Plot contro Obama! Perché i tabloid italiani lo mettono in prima pagina

Christian Rocca

I giornali italiani hanno raccontato con titoli di prima pagina – arricchiti da commenti a ciglia inarcate e analisi sociologiche sull'imminente “jihad bianco” – di un “complotto” neonazista per uccidere Barack Obama. I giornali americani no.

    I giornali italiani hanno raccontato con titoli di prima pagina – arricchiti da commenti a ciglia inarcate e analisi sociologiche sull'imminente “jihad bianco” – di un “complotto” neonazista per uccidere Barack Obama. I giornali americani no. Non c'era una riga sulla prima pagina del New York Times, non una sul Washington Post, solo una breve nelle pagine interne. Anche molti telegionali italiani hanno aperto i notiziari con “la sventata strage razzista”. Quelli americani no. Il sito di Repubblica, anziché porsi il dubbio di aver diffuso una bufala, ha rilanciato: “I siti dei giornali americani ‘oscurano' la notizia”. Già, il “complotto” (a proposito: “plot” in questo caso non vuol dire “complotto”, ma “progetto”, “disegno”).

    La spiegazione dell'oscurantismo giornalistico americano è semplice: “Al momento, non sembra esserci nessun reale progetto di attentato”, ha detto il portavoce del Secret Service, cioè di chi garantisce la protezione a Obama. Il piano per uccidere il candidato nero era “altamente improbabile”, erano le prime parole dell'articoletto del Washington Post. La stessa cosa è successa due mesi fa, quando tre tizi erano stati arrestati dalla polizia di Denver per questioni di droga e hanno cominciato a urlare frasi scomposte contro i neri e anche di voler uccidere Obama. I giornali italiani, per due giorni, hanno aperto le loro edizioni con questa notizia, paragonandola ai giorni funesti dell'omicidio Kennedy a Dallas. In America, ovviamente non se n'è occupato nessuno. Non per censurare, né per coprire chissà quale “complotto”, ma perché i due tizi non sono stati nemmeno incriminati. La notizia non c'era.

    Questa tavolta i due balordi sono stati incriminati, anche se dall'agenzia federale che si occupa di tabacco, alcol ed esplosivi. E ovviamente non bisogna mai sottovalutare una minaccia di questo tipo, in particolare se rivolta a un candidato nero, perché in America è già successo che qualcuno abbia ucciso o tentato di uccidere presidenti, leader e rock star. Ma in questo caso specifico sarebbe stato sufficiente riflettere cinque secondi sul piano ideato dai due ragazzini del Tennessee, uno diciottenne e uno ventenne, per rendersi conto dell'improbabilità del “complotto” per assassinare Obama.

    I due avrebbero dovuto rapinare un'armeria per procurarsi le armi con cui uccidere ottantotto studenti neri, quattordici dei quali da sgozzare, poi avendola fatta franca avrebbero dovuto prendere una macchina, attraversare un bel po' di stati e arrivare a Washington, vestiti con uno smoking bianco e un cilindro, per poi lanciarsi contro un corteo di Obama, abbassare i finestrini e sparare sul senatore dell'Illinois. Tutto ciò spiega perché l'America ci regala sempre romanzi straordinari, più che allarmarci per un inesistente “jihad bianco” (copyright del sempre immaginifico Zucconi). Tanto più che, come in un film dei fratelli Coen, il piano è stato sventato prima ancora della rapina all'armeria, perché la fidanzata di uno dei due ha raccontato tutto allo sceriffo locale.

    Una storia così è da prima pagina per un giornale tabloid, popolare e scandalistico. E, infatti, sottolineandone la follia e la scarsa credibilità, la vicenda è finita sulla prima del New York Post. Questa è una spiegazione possibile dell'eccitazione della stampa italiana per il plot anti Obama, oltre alla notoria sciatteria della categoria giornalistica. In Italia, infatti, non ci sono i giornali tabloid, ma nemmeno quelli seri. C'è una via di mezzo. Ci sono giornali omnibus che per non perdere copie allegano gadget di ogni tipo e si buttano su notizie clamorose e a effetto, senza badare a controllarne fonti e veridicità. Il risultato è la tabloidizzazione della stampa seria, l'approssimazione scandalistica resa credibile da una confezione d'alta sartoria.

    Nelle redazioni sapevano che il “complotto” per uccidere Obama non stava in piedi, ma gli hanno dedicato lo stesso le prime tre pagine, anziché una più sobria collocazione, perché in questi casi scatta la preoccupazione di non dare l'impressione di aver “preso un buco”, visto che l'indomani quasi certamente i concorrenti più disinvolti ci avrebbero aperto. Il meccanismo è infernale, ma segnala il declino irreversibile dei grandi giornali italiani. C'è anche un'altra spiegazione ai titoli sul piano per uccidere Obama: il riflesso condizionato di chi non crede sia possibile che un popolo rozzo, ignorante e razzista come quello americano possa eleggere un presidente nero. “Plot” viene così tradotto con “complotto”, come a suggerire che dietro ci sia chissà quale trama occulta. Razzismo, omicidi, brogli, in fondo rassicurano l'antiamericanismo soffice del giornalista collettivo.