The wrong nation
Obama è prudente, ma ha 4 anni per dimostrare di essere “una svolta”
John Heilemann è il columnist politico del New York Magazine, uno dei settimanali più belli d'America. Ex giornalista dell'Economist, del New Yorker e di Wired, Heilemann oggi è uno dei più attenti e acuti osservatori del mondo politico di Washington. Conosce Barack Obama da vent'anni, dai tempi in cui erano insieme a Harvard.
John Heilemann è il columnist politico del New York Magazine, uno dei settimanali più belli d'America. Ex giornalista dell'Economist, del New Yorker e di Wired, Heilemann oggi è uno dei più attenti e acuti osservatori del mondo politico di Washington. Conosce Barack Obama da vent'anni, dai tempi in cui erano insieme a Harvard. Difficile, però, spiegare chi è il presidente eletto, dice Heilemann: “Aspettiamo e vediamo. Credo che la confusione e la difficoltà di rispondere alla domanda sulla predisposizione ideologica di Obama nasca dal fatto che da un lato ha mostrato un atteggiamento centrista, ma dall'altro ha un record di voti al Senato molto di sinistra. La mia idea è che Obama ha sempre messo al centro della sua politica valori come la conciliazione, il compromesso e il pragmatismo”.
Obama, secondo il columnist del New York Magazine, ha capito che gli americani volevano andare oltre la polarizzazione politica degli ultimi vent'anni e si è presentato come il candidato che vuole realizzare qualcosa, affrontare le crisi di questi mesi, su cui peraltro non esistono soluzioni partisan, e capace di organizzare un governo bipartisan. “Sarà un presidente molto più centrista di quanto i suoi più tenaci sostenitori vogliano credere, ma questo – continua Heilemann – non vuol dire che non abbia convinzioni se non proprio di sinistra, almeno che rientrino nella sfera liberal. Obama però è un politico prudente, che si muove in base alle condizioni del momento, attento ai calcoli politici. Uno dei motivi per cui al Senato ha un record di voti molto liberal è perché fin dai primi giorni a Washington ha capito che l'unico modo di battere Hillary alle primarie democratiche sarebbe stato da sinistra, non da destra. Ma dopo che l'Amministrazione Bush ha nazionalizzato il sistema bancario, non so più quale sia una politica di sinistra, anzi credo che le categorie ideologiche oggi siano saltate e a disposizione di tutti”.
Heilemann invita a restare cauti sul significato ideologico del successo dei democratici del 4 novembre: “Non credo che l'elezione di Obama possa già essere definita una svolta. Obama ha vinto le elezioni, che non è poco e certo non è una cosa che voglio minimizzare, ma il riallineamento della politica non dipende dall'esito della prima elezione, ma dai quattro anni di governo successivi. L'elezione di Reagan del 1980 oggi è ricordata come una svolta della politica americana, ma soltanto perché il presidente è stato capace di realizzare il suo programma e di ottenere, nel 1984, una massiccia vittoria a valanga che ha consolidato e sedimentato il riallineamento politico. Soltanto tra quattro anni potremo rispondere alla domanda su Obama, molto dipenderà dal fatto se sarà rieletto con un ampio mandato o se sarà ripudiato dagli elettori”.
A destra, dice Heilemann, “è un disastro e credo che qualunque conservatore serio ne sia convinto”. Il columnist del New York Magazine dice che c'è anche un'ala del movimento conservatore che non vuole affrontare le difficoltà in cui si trova la Right Nation, quella parte che segue i conduttori radiofonici e televisivi alla Rush Limbaugh o di certi programmi di Fox News: “A destra, come a sinistra, ci sono un sacco di idioti, ma il senso comune è che questi ultimi otto anni hanno mandato il movimento conservatore in bancarotta”. C'è chi riconosce qualche merito di Bush, ma anche chi lo critica per l'avventura all'estero o per l'eccessivo aumento della spesa pubblica: “Il partito – spiega Heilemann – ha grande bisogno di ripensare che cosa vuol dire essere conservatore”.
Le idee ci sono. Si parte, dice Heilemann, da chi crede che il movimento conservatore abbia soltanto bisogno di riappropriarsi dei principi dell'era reaganiana, contrapposti a chi è convinto che quelle idee siano fondamentali, ma non più sufficienti. Sono David Frum e due giovani intellettuali come Ross Douthat e Reihan Salam ad aver insistito su quest'ultimo punto, con i loro libri. Entrambi provano a suggerire una linea più populista, economicamente non molto differente dalle politiche democratiche. Entrambi riconoscono che il Partito repubblicano e il movimento conservatore non hanno una filosofia di governo credibile e una capacità di coalizione elettorale”. Heilemann ricorda che c'è ancora la destra religiosa, la cui ricetta è sempre quella di mettere al centro le questioni sociali e morali: “Credo che l'idea di fondere il conservatorismo sociale con il populismo economico sarà molto presente nei prossimi mesi non soltanto con Sarah Palin, ma anche con Mike Huckabee, il quale, come Pat Buchanan molti anni fa, coniuga il conservatorismo sociale con un programma economico quasi di sinistra”. Heilemann è tra quelli che considera la scelta di Sarah Palin disastrosa, “non perché sia stupida, ma perché era grossolanamente impreparata”.
Eppure, dice, “Palin avrà un futuro, potrebbe essere un punto di forza del Partito repubblicano, perché è giovane e tra quattro o otto anni non sarà più impreparata, specie se verrà a Washington al posto del senatore Ted Stevens”. Heilemann immagina che anche Mitt Romney proverà a sintetizzare gli echi populisti con la sua immagine di manager, di riformatore, di conservatore attento al pareggio di bilancio e al buon governo, non esclude la carta federalista che potrebbe tentare il governatore della Louisiana Bobby Jindal, ma sostiene che è “uno molto difficile da etichettare” come Newt Gingrich il “più grande generatore di idee del mondo conservatore: è populista, pro global, intellettuale, tecnologico, rivolto al futuro e impegnato a non fare dei repubblicani il partito antistatalista”. Conclude Heilemann: “Non è che nel mondo conservatore manchino persone e idee, è soltanto difficile che queste varietà ideologiche riescano a unificare l'intero movimento dietro un unico leader. E' più probabile che prevarranno le divisioni e le fazioni”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano