Occhiaie di riguardo
Base di riposo
Il sindaco di Vicenza, Achille Variati (Pd) ha una strana concezione della democrazia. Conoscete l'ormai annosa vicenda del Dal Molin di Vicenza – impegno sottoscritto dal governo Berlusconi 1, dal governo Berlusconi 2, e dal governo Prodi, progetto che non piace a una parte della popolazione, preoccupazioni ambientali, ostilità politiche.
Il sindaco di Vicenza, Achille Variati (Pd) ha una strana concezione della democrazia. Conoscete l'ormai annosa vicenda del Dal Molin di Vicenza – impegno sottoscritto dal governo Berlusconi 1, dal governo Berlusconi 2, e dal governo Prodi, progetto che non piace a una parte della popolazione, preoccupazioni ambientali, ostilità politiche. Alle perplessità di chi è preoccupato delle falde acquifere, e del traffico, si aggiunge poi l'antimperialismo dei no global e l'attivismo di un'area simile a quella di tanti altri conflitti locali: dall'Alta velocità ai rigassificatori. Dunque, da una parte le istituzioni titolari delle scelte di politica internazionale, dall'altra uno schieramento di cittadini che comprende oppositori che potremmo chiamare “sindacali”, comunisti, cattolici di base, cittadini qualunque legittimamente convinti che nulla possa passare sopra la volontà di una comunità locale. Opposizione forte e vivace, ma tutto sommato pacifica oltre che legittima. Il movimento non ha risparmiato l'amministrazione di centrodestra (favorevole alla base) e Vicenza ha consegnato la vittoria alle ultime elezioni del candidato di centrosinistra.
Cosa ti aspetti ora? Che la politica faccia il suo mestiere: sanare contraddizioni, mediare tra esigenze diverse, comporre principi e realismo, avvicinare cittadini e istituzioni. Ti aspetti una vigilanza rigorosa sul contenimento dell'impatto ambientale, l'esercizio di un potere contrattuale sul risarcimento alla città e una paziente opera di suasione che non sia rassegnazione ai fatti compiuti ma presa d'atto degli impegni già promossi da istituzioni rappresentative, e dunque rappresentative della maggioranza dei cittadini italiani. Tutt'altro: il sindaco indice un referendum con un quesito simile a una pubblicità ingannevole: vuoi tu che il tuo comune compri l'area demaniale su cui vorrebbero costruire la base? Il Consiglio di stato boccia la consultazione, ma sarebbe bastato il buon senso: per una compravendita ci vogliono compratore ma anche venditore, e il demanio ha già ceduto l'area agli americani.
E il sindaco che fa? Referendum fai da te, con gazebo davanti a ogni seggio proibito e il crisma di liste elettorali e scrutatori militanti. Domenica scorsa vanno a votare in 24 mila. Tanti. Ma non abbastanza perché gli aventi diritto sono oltre 80 mila: dunque meno di un vicentino su tre. E il sindaco canta vittoria: grande prova di democrazia. Hanno ragione, piuttosto, a cantare vittoria i comitati, e l'ala radicale della protesta. Perché è stata una chiamata a raccolta, quieta e civile, di un'opposizione robusta e in rotta di collisione con le istituzioni. Tanto che gli oratori, comunicando i risultati, sottolineano che è quella la Vicenza attiva, responsabile, cosciente: ragionamento legittimo per chi è interessato alla lotta, più che ai suoi risultati concreti, e per chi vuole approfondire il solco tra cittadini e istituzioni e non accetta la legge non sempre confortevole della maggioranza. Il sindaco Variati che fa? Si allinea, invece di lavorare a far sì che la maggioranza tenga conto anche della minoranza, e sostiene che se il referendum non fosse stato bocciato molti più sarebbero andati a votare, calandosi così in un ruolo da Masaniello, non di sindaco di tutti i cittadini.
Avrebbe avuto ragione in un solo caso: se fossero andati a votare il 51 per cento degli aventi diritto e se ne fosse fatto campione, senza trascurare il 49 per cento, il resto dei suoi amministrati. Forse è prigioniero di un dato: la percentuale di votanti è identica a quella che gli ha fatto vincere le elezioni. Ciò che rende molto politica e di principio la protesta e lascia al sindaco una opzione: agitare davanti agli americani lo spauracchio di un clima ostile. Molti dei vicentini che hanno votato, allevati in un clima ingenuo che rasenta spesso l'irresponsabilità, sperano che gli americani soprassiedano e magari Obama dia un taglio al progetto.
Non gli resta altro, dopo la prova civile del referendum fai da te e inutile cui il sindaco li ha convocati, che accodarsi all'unica prospettiva che resta oltre ai ricorsi al Tar: scudi umani davanti alle ruspe, posti di blocco, clima da G8 permanente. Hanno ragione i duri a essere contenti del referendum proposto e bocciato e fatto in casa: genererà sfiducia nelle vie democratiche, inasprirà gli animi. Hanno avuto fortuna: non fosse stato bocciato dal consiglio di stato, fosse stato legale, si sarebbe arreso ben al di sotto della soglia del quorum che modestamente si era prefissato, il 35 per cento. Ottimo lavoro, Achille Variati, sindaco capopopolo, di una sola parte del suo popolo. Troppo facile scherzare sul suo nome e sul suo cognome. Vien solo da dire che, visti da Vicenza, gli allarmi sulla democrazia italiana hanno tutt'altro sapore.
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