Ho fatto l'alba (democratica)
Alle cinque e un quarto del mattino, qualcuno comincia a cedere. Bruno Vespa, per dire, sempre più spesso puntella i lombi con i palmi delle mani. Nello stesso momento, qualche canale avanti, Enrico Mentana ha ormai preso le sembianze di un simil Borat, con un vestitino di curiosa taglia larga e di incerto color grigio – kazako, sta a vedere.
Alle cinque e un quarto del mattino, qualcuno comincia a cedere. Bruno Vespa, per dire, sempre più spesso puntella i lombi con i palmi delle mani. Nello stesso momento, qualche canale avanti, Enrico Mentana ha ormai preso le sembianze di un simil Borat, con un vestitino di curiosa taglia larga e di incerto color grigio – kazako, sta a vedere. Entrambi sbottonati (nel senso di giacchetta sbottonata, ovvio, manco fossero cronisti della Gabanelli), che dopo ore e ore passate in piedi devono sentirsi come la sarta romana immortalata da Franca Valeri, “signora mia, c'ho du' piedi che so' du' cassette de garofani…”. Neppure con Garlasco o con Cogne, s'è penato tanto. Per certe cose, c'è poco da fare, ci vuol gente di mondo. Come Carlo Rossella, per esempio. O Mario D'Urso.
Mentre l'alba avanza, quelle sono cravatte che non s'allentano, giacche che restano abbottonate, aplomb intonso. A Carlito, che ha un fisicaccio tonico e un taglio di capelli da colonnello dei marine, gli si legge in faccia che avrebbe volentieri fatto un campo base con il soldato McCain. E infatti, quando alle quattro del mattino Mentana fa il totale della somma, “muoia Sansone con tutti i repubblicani”, lui ha un soprassalto preoccupato: “Tutti i repubblicani?”, e Chicco, continuando con la crudele contabilità: “Qui ci sei solo tu…”. Insensibile al banale obamismo montante, Rossella ha dato, durante la lunga diretta, anche una lezione di stile tra il sartoriale e il patriottico, con una cravatta rossa e blu (united colors) che lo appaiava immediatamente tanto all'immagine dell'Empire State Building parimenti abbigliato, quanto ai colori degli occhiali di Giovanna Melandri – per l'occasione accasata Vespa – pure essi blu e rossi. Tutta gente che, sensatamente, ha più presente la piantina della Casa Bianca che il plastico della casa di Meredith a Perugia. Tanto che Mentana a un certo punto ha concesso con garbo: “Rossella, tu che sei maestro di modi…”.
Da sopra il divano, il gatto Borges apre per un secondo gli occhi, osserva la faccenda, la trova di nessunissimo interesse e riprende a dormire. La gatta Camilla è più vigile – in quanto femmina, ha la prerogativa della sensibilità condominiale. Scambia un bruscolino per un croccantino, lo sputa e riprende a seguire il dibattito. I gatti sono obamiani d'istinto e anti McCain per convinzione. Pure perché s'aggira quella Palin che dovrebbe far la vice e che: a) non pare affidabile manco come gattara; b) con quella pettinatura, come niente scambia la spazzola del pelo per il pettine; c) c'ha lo schioppo facile, basta un momento di distrazione e dalle alci passa ai felini. Si quieta solo quando, alle due e dieci di notte, è lo stesso Carlo Rossella ad allargare le braccia: “La Florida, la Pennsylvania: possiamo pure andare a dormire…”. Lui ci deve andare, alla gatta basta sistemarsi meglio sul cuscino. Serata memorabile, pure se un cristiano, per veder vincere dei democratici, deve praticamente farsi emigrante e arrivare su altri continenti. E in ogni modo: all'inizio non si sapeva dove fare zapping per la troppa curiosità, alla fine non si sapeva dove fare zapping per la troppa noia. “Un mondo nuovo”, titolavano sulla Terza rete. C'è stato un sussulto, sopra il divano, tra il felino e l'inumano, solo quando Vespa ha sbandierato sì una carta, ma con accorta precisione l'ha così presentata: “C'è un sondaggio, da non commentare, quindi in silenzio: l'Obama italiano è Berlusconi”. In verità, sono tutti rimasti disciplinatamente taciturni. Qualcuno, probabilmente, pure senza fiato.
Accanto alla Rai, a Mediaset, a Sky, c'è stata anche la serata su La 7, che ha iniziato con Gad Lerner in collegamento da Milano – e il clima su al nord si avvertiva subito più autunnale, avendo Gad una giacca di lana grossa e un maglione di lana pesante, che così combinato uno diceva: ma chi è, un parente della Palin dall'Alaska? Strana serata, quella su La 7, ogni tanto spuntava Benedetto Della Vedova che non poteva darsi consolazione della poca universale considerazione per Bush, “l'America si rinnova, ma si è rinnovata anche con Bush” – sentimento che parimenti affliggeva Christian Rocca, ospite con Alexander Stille del Tg3 – e dove teneva banco Eugenio Finardi, ma che ha prodotto, ad opera del genio geopolitico di Gianni De Michelis, una delle migliori battute della serata: “Adesso Berlusconi racconterà che lui è lo zio di Obama”. Ma non male, bisogna riconoscerlo, anche la battuta di Walter Veltroni, che da Mentana ha ovviamente ricordato quando conobbe Obama nel 2005 (con tanto di pagina di testimonianza su l'Unità, che carta canta), poco dopo l'apparizione di Mike Bongiorno, pur esso obamiano, seduto su una poltrona sotto un pergolato di palloncini e bandiere a stelle e strisce.
Dunque, si diceva di Walter. All'una meno un quarto, quando i primi dati cominciano a indicare il trionfo del democratico americano – e ogni volta che qualcuno parla di trionfo democratico, per la faccenda della proprietà transitiva, un po' gli occhi del democratico nostro s'illuminavano – lui mette le mani avanti: “Per sicurezza, io aspetto i dati della Questura di Roma” – evocazione diretta delle polemiche sulla somma dei militanti al Circo Massimo. A Porta a Porta Gianni Riotta ha la giacca, perciò quasi non si riconosce, e uno strano taglio di capelli che gli fa una singolare testa quadrata, capace di suscitare l'invidia di Berlusconi ed evocativa di un Bruce Willis molto su di giri. E' tutto un andare e venire da una trasmissione all'altra, e perciò Walter passa la serata con Mentana e riappare in collegamento con Vespa a notte fonda. E il ministro Frattini un po' da una parte e un po' dall'altra – l'incarico ministeriale, del resto, prevede che si viaggi – e lì da Mentana lo riprendono dal basso verso l'altro, di traverso, le gambe allungate, con il singolare effetto che il capo della Farnesina pareva la cartina geografica della Liguria. Certo, in tante ore di diretta ci sono stati anche momenti meno solenni e istituzionali. Per esempio, su Rai Tre, a un certo punto si è presentata questa situazione: un collegamento già pronto con Dario Franceschini e la possibilità, dall'altra parte della città, di acchiappare Leonardo Di Caprio. Ora, tra Franceschini e Di Caprio, neanche a Maurizio Mannoni vengono dei dubbi, e così il protagonista del Titanic cinematografico passa davanti a uno degli interpreti del Titanic democratico: “Sono contro la guerra. Ho votato per Obama. Sono anni che aspettiamo questo momento”. Poi Franceschini: “Bisogna aspettare”. Vabbè, parecchio più compagno Leo di Dario.
Nella lunga maratona notturna, nessuno poteva non dirsi obamiano. Ogni tanto, andando di canale in canale, all'orecchio arrivavano strane considerazioni. Ecco Vittorio Zucconi: “Il vento indica Obama, ma è solo vento, sono foglie secche”. Mentana: “Guardiamo con beneficio d'inventario”. Marina Como, a Porta a Porta, sta in un posto dove si festeggia: “Qui non si sente niente. Si balla e si canta come se Obama avesse vinto. Obamaaaaa-oooo… Come volareee-oooo… Se riesco a riportare un po' di calma…”. Mannoni: “Non è un nero classico americano, è un meticcio, mezzo bianco e mezzo nero”. Rossella: “Ha una pelle comunque chiara. Io non lo voto, perché a me piace McCain”. Carlo Panella da La 7: “La colpa di Bush è quella di essere stato clintoniano” – George de' sinistra? Antonio Di Bella: “Stanno sempre su dati di carta, non di marmo”. Si è fatta l'una. “Gli obamiani italiani possono andare a dormire tranquilli”. Stille raccomanda: “Con sonno leggero”. Vespa: “Come se dei fogli portati dal vento sul tavolo di Giulio Borrelli…” (la stessa brezza individuata da Zucconi?). Barbara Palombelli: “Si può fare un'osservazione che va al di là dei numeri?”. Alle due e un quarto Ignazio La Russa saluta Vespa: “Domani mattina sono alla lapide degli ebrei caduti nella Prima guerra mondiale”. Annuncia Bruno: “Ci ha lasciato anche l'onorevole Fassino” – che insomma, messa così pare, come dire, faccenda piuttosto definitiva. Annota Barbara: “Una politica che esce dai Palazzi, molto più calda, gli anni di Bush sono stati di grande freddezza” – beh, bombardamenti a parte.
Qui però non si versa una lacrima – pure il ciglio di Rossella è asciutto, pure il ciglio di Rocca non è umido – per la sconfitta di McCain. S'affaccia Renzo Arbore, sbottona la camicia e sotto ha una maglietta con la faccia di Obama. Là dove si ballava, si continua a ballare. “C'è un amico, compagno di scuola di Obama, ma è timido, e ha mandato una sua amica”, la quale amica, collegata, dice meraviglie dell'amico dell'amico timido. E intanto chi suona e chi balla, e Vespa guarda l'orologio e si fa tollerante: “Queste cose soltanto alle tre e dieci del mattino possono succedere”. Arriva il figlio di Ruggero Orlando: “Sono qui stasera anche in memoria di papà: quanto gli sarebbe piaciuto!”. Poi i misteri di certi collegamenti. Prendete la povera Mimosa Martini, che quelli di Matrix avevano spedito in Florida, a Tallahassee, essendo la Florida posto di rogne abissali e di riconteggi spaventosi. L'altra volta Mimosa se l'era gestita per un mese, la faccenda senza capo né coda, ma l'altra sera stava in una specie di atrio di stazione, un parcheggio di lusso, un garage condominiale, non si capiva granché, ma non passava un'anima viva neanche per sbaglio, neppure mezzo cubano o una coppia di pensionati. Niente di niente di niente. Mimosa non aveva nulla da fare, così Mentana le chiedeva sempre di quel lungo conta e riconta, e l'effetto (s'intona al periodo, e se insistevano La Russa attaccava col Piave che mormorava) era un po' da Cavalieri di Vittorio Veneto, “ti ricordi quel mese incredibile?”. Vespa aveva mandato a Chicago, da Obama, Monica Maggioni, che si ritrova a portata di mano Jesse Jackson e riesce a intervistarlo. “Con il tuo fascino, come farà a dirti di no?”, osserva giustamente Bruno.
Ora, invece, Mentana da quelle parti aveva Luca Rigoni, che pure avrebbe avuto il suo perché, se incrociava qualche vecchia carampana democratica, e invece la sorte, su questo fronte, non l'assiste – che gli dovevano dire, “col tuo fascino accattati Jesse?” e poi con la Binetti come si metteva? – però forniva puntuali cronache dell'evolversi della situazione al quartier generale del vincitore: “Qui non sento un pessimismo di fondo, ma è troppo presto…”. Sospiro di Enrico (mentre la giacca si slaccia): “E' l'una e venti, andiamo bene…”. Appaiono i ragazzi “del primo circolo on line dedicato a Barack Obama”, pure questo, c'hanno le magliette con Barack, a un certo punto, con l'ora tarda che sbanda verso l'alba e praticamente anche i pub hanno chiuso, è tutto un accorrere di giovanotti, di studenti italoamericani, lo studio de La7 è invaso col supporto di virgulti nazionali. Che poi, hai voglia di mettere pischelli bilingue – due balle! Piuttosto la classe di Jas Gawronsky, che fa l'alba meglio di un frequentatore di rave e non ha invidie generazionali: “Avrei votato Obama, ma solo perché McCain è troppo vecchio, oltre alla sfortunata vice” – che sarebbe poi quella che vede le corna di un alce da dietro una montagna: sai che botti, una partita di caccia tra la pistolettara delle nevi e il vicepresidente Cheney… Dall'ambasciata americana, l'ambasciatore Spogli esorta: “Nessun dorma!” – una parola.
Massimo Teodori sta alla festa e sta in studio, Antonio Polito sta alla festa e poi in studio, Veltroni sta in studio e poi alla festa, e ha preso confidenza con Biden, “ne avevo sentito parlare in diverse circostanze”, Mentana all'una e quaranta avverte: “C'è molto da dire e da fare”. Compare persino l'Isola dei famosi, e c'è la contessa De Blanck che si rimira sul fondo di un pentolino: “Sembro Morticia…”, Vespa a D'Urso: “Dalla sua aristocratica posizione, queste piccole cose del mondo…”. Luca Rigoni alle tre e dieci attende sempre: “Sta per scoppiare la festa, Obama è un grandissimo pokerista”. Mentana: “Aspettiamo le quattro, poi sarebbe accanimento terapeutico”. Sarà accanimento. Ferruccio de Bortoli, quando appare in collegamento ha la faccia solenne di Benjamin Franklin sul biglietto da cento dollari. “Scusa, Ferruccio, la Fox…”. L'eroico Rossella concede l'onore delle armi: “Obama è il demiurgo”. I gatti ronfano tranquilli nell'alba democratica. Il mondo (forse) sarà migliore – intanto di sicuro i nodi delle cravatte di Carlito, Jas e Mario non hanno ceduto un millimetro. Viva l'America! Viva l'alta sartoria!
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