Il cardinale senza sale

Camillo Langone

Ci sono dei ristoranti, specie milanesi, in cui nella carta si trova scritto “pesto leggero”. Che cos'è? Il pesto leggero è innanzitutto un pesto senz'aglio.

    Ci sono dei ristoranti, specie milanesi, in cui nella carta si trova scritto “pesto leggero”. Che cos'è? Il pesto leggero è innanzitutto un pesto senz'aglio, siccome la bulbosa turba, scandalizza, allontana la clientela, non è adatto a questi tempi così sociali, e poi prevede il parmigiano al posto del pecorino, infine si avvale di un olio assolutamente neutro, che non sa di nulla. Ecco in tavola un ex pesto, una salsina di basilico congelato, insomma un condimento nient'altro che verde, il colore della speranza che mette d'accordo tutti. Non importa che sia senza sapore e senza odore, anzi è meglio: pressoché azzerate allergie e idiosincrasie. Arrivati a questo punto, verde per verde, il pesto si può fare anche col prezzemolo o con la maggiorana o coi piselli o con la rucola (con l'erba cipollina magari no, pur'essa un tantino insocievole). O con i coloranti. Il pesto a una dimensione, monosensoriale, solo per gli occhi.

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    In “Conversazioni notturne a Gerusalemme” (Mondadori) il cardinale Martini ammannisce e serve in libreria il cristianesimo leggero. Che cos'è? Un cristianesimo senz'aglio cioè senza Cristo e quindi senza alcuna controindicazione. Una religione minimalista e deodorata che ci puoi parlare vicinissimo e non senti niente, nemmeno se hai il nasino fino. C'è Gesù, certo, un pizzico ci voleva altrimenti bisognava cambiare nome alla ricetta. Ma non è lo sconvolgente ed esigente Figlio di Dio, no, altrimenti addio asse del Sacro. E' una specie di prezzemolo che va bene in ogni piatto, in ogni discorso, perché non interferisce coi sapori già presenti. Un'aggiunta decorativa, un sovrappiù di cui si può fare anche a meno. Un profeta locale. “Sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l'altro sia evangelico o musulmano” (pagina 33). “Un grande modello è per me anche il Mahatma Gandhi. Ha percorso la via di un indù, la via verso Dio, cui Gesù conduce noi cristiani” (pagina 114). Tutte le strade portano a Dio, Gesù è una delle tante. Tutte le strade? Proprio così, nessuna esclusa. “Tutte le Chiese, tutte le religioni hanno infatti l'obiettivo di realizzare il bene nel mondo” (pagina 26).

    Anche quando è chiaramente una cattiva strada, il cattivo pastore incoraggia a percorrerla, come il pinocchiesco Omino di Burro, tenero e untuoso moltiplicatore di somari. “Io non mi preoccupo di nessuno, purché siano in cammino”, dice a pagina 43 il Martini di Burro. “Ritengo che una scelta sbagliata sia preferibile a non scegliere affatto”. Quest'ultima frase, già infelice di suo, è infelicissimamente collocata nella stessa pagina (64) in cui si parla di brigatisti rossi. Compagni che sbagliavano, però capaci di scelte, e in cammino. Il cammino, il percorso, sono continuamente sulla bocca di questo agente di viaggi del cristianesimo low cost, surrogato che impegna poco e affascina ancor meno: “Potrebbe essere uno dei motivi per cui i giovani non trovano il coraggio di decidersi a entrare nella Compagnia e dedicarle la propria esistenza” (in un momento di lucidità sulla crisi che ha colpito il proprio ordine, i gesuiti). Perfino Bruce Chatwin, il campione dei dromomaniaci, arrivò a domandarsi: “Che ci faccio qui?”.

    Carlo Maria Martini non si pone il problema, gli interrogativi se li pone il lettore: ma che ci fa il cardinale a Gerusalemme? Forse ce l'ha mandato il marketing della Mondadori per giustificare la copertina suggestiva, coerente col filoislamismo dell'autore, centrata sulla Cupola della Roccia. La permanenza gerosolimitana non gli è servita a ricordarsi delle parole pronunciate da colui che soffrì e morì nei luoghi incorniciati dalla sua finestra: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione”. Il vecchio arcivescovo in pensione poteva ritirarsi fra Varesotto e Brianza seguendo l'esempio di predecessori che entrarono per porte scomodissime: il beato Schuster che sfidò Mussolini e Hitler, monsignor Ballerini che non si piegò ai Savoia anticattolici. Per coltivare la perfetta ignoranza del Corano, testimoniata in più parti del volume, tanto valeva svernare sul lago di Como, c'era mica bisogno di fare tanta strada. Le sgangherate interpretazioni bibliche sulla riva lombarda del lago Maggiore sarebbero risultate più veniali. A Luino si gioca a carte, si legge Piero Chiara, si beve il Nebbiolo delle colline novaresi, può capitare di fallire il bluff: “La Bibbia condanna l'omosessualità con parole forti. A motivarle era la problematica prassi dell'antichità, quando gli uomini avevano, accanto alla famiglia, amanti di sesso maschile, a volte anche ragazzi. La Bibbia vuole invece tutelare la famiglia”. Ma purtroppo queste parole sono state pronunciate a pochi chilometri da Sodoma. A parte la spericolata esegesi, che mette una data di scadenza al Decalogo, queste frasi hanno un qualche senso? L'omoprassi della modernità non è almeno altrettanto problematica? La famiglia è più in pericolo oggi o al tempo dei patriarchi? Chi ha davvero scritto questo libro? Il cardinale o padre Georg Sporschill, gesuita pure lui, il cui nome appare più in piccolo sulla copertina?

    L'ambiguità dei libri a quattro mani viene dissolta da una dichiarazione di responsabilità: “Sono pensieri cari a entrambi”. Li hanno pensati in due. Sulla foto del retro anziché a Gerusalemme sembrano a Cortina, a Merano, alla Versiliana a godersi la pensione e la chiacchiera culturale, fuori campo si sente qualcuno che fa domande pensose, sarà Gigi Marzullo o Romano Battaglia. Colpisce, nella foto come nel testo, l'assenza della croce. Nelle Conversazioni non c'è croce, non c'è dramma, non c'è diavolo, forse non c'è la casa del diavolo. “Esiste l'inferno, solo che nessuno sa se vi si trovi qualcuno” (pagina 18). Nessuno sa quanti libri di Urs von Balthasar ha letto Martini, per ricavarne questo sms. Il teologo svizzero viene buono pure a me, in un messaggino appena un po' più lungo spiega perché il cardinale ama vestirsi da pensionato di mondo: “La contemplazione dei peccati in faccia alla croce è dialettica: mentre guardo il mio Redentore, comprendo finalmente che cosa davvero ho fatto”. Ecco, questi gesuiti al collo non portano la croce per risparmiare agli interlocutori il difficile confronto. C'è il rischio di pensare ai propri peccati, e questo nel cristianesimo leggero, insapore e decorativo, non è previsto. Perché le colpe, fratello lettore lo avrai già capito, sono della società.

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    Il cardinale è straecumenico, gli piacciono i protestanti (che lui chiama evangelici nonostante tradiscano il Vangelo), gli piacciono i cristiani orientali (che lui chiama ortodossi come se i veri ortodossi non fossero i cattolici), gli piacciono ovviamente i musulmani, come usa fra i collezionisti di religioni, gli piacciono i buddisti, come fosse un'attrice romana attenta a non pensare per non rovinarsi la pelle, gli piacciono perfino gli induisti, non si esprime sui taoisti ma sicuramente gli piacciono anche quelli. Soltanto i ciellini non gli piacciono. Lo dice senza dirlo perché il principe della chiesa dalla chiesa pretende chiarezza ma quando vuole sa essere nebuloso. Omertoso, allusivo. A pagina 109 scrive: “Da vescovo, ho spesso riflettuto sui nuovi movimenti religiosi, molti sono partiti da Milano. Mi sono sforzato di capire se ci guidano nel futuro. E naturalmente mi sono anche chiesto: non mettono in ombra i comuni e bravi cattolici?”. Il lettore non troppo interno alla questione potrebbe pensare che stia riferendosi all'Opus Dei o ai focolarini o ai gruppi di preghiera di Padre Pio o a chissà che altro, oppure non penserà niente e passerà oltre, ma di nuovi movimenti religiosi partiti da Milano, bisogna saperlo, ce n'è soltanto uno. Si chiama Comunione e liberazione. Perché non dirlo? Soltanto con don Giussani il cardinale senz'aglio scopre la necessità di una nota piccante, e sotto la panna delle domande retoriche mette addirittura il rafano.

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    Svalorizzata Cl, vediamo nel dettaglio come, conversando di notte a Gerusalemme, il cardinale svalorizza Gesù Cristo. Frullando il Vangelo e facendone una pappa pauperista per giovani invidiosi. “Un cristiano sente che il suo amore per Gesù diventa sempre più forte. Lo spingerà sempre più ad agire socialmente”. Ma sì, cancelliamo due millenni di contemplazione, meglio Guglielmo Epifani di santa Chiara. “Se Gesù vivesse oggi risveglierebbe i giovani benestanti e li porterebbe dalla sua parte”. Già, perché invece i malestanti del pianeta sono tutti buoni e tutti con lui. “Gesù ascolta le domande della gioventù. Lotta con noi contro l'ingiustizia”. Questa è davvero bella, forse mi è sfuggita qualche scoperta archeologica, in una grotta del deserto avranno trovato un proto-Vangelo che smentisce i sinottici e adesso al centro del Nuovo Testamento non c'è più il Discorso della Montagna ma l'Ascolto del Fondovalle. Il giovanismo dell'alto prelato va di pari passo con l'ascoltismo: i giovani (tutti i giovani meno i ciellini) hanno molto da dirci anzi da insegnarci. “Le prime prediche ai giovani le ho tenute a una cerchia ristretta, a volte persino a una singola persona, a cui chiedevo l'opinione”. Completamente fuori dalla realtà e dal vocabolario, secondo lui predicare è ascoltare opinioni. Martini è il padre spirituale dei cortei anti-Gelmini: chi non riconosce l'unicità (“Uno solo è il maestro” Matteo 23, 8) del maestro inviato da Dio è ovvio che respinga quello mandato dall'ufficio scolastico provinciale. Più che un libro notturno sto parlando di un libro buio, in cui l'autore si aggira senza sapere dove mette i piedi, finendo sul crinale dell'apostasia. Un libro triste come un sipario che si chiude.

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    Caro lettore, ho pregato perché mi fosse allontanato il calice del Martini coranista, ma non sono stato ascoltato. Per non peccare di omissione devo quindi ritornare (avevo già dato) sulla spettacolare incompetenza del cardinale in materia. A pagina 20 tocca leggere: “I musulmani. Molti dicono che siano favorevoli alla guerra santa, che vorrebbero convertirci tutti in maniera più o meno violenta. Sarà, ma non lo si può dimostrare con il Corano”. Quest'uomo ci è o ci fa? Come se non stesse parlando di un libro accessibile a chiunque, in vendita ovunque. Il testo base dell'islamismo religioso quindi politico quindi militare (notoriamente sinonimi) è diviso in sure (capitoli), basterebbero i titoli per sbugiardarlo. Ma entriamo pure nel testo. Sura del Bottino: “Coloro che rifiutan Fede […] combatteteli dunque finché non vi sia più scandalo e il culto tutto sia reso solo a Dio”. Vorrei risparmiarmi la Sura della Conversione ma sento che non è possibile: “Uccidete gli idolatri ovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostateli ovunque in imboscate. Combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati”. Il cardinale l'esame di Corano non lo passa e si prende un bello 0 (zero). Come mai si è presentato se non sapeva niente? Gli piace fare brutta figura? Pensava di influenzare la commissione con la porpora? Vallo a capire. Capisco meglio quanto leggo a pagina 115: “Sono contento degli sviluppi nell'ora scolastica di religione cristiana, che oggi prevede di insegnare ai nostri bambini le grandi religioni. Sapranno che i musulmani credono nella Vergine Maria e in Gesù il Messia”. A forza di togliere ingredienti il cristianesimo si è fatto talmente leggero da scomparire e a questo punto, se si vuole offrire un cibo sostanzioso, bisogna per forza passare al cuscus. Si è realizzato Matteo 5,1: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Mi dispiace molto che il cardinale senza sale tiri in ballo i bambini, creature indifese a cui vuole imporre l'indifferenza tra le religioni, occultando la verità intera: i musulmani non credono in Gesù figlio di Dio e risorto. In colui che ha detto: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”.

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).