Crisi&musica

Berselli e Franzinelli ci spiegano quali sono le cure musicali ai tempi dei disastri mondiali

Nicoletta Tiliacos

I tempi duri spesso partoriscono grande musica, scriveva sabato il Foglio in prima pagina. E sebbene sia presto per capire se il teorema varrà anche per l'annunciata nuova depressione, nell'attesa si possono ripescare dal passato colonne sonore adatte a sentirsi in sintonia con i tempi, a consolarsi, a farsene (o a non farsene) una ragione.

    I tempi duri spesso partoriscono grande musica, scriveva sabato il Foglio in prima pagina. E sebbene sia presto per capire se il teorema varrà anche per l'annunciata nuova depressione, nell'attesa si possono ripescare dal passato colonne sonore adatte a sentirsi in sintonia con i tempi, a consolarsi, a farsene (o a non farsene) una ragione. Il giornalista Edmondo Berselli, autore di “Canzoni. Storie dell'Italia leggera” (Il Mulino), dice al Foglio di trovare appropriati, come leitmotiv della crisi, “i Rolling Stones che dicono a brutto muso ‘You Can't Always Get What You Want', ‘non puoi sempre avere quello che vuoi'. Soprattutto per come quella negazione esce secca, con rabbia, dalla voce di Mick Jagger. E' un efficace richiamo al senso del limite”.

    Ma poi, da battistiano di stretta osservanza, Berselli pensa anche a “Confusione”, parole di Mogol: “Tu lo chiami solo un vecchio sporco imbroglio/ ma è uno sbaglio è petrolio/ troppo furbo per non essere sincero/ ma è davvero oro nero”. Più dell'allusione al penoso capitolo petrolifero, Berselli vi rintraccia “il vero stigma della situazione attuale, la confusione: ‘Confusione/ Confusione/ mi dispiace/ se sei figlia della solita illusione e se fai confusione'”. Lo storico e giornalista Mimmo Franzinelli (il suo ultimo libro è “La sottile linea nera. Neofascismo e servizi segreti da Piazza Fontana a Piazza della Loggia”, Rizzoli) è un altro che la musica la prende sul serio. Ama il rock, al quale ha dedicato due Oscar Mondadori (“Rock” e “Rock 2”), ma la sua colonna sonora per la crisi parte molto classicamente da Woody Guthrie, il cantore della Grande Depressione e delle Dust Bowl Ballads (da Dust Bowl, “conca di polvere”, termine che indicava le Grandi Pianure flagellate dalla siccità negli anni Trenta, dalle quali i contadini ridotti in miseria fuggivano verso il sogno californiano).

    “Ma poi, se di depressione vogliamo parlare – dice al Foglio Franzinelli – è nel blues che si ritrova la quotidianità della crisi, modulata da artisti del calibro di Bessie Smith. Penso alla sua straordinaria ‘Nobody knows you when you're down and out'. In Gran Bretagna, Billy Bragg ha cantato la scomparsa del microcosmo dei minatori e ha registrato, dal canzoniere inedito di Guthrie, due cd intitolati ‘Mermaid Avenue', accompagnato dal gruppo Wilco. Consiglierei, in particolare, l'ascolto di ‘Northern industrial town', con chitarra acustica e voce, dal disco ‘William Bloke' (1996), che parla della difficoltà della vita nel contesto urbano della deindustrializzazione”. Per Franzinelli, che a gennaio pubblicherà con Mondadori un libro su Alberto Beneduce (molto evocato di questi tempi) scritto con l'economista Marco Magnani, “questo genere di musica ci fa sentire meno soli, nelle strette delle crisi finanziarie che minacciano di innescare ripensamenti esistenziali”. La colonna sonora da crisi del giornalista e fogliante Stefano Pistolini prevede invece due versioni, “una che vedo adatta all'America, dove è logico buttarsi sui molti nuovi cantautori che si richiamano esplicitamente alla Grande Depressione. Sound acustico per storie malinconiche, dove sono tutti soli, piantati dalle donne, senza quattrini, tristissimi. Oppure, per reazione – penso all'Italia – si fa finta di nulla e si va in discoteca. Va bene la musica ottimista ed elettrica degli anni Ottanta, vanno bene anche gli Abba di “Money, money money”'.

    Oppure prendete una canzone come “Turn, turn, turn”, musica di Pete Seeger (folksinger oggi novantenne che fu amico di Guthrie e che a sua volta cantò la Grande Depressione) e testo che ricalca l'Ecclesiaste: “Per ogni cosa c'è il suo momento, per ogni cosa sotto il cielo c'è il suo tempo… un tempo per danzare e uno per rattristarsi, un tempo per guadagnare e uno per perdere”. Ma non fermatevi alla stranota versione dei Byrds di metà anni Sessanta. Cercate quella acustica di Judy Collins, accompagnata proprio da Pete Seeger (siamo sempre attorno al 1965, lei ha ventisei anni e gli occhi blu che saranno celebrati da Stephen Stills, lui una ventina di più). Solo due voci e due chitarre acustiche: nessuno spreco energetico, balsamo per le orecchie e per il cuore.