Chiuderò Guantanamo
Non sarà facile per Obama chiudere Guantanamo, la base americana di Cuba che ospita i prigionieri del jihad terroristico. Si profila l'opzione delle corti speciali “ibride”, un nuovo sistema giudiziario che fa già gridare allo scandalo gli attivisti liberal e dei diritti umani. L'ideatore di questo sistema è il professor Amos Guiora, che insegna alla University of Utah.
Le sue teorie sono giudicate “pericolose” da Ken Gude del Center for American Progress di Washington. E contro si è appena scagliato anche Anthony Romero, direttore della potente organizzazione dei diritti civili American Civil Liberties Union. “Sarei sorpreso se avessero la meglio i sostenitori delle corti speciali per la sicurezza nazionale”, spiega Gude. “E' incompatibile con la direzione assunta da Barack Obama”. Non sarà facile per Obama chiudere Guantanamo, la base americana di Cuba che ospita i prigionieri del jihad terroristico. Si profila l'opzione delle corti speciali “ibride”, un nuovo sistema giudiziario che fa già gridare allo scandalo gli attivisti liberal e dei diritti umani.
L'ideatore di questo sistema è il professor Amos Guiora, che insegna alla University of Utah. Dalla sua ha un ventennio di servizio nelle Forze di difesa d'Israele, come colonnello e giudice militare. Il sistema ibrido per sanare il limbo di “Gitmo”, altro nome per Guantanamo, rispetterà la separazione dei poteri, le minime garanzie costituzionali come ha imposto la Corte suprema, ma tutelerà anche fonti e informazioni dell'intelligence. “La protezione delle fonti è un dovere nell'antiterrorismo”, dice Guiora al Foglio. “Senza fonti, non c'è intelligence. Senza intelligence, non c'è antiterrorismo”. “La Corte suprema ha fallito nel definire i diritti dei sospetti terroristi. Ma anche il Congresso ha fallito nei suoi poteri. Così ho proposto di definire come ibridi i terroristi post 11 settembre, non sono né criminali né prigionieri di guerra”.
Un ibrido suggerisce anche la creazione di un nuovo paradigma legale. “L'idea è quindi stabilire un nuovo sistema giudiziario che risponda alla guerra al terrorismo, da Guantanamo a Camp Bucca in Iraq. Si deve tener sempre presente che vi è un pericolo per l'America e per la sicurezza nazionale. Il sistema ibrido prevede una sorta di processo criminale, con la differenza fondamentale che l'intelligence, il controterrorismo e le fonti delle informazioni possono essere protette in tribunale. L'eccezione rispetto al procedimento civile è dunque sulle fonti da proteggere. E' il giudice che decide se una certa informazione sia divulgabile”.
Dopo l'attentato alle Torri gemelle, la guerra in Afghanistan e in Iraq, da Guantanamo sono passati 800 sospetti terroristi. Di questi, 520 sono stati rilasciati senza accuse formali. Degli altri Obama deve decidere cosa fare. Ci sono anche gli irriducibili, gente che vuole il Corano sigillato quando lo riceve dalle mani dei custodi “infedeli”. Fallita la via dei tribunali militari voluta dalla Casa Bianca, resta aperta la strada dell'idealismo umanitario, il ritorno alla giustizia civile. Ma è impraticabile per numerose motivazioni. Ci sono tanti casi come quello di Mohammed al Qahtani, il dirottatore mancato dell'11 settembre. Pare sia stato sottoposto a forme di interrogatorio considerate da più parti come tortura: gli indizi raccolti non avrebbero alcun valore in un tribunale ordinario. Il sistema pensato da Guiora in teoria risolverebbe due problemi che hanno tormentato l'amministrazione Bush. “Il diritto del sospettato di confrontarsi con i propri accusatori e il diritto a un processo con una giuria di pari”, ci spiega il professore. “Capisco le critiche degli attivisti dei diritti umani rispetto a un non cambiamento su Guantanamo. La sua militarizzazione non era una buona idea. Ma l'intelligence deve essere protetta, è una questione imprescindibile. C'è anche il problema del blowback, letteralmente rinculo, e cioè il ritorno dei terroristi sui campi di battaglia. Perciò dobbiamo studiare bene i files dei detenuti”.
Amos Guiora porta con sé tutto lo sforzo enorme messo dall'esercito israeliano per insegnare ai propri soldati standard di salvaguardia del nemico sconosciuti in tutti gli altri paesi del mondo costretti alla guerra. “Nell'esercito israeliano, dove ho passato diciannove anni della mia vita, ho imparato che deve esserci un equilibrio fra i poteri di un esecutivo e i diritti dell'individuo, che ci sono sì i diritti dello stato ma anche del singolo. Israele è come un grande laboratorio”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano