Il premio assegnato a un'opera prima come per lo Strega italiano
Di come un giovane esordiente scrive 'La tigre bianca' e vince il Booker prize
“La settimana prossima il primo ministro Jiabao verrà a Bangalore”. Inizia così, con l'annuncio dell'arrivo in India dell'attuale premier cinese, il romanzo dell'indiano Aravind Adiga, La tigre bianca. Vincitore del 40° Booker Prize 2008 – il massimo riconoscimento letterario aperto agli autori di lingua inglese dei paesi membri di Commonwealth, Stati Uniti e Irlanda – è il surreale racconto scritto da un enfant prodige.
“La settimana prossima il primo ministro Jiabao verrà a Bangalore”. Inizia così, con l'annuncio dell'arrivo in India dell'attuale premier cinese, il romanzo dell'indiano Aravind Adiga, La tigre bianca. Vincitore del 40° Booker Prize 2008 – il massimo riconoscimento letterario aperto agli autori di lingua inglese dei paesi membri di Commonwealth, Stati Uniti e Irlanda – è il surreale racconto scritto da un enfant prodige.
A soli 34 anni, Adiga è il più giovane narratore a essersi aggiudicato quello che è considerato il premio letterario più importante del mondo. E per di più con un'opera prima, proprio come è capitato allo Strega de La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano.
Al di là del Booker Prize, il libro va letto perché nell'assurdità della storia ci sono tutti i paradossi dell'Asia. Balram Halwai, soprannominato La tigre bianca, oggi è un imprenditore autodidatta di successo che vive a Bangalore, principale polo dell'industria terziaria e tecnologica indiana e per questo ribattezzata ‘la Silicon Valley asiatica'. La sua vita viene scombussolata quando su All India Radio l'annunciatrice dice che “la settimana prossima il primo ministro Jiabao verrà a Bangalore”. Balram inizia così a scrivere una surreale lettera indirizzata a: “Sua Eccellenza Wen Jiabao, Ufficio del Primo Ministro, Pechino, Capitale della Cina, Nazione Amante della Libertà”. Balram impiega sette notti per scrivere la lettera, che diventa il pretesto per raccontare la sua storia e quella del suo paese. Balram (Halwai è il nome della casta, quella dei pasticceri, si scopre a pagine 43) nasce in quella zona dell'India che lui stesso chiama Tenebre. “Parlo di Madre Gange – spiega il protagonista nella lettera destinata a Jiabao – il fiume che ha il potere di interrompere la catena delle nascite e rinascite. Ovunque scorra questo fiume, lì sono le Tenebre”. Balram cresce in questo villaggio, iniziando la scuola che però non finisce perché la famiglia deve pagare la dote per il matrimonio di una sua cugina. Ed è a scuola che il suo maestro lo ribattezza ‘tigre bianca', perché la sua intelligenza è rara come il più raro degli animali della giungla.
Ma il destino per Balram ha in mente altri piani, che lo portano direttamente a Nuova Delhi, dove diventa l'autista di Mr Ashok e di sua moglie, Pinky Madame. E' lì che conosce molte più cose di quante ne avrebbe mai imparate a scuola. Ed è lì che avviene l'episodio che gli cambierà la vita: lui, servo, uccide il suo padrone.
Costretto alla fuga si rifugerà a Bangalore per iniziare una nuova esistenza. E non è un caso che nel cuore della nuova India, quella moderna dove si lavora nei grattacieli arrivando in Suv, Balram si trasformi da servo a padrone, prima di sé stesso e poi degli altri, i dipendenti della sua azienda.
A rendere originale questa storia esemplare, quella della scalata sociale ed economica delle caste inferiori, è l'essere raccontata sotto forma di lettera. “Quando avrà sentito la storia di come sono arrivato a Bangalore e sono diventato uno degli uomini d'affari di maggior successo della città – scrive Balram a Jiabao – saprà tutto quel che c'è da sapere di come l'imprenditoria nasce, viene coltivata e giunge a maturità in questo glorioso ventunesimo secolo dell'umanità. O meglio, dell'umanità gialla e marrone. Lei e me”.
Il libro merita di essere letto per lo stile ironico, che mai si piange addosso ed è capace di affrontare l'eterna sfida tra India e Cina. E non è un caso che un romanzo del genere sia stato scritto da un trentenne, figlio dell'India che sta cambiando. Aravind Adiga è infatti un giornalista economico con alle spalle collaborazioni da free-lance con il Financial Times e il Wall Street Journal, durante le quali ha scritto La tigre bianca. Oggi è corrispondente del Time da Bombay.
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