al Sadr, mettere in scacco le ambiziose manovre dell'Iran, promuovere il messaggio antiradicale di un clero sciita moderato e laico, che orienta una grande comunità religiosa, maggioritaria nel paese e oggi decisiva in un governo di coalizione eletto: anche questa non sembra impresa di tutti i giorni, in un tempo di rivoluzioni islamiche e guerre di civiltà dispiegate.
La battaglia è ancora in corso, naturalmente, e il futuro nelle mani degli dei e della fortuna, ma che l'amministrazione americana sia riuscita a guidare l'occidente diviso, ipocrita e vile in una controffensiva politica, militare e civile contro la sfida terroristica culminata l'11 settembre non sembra possibile revocarlo in dubbio. Dei due grandi amici-nemici di Bush in occidente, moralisti e pacifisti, Chirac è un pensionato di lusso in casa Hariri, Schroeder un ricco impiegato di alto rango di Putin e della sua industria del petrolio. Sarkozy e la Merkel sono buoni amici dell'America di Bush.
Essendo questa la verità dei fatti, i cronisti e commentatori più conformisti, da Garton Ash a Zucconi come esempi illustri, le portano una sfida quotidiana. E nascondono al pubblico, dicendo scemenze di tono inutilmente maramaldesco su Bush e su Dick Cheney, colpiti da una irrilevante ostilità dei sondaggi di cui non si curano, il particolare più straordinario e politicamente, storicamente interessante di questa presidenza imperiale che ha portato la legge e il meccanismo della libertà nel cuore dell'oscurantismo islamista: questa controffensiva generale, come dimostrano numerosi libri usciti in queste settimane negli Stati Uniti, Bush e Cheney l'hanno guidata avendo contro, nell'ordine: la Cia, il Dipartimento di Stato, l'apparato legale dell'Attorney General o ministro di Giustizia, i generali del Pentagono, l'Fbi, la maggioranza stressata del Partito repubblicano, e Bush padre con i suoi consiglieri. Questa è la formidabile storia da raccontare, altro che storie.
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