Sarkozy, i beni culturali e i “teatrini” della politica

Per Sandro Bondi, ogni giorno la carta stampata salva la democrazia

Marina Valensise

Anche il Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, è preoccupato. Tutore del patrimonio artistico, archivistico e librario nazionale, poeta e cultore della lingua italiana, pur con le debite differenze, è toccato da vicino dalla crisi in cui versa la carta stampata: perdita di lettori, esaurimento dei contributi pubblici, concorrenza del giornalismo on line.

    Anche il Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, è preoccupato. Tutore del patrimonio artistico, archivistico e librario nazionale, poeta e cultore della lingua italiana, pur con le debite differenze, è toccato da vicino dalla crisi in cui versa la carta stampata: perdita di lettori, esaurimento dei contributi pubblici, concorrenza del giornalismo on line. “I beni culturali – ci dice – sono ciò che resta del nostro passato, che vale la pena di tutelare e tramandare. La carta stampata rappresenta invece ciò che noi siamo oggi, ciò che pensiamo di noi stessi. E' un abito civile maturo, insomma, che aiuta ad avere una più alta coscienza dei problemi sociali. Tutto questo va difeso, mantenuto e sostenuto, perché è la base stessa per l'esercizio della democrazia”.

    Esiste per Bondi un rapporto strettissimo tra la difesa della democrazia e la difesa della carta stampata, che merita di resistere a qualsiasi innovazione tecnologica. “Non credo che Internet o la tv determineranno la scomparsa del giornalismo. Il giornalismo muterà, come mutano tutte le forme culturali, ma non morirà, perché anche in futuro ci sarà bisogno di una riflessione non fuggevole, ma approfondita e prolungata sulla realtà, che soli i libri e i giornali possono fornire”. La cosa che più preoccupa il ministro è un'altra, in realtà: l'assenza di un'opinione pubblica matura, colta, civile. “E' questo il problema vero per la vita democratica. Da noi esiste purtroppo un fossato tra un'elite colta, che legge molti libri, frequenta i festival letterari, fa le code nei musei, e la maggioranza che s'ostina a restare indifferente alla cultura scritta”.

    Le cause di questa anomalia italiana sono secondo Bondi non solo “l'arretratezza, la scarsa diffusione di libri e giornali”: è una distorsione della carta stampata. “I quotidiani italiani offrono  uno spazio spropositato al ‘teatrino della politica' – dice Bondi – puntano sulle notizie calmorose, negative, sorprendenti, inseguono la tv, mentre riservano un'attenzione limitata all'approfondimento, alle inchieste, a ciò che avviene nel mondo”. Eppure, in molti casi, il numero della foliazione cresce, gli inserti settimanali si moltiplicano, aumenta lo spazio per servizi e commenti. “I giornali hanno troppe pagine”, risponde Bondi, parlando da “lettore che di giornali e libri non può fare a meno”. E continua: “Sono troppo gonfi di cose. Non lo dico perché mi rivolgo ai lettori del Foglio, che è un esempio del contrario, ma preferirei leggere giornali più sintetici, con meno pagine e un maggiore contributo a far conoscere la realtà, cosa che salvo rare eccezioni non mi pare la norma dei quotidiani italiani”.

    Ma quando si sottolinea la stretta correlazione tra la scarsità delle risorse disponibili e la mediocrità delle ambizioni di cui dà prova il giornalismo italiano, il ministro invita a mobilitarsi, citando l'esempio dell'editoria, che compete peraltro alla Presidenza del Consiglio. “Il mercato librario italiano è il quarto o quinto del mondo, ma è sostenuto solo da un piccolo spicchio della società. Dagli stati generali dell'editoria, che si sono tenuti di recente, sono emerse varie proposte come quella di  ripartire dalle scuole, di puntare sulla comunicazione televisiva, di coinvolgere il territorio, le associazioni locali, la società civile, di attivare i teatri organizzando pubbliche letture”.

    Quanto al diretto contributo dello stato,  per foraggiare l'acquisto della carta o sostenere la distribuzione, voci che gravano enormemente sui bilanci dei giornali, il ministro sembra escluderlo: “Non è questo il problema. In Italia mancano idee e progetti. L'orientamento prevalente da parte della stampa mi pare non tenda a suscitare l'interesse del pubblico. In realtà, non siamo di fronte a un fenomeno di pochi lettori, ma di perdita dei lettori, che colpisce persino la freepress. I giornali perdono lettori perché c'è una disaffezione verso la loro linea, un'insofferenza verso i loro contenuti e la loro ridonandanza”.

    E se poi s'insiste, evocando a le misure che il presidente francese Sarkozy è pronto a prendere per superare la sottocapitalizzazione della stampa francese, salvaguardare il giornalismo scritto dalla morsa del giornalismo on line, dove l'assenza di controlli si combina con l'assenza di scrupoli, il ministro Bondi sembra comprendere:  “Come lo stato si fa carico dei problemi derivanti dalla crisi finanziaria per le banche e altri soggetti, così non ci sarebe niente di male se si interessasse anche a sostenere attività culturali, con partecipazioni temporanee ed eccezionali, per arginarne la crisi”. Con un'unica avvertenza, però, concude Bondi: “Non accollare il deficit strutturale sulle spalle dei contribuenti”.