Da Nerone al loft - Oggi la manifestazione del Pd
Così uno dei luoghi più sgarrupati di Roma è diventato l'ombelico dell'Urbe
Il Circo Massimo è uno dei luoghi più sgarrupati di Roma. Marc Augé infilerebbe la brulla radura, lunga seicento metri e larga duecento, tra i suoi nonluoghi, gli spazi nonidentitari dove gli individui postmoderni incrociano i loro rapporti fugaci e muti. Nessuno sa bene cosa farci, a cosa destinare stabilmente l'immenso sterrato.
Il Circo Massimo è uno dei luoghi più sgarrupati di Roma. Marc Augé infilerebbe la brulla radura, lunga seicento metri e larga duecento, tra i suoi nonluoghi, gli spazi nonidentitari dove gli individui postmoderni incrociano i loro rapporti fugaci e muti. Nessuno sa bene cosa farci, a cosa destinare stabilmente l'immenso sterrato, incassato tra i ruderi del Palatino e un viale che gli incombe addosso in un franare di sterpi, erbacce, bottiglie, lattine e cartacce. Vi passeggiano turisti spaesati, coppie malandrine. Talvolta lo affollano, sollevando nuvole di polvere rossastra, manifestazioni politiche o feste popolari che non potrebbero essere ospitate nelle anguste Piazza Navona o Piazza del Popolo, ma anche in Piazzale San Giovanni, gli altri luoghi romani deputati alle adunate di massa. Al Circo Massimo possono entrare fino a un milione di persone, si dice che una volta ve ne siano stati stipati tre milioni. L'unica concorrenza, come capacità, gli può venire dalle spianate dell'Università di Tor Vergata, consacrate a una celeberrima giornata della gioventù celebrata da Papa Giovanni Paolo II. Meglio evitare confronti.
Di solito, incuranti dei sassi e delle sterpaie, al Circo Massimo giocano a pallone i ragazzini. Mia moglie raccomandava a nostro figlio di non attardarsi quando doveva attraversarlo per andare a trovarla al suo ufficio, lì di fronte: dietro le fitte siepi di oleandro che ornavano le scarpate e la spina centrale avrebbe potuto imbattersi in tipi loschi d'ogni genere, ladruncoli o pedofili. Sospetti giusti, a un certo punto le siepi vennero tagliate proprio perché rifugio di gente di malaffare. Che sia stato considerato a lungo un luogo fuori mano, non parte integrante dell'immaginario cittadino, lo dice il fatto che nell'immediato dopoguerra, nel 1949, la Repubblica eresse sul prospiciente Viale Aventino, in un piazzale poi intitolato a Ugo La Malfa, il grande monumento a Giuseppe Mazzini scolpito da Ettore Ferrari nel 1929. In quello stesso anno era stato celebrato il Concordato, così il monumento venne abbandonato, a pezzi e blocchi, in qualche deposito. Pare che tra i bassorilievi che lo decorano fosse scolpita anche una tiara pontificia rovesciata e negletta. Per quanto io l'abbia cercata, non l'ho mai trovata.
L'avranno scalpellata via. Comunque la sistemazione parve sufficientemente lontana e defilata da non offendere il Vaticano.
Il luogo ha un suo indubbio fascino storico. Un primo circo in legno venne edificato, pare, da Tarquinio Prisco, nella valle paludosa, detta Murcia per i cespugli di mirti che ricoprivano i colli intorno. Una costruzione in muratura arrivò nel Secondo secolo avanti Cristo, rifacimenti vi vennero apportati da Giulio Cesare e da Augusto, da Nerone e da Domiziano, fino a Costantino. La spina era arricchita da due obelischi, uno dei quali si trova ora a Piazza del Popolo, l'altro a Piazza San Giovanni. Forse in loro ricordo Mussolini fece erigere, a una delle due estremità, l'obelisco di Axum, rapinato all'Etiopia come trofeo di guerra. Dietro al monumento a Mazzini oggi si stende l'incantevole roseto comunale.
Nel medioevo, però, l'area era occupata da un cimitero ebraico. Nella capitale del papato gli ebrei vivevano in un ghetto e non potevano essere seppelliti nella cinta urbana, così come le prostitute, il cui cimitero era al Muro Torto fuori Porta del Popolo, e i non cattolici, sepolti a Porta San Paolo. Doveva essere, allora, un luogo triste e desolato, oggi dal roseto si sale alle bellissime chiese dell'Aventino, Santa Sabina e Sant'Alessio, e alla Piazza dei Cavalieri di Malta disegnata da Piranesi. Dalla parte opposta del Circo si innalzano le rovine imponenti del palazzo dalle cui terrazze gli imperatori si affacciavano per assistere ai giochi. Poco lontano si apriva Porta Capena, da cui uscì anche il poeta Orazio per il suo famoso viaggio, lungo la Via Appia, fino a Brindisi. Non sono certo questi i richiami che hanno fatto decidere le dirigenze del Pd a scegliere il Circo Massimo per la loro manifestazione. Avrà pesato il fatto che proprio a due passi, a Piazza Sant'Anastasia, c'era il “loft”, la sede di partito che sostituì, invero con esiti non molto fausti, lo storico Bottegone?
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