Il brindisi con gli amici di una vita, il baciamano degli studenti
Il congedo forte del pensiero debole
“Allora, Gianni, continuerai a spararle le tue cazzate?”. Era mezzogiorno di oggi quando il professor Gianni Vattimo, appena uscito dall'aula magna dell'Università di Torino dopo aver tenuto l'ultima, applauditissima, lectio magistralis della sua carriera, ha dovuto affrontare l'arruffato quesito postogli da un incauto professorino.
“Allora, Gianni, continuerai a spararle le tue cazzate?”. Era mezzogiorno di oggi quando il professor Gianni Vattimo, appena uscito dall'aula magna dell'Università di Torino dopo aver tenuto l'ultima, applauditissima, lectio magistralis della sua carriera, ha dovuto affrontare l'arruffato quesito postogli da un incauto professorino. Che dire? Il pensiero debole, si sa, non accetta provocazioni. E tra filosofi, Vattimo lo aveva appena ribadito all'adorante e sabauda platea, le interpretazioni non sono mai pacifiche. Chissà, magari il giovane intellettuale intendeva riferirsi alla mirabolante capacità del Maestro di costruire ardite acrobazie ermeneutiche. Oppure, il dubbio è sempre di casa tra i filosofi, il losco figuro si riferiva alle suggestioni vattiniane inerenti la necessità di un “indebolimento delle strutture perentorie”, come dire smettiamola con il concetto di autorità. C'è da capirlo, Vattimo.
Ad aspettarlo col calice in mano c'erano tutti i suoi amici, i colleghi, il Rettore, gli ex allievi e gli ex degli ex giù giù fino agli anni Settanta, ché festeggiare il congedo dopo 44 anni di insegnamento universitario non capita tutti i giorni. E allora, benché La Stampa sintetizzasse la sua ultima lezione con il titolo “Finché c'è conflitto c'è speranza”, Gianni Vattimo, da persona garbata qual è, non se l'è sentita di scendere nell'agone polemico con il docentucolo e si è limitato ad abbozzare: “Sì, sì continuerò a spararle. Mi ritraggo solo un po'…”. Chapeau.
Sembrano lontani i tempi in cui il Maestro si accapigliava in tv con Aldo Busi che lo bollava come “checca cattolica” laddove l'insulto bruciante, per il filosofo, era naturalmente quello di “cattolico”. Anzi, dal punto di vista del discorso religioso, proprio ieri il settantatreenne pensatore torinese, parlando del “mito cristiano” ha detto: “L'unica filosofia cristiana rimasta sul mercato è proprio il pensiero debole. Dovrebbero farmi Papa”. Ed ecco, fuori dall'aula, pattuglie di fans a fare il gesto di baciargli l'anello. Il fatto è che, parola sua, questo non è stato un vero congedo. “Spero che l'Università voglia ancora utilizzarmi per qualche seminario o laboratorio” ha dichiarato a margine dell'evento organizzato in suo onore.
“C'è ancora un sacco di lavoro, non solo teorico da fare. Io, per quel che mi riguarda, starò sempre dalla parte dei più deboli: il vecchio proletariato marxiano. Gente autentica, libera di vedere il mondo fuori dalle ideologie, ansiosa di costruire la storia”. Il male del mondo, per Vattimo, resta l'"omologazione imperialista”, il capitalismo globalizzato (“la cui essenza è puramente predatoria”) che si serve della “retorica del dialogo”. “Ormai – spiega - dialogo è una parola impronunciabile: è una maschera dietro la quale si cela il dominio di classi, gruppi, individui. Del resto, ormai, anche Tremonti è diventato un no-global come me. O no?”. Poi resta solo il tempo di un brindisi. Vattimo sembra cercare qualcuno con lo sguardo. E il professorino, che fine ha fatto il professorino?


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
