L'ultima speranza per la natalità è il federalismo formato famiglia
Finanziaria di crisi e le famiglie sono rimaste a secco: non potranno contare su misure strutturali di aiuto. E allora? Sperano nel federalismo.
Roma. In tempo di crisi non si puIn tempo di crisi non si può avere tutto. Tremonti è stato chiarissimo: se annuncia cassa integrazione (altrimenti detta: ammortizzatori sociali) per tutti, c'è poco da scialacquare. Le famiglie sono così rimaste un'altra volta a secco: non potranno contare sul calcolo del reddito tarato sul numero di persone a carico (altrimenti detto: quoziente familiare), né su altre misure strutturali di aiuto. In questa finanziaria non ce n'è traccia, e le altre tracce sono poche e abbastanza magre. Per questo, attonite davanti a una finanziaria che pare una fortezza, paghe di tanti buoni e bravi interlocutori nei partiti di maggioranza ma poi deluse da misure spot, bonus e varie elemosine di stato, guardano al federalismo come a una possibilità di riconoscimento della dignità che finora è soltanto chiusa in una promessa. Un federalismo che potrebbe drenare risorse verso gli enti locali, forse più propensi a scommettere la faccia su assegni familiari, asili nido, servizi sociali di cura, part time.
Il presente.
Il buon Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alla famiglia, è stimato da tutti per la tenacia con cui ha difeso da ratti e sparizioni i fondi già stanziati. Si sono salvati dalle forbici dei tecnici tremontiani gli asili nido (cento milioni di euro) e la conciliazione di lavoro e famiglia. L'Ici non esiste più (“Le ricordo che è costata una bella somma l'abolizione della tassa sulla prima casa”. E' che in una prima casa possono viverci in due o in sette, quindi non si può definire una misura specifica a favore di chi ha figli, semmai una giusta tutela della proprietà privata).
Dal suo cilindro Giovanardi estrae anche un decreto per eliminare la sovrattassa su gas e elettricità pagata da chi consumava di più (presentazione del testo prevista in questi giorni). L'eliminazione è riservata alle famiglie con quattro figli e più (“Sono 184mila in Italia”). Con gli ultimi 30 milioni di euro che gli restavano si è anche inventato un fondo di garanzia per i prestiti a chi vive con prole, da restituire in cinque anni a tassi molto agevolati.
E' vero che al ministero delle pari opportunità stanno studiando come incentivare il lavoro femminile, come permettere di conciliarlo con le cure (di figli o anziani o disabili), ma di quanti fondi e di che tempi si stia parlando non è dato sapere. Per quest'anno si studia e basta.
E' altrettanto vero che il premier in persona ha dichiarato: entro la legislatura il quoziente familiare sarà realtà (come è vero che l'obiettivo era il secondo punto programmatico delle locandine elettorali del Pdl, subito dopo l'Ici).
Il futuro.
Intanto che la legislatura si compia, e con lei anche i cambiamenti strutturali promessi, le famiglie si aggrappano a un traguardo politico che potrebbe rivelarsi più generoso di uno stato centrale dedito a gestire macrocrisi. La speranza è in quel federalismo che si approverà, possibile strumento per drenare risorse nelle casse degli enti locali, favorendo gli investimenti di lungo periodo. Il bonus bebè va bene, è un aperitivo, dice Paola Soave, vicedirettrice del Forum delle associazioni familiari, “è sempre meglio di un calcio alle gengive”. Quello che manca è la soluzione strutturale dei problemi. Come il riconoscimento che le famiglie sono “creditrici dello stato, perché hanno sempre pagato più tasse di quelle dovute”. Si vorrebbe invertire l'idea che “lo stato di vita dipende soltanto dal reddito della persona, perché invece dipende anche da quello della famiglia”, precisa Renata Polverini, segretario generale dell'Ugl (Unione generale del lavoro), che ha da subito condiviso con il Forum le battaglie per il quoziente familiare. Un importante primo passo, ma non sufficiente. Il modello è quello del Trentino Alto Adige, dove esistono per i residenti assegni familiari crescenti col crescere del numero di figli e proporzionali al reddito. Un metodo che secondo Paola Soave potrebbe presto venire copiato dal governatore della Lombardia.
Anche l'Ugl vede nel federalismo un'opportunità, per la “maggiore responsabilità politica e finanziaria degli enti locali”. E per trovare, insieme anche alle imprese, nuovi modi per sostenere le donne lavoratrici nella crescita dei figli.
Gli striscioni del prossimo family day sono quindi già quasi pronti. Se non i colori, almeno la scritta: “Verso il federalismo fiscale a misura di famiglia”.
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