Le idee di Mr O.

Christian Rocca

Ronald Reagan pescava uomini e idee dalla Heritage Foundation, Bill Clinton dalla Brookings Institution, George W. Bush dall'American Enterprise Institute. I centri studi sono un elemento irrinunciabile del paesaggio politico di Washington e ogni presidente ha il suo pensatoio di riferimento. Barack Obama ne ha tre.

    Ronald Reagan pescava uomini e idee dalla Heritage Foundation, Bill Clinton dalla Brookings Institution, George W. Bush dall'American Enterprise Institute. I centri studi sono un elemento irrinunciabile del paesaggio politico di Washington e ogni presidente ha il suo pensatoio di riferimento. Barack Obama ne ha tre, stando alla provenienza degli uomini del suo staff e delle proposte politiche presentate in campagna elettorale. Tutti e tre – The Hamilton Project, The Center for American Progress e The Center for a New American Security – sono centristi, moderati, clintoniani. Il più noto è il Center for American Progress di John Podesta, l'ex capo dello staff di Clinton che ora guida il processo di transizione da Bush a Obama. Si occupa di politica interna e ondeggia fra il moderatismo clintoniano e il radicalismo di George Soros, che lo finanzia. Più interessante e brillante è l'Hamilton Project nato nel 2006 all'interno della Brookings Institution con Barack Obama ospite d'onore.

    L'Hamilton Project, lodato spesso da commentatori neoconservatori come David Brooks, è un centro di studi economici che propone una sintesi fra l'idea liberista che per aumentare il benessere collettivo si debba puntare sulla crescita e le politiche progressiste che puntano a garantire sicurezza economica con l'intervento dello stato. Lanciato da Bob Rubin e Lawrence Summers, i guru della clintonomics e ora del team obamiano, l'Hamilton Project ha fornito a Obama anche i suoi due più giovani consiglieri: i liberisti liberal Jason Furman e Austan Goolsbee.

    Il terzo think tank obamiano, quello che produce idee di politica estera e di sicurezza nazionale, è bipartisan. Il Center for a New American Security potrebbe avere sull'Amministrazione Obama lo stesso impatto che il minuscolo Project for a New American Center ha avuto su Bush nel mondo post 11 settembre. L'America, recita il motto del Center, deve avere una politica estera e di difesa “forte, pragmatica e morale”.

    I tre centri studi sono la fucina di giovani talenti e di vecchie glorie clintoniane per la prossima Amministrazione di Obama. Tra i dirigenti e gli studiosi del Center for a New American Security c'è il gruppo che gestirà la politica di sicurezza nazionale di Obama, a cominciare da James Steinberg, Richard Danzig e Susan Rice, considerati dal presidente eletto per vari posti di primo piano: Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Segretario alla Difesa, ambasciatore all'Onu. La presidentessa del Centro, Michèle Flournoy, guida il transition team di Obama per la Difesa ed è probabile che avrà un ruolo chiave nel prossimo Pentagono. E così molti altri membri del board del Center che può contare, tra gli altri, sul contributo dell'ex senatore repubblicano ed ex segretario alla Difesa di Clinton, William J. Perry, su Madeleine Albright, su John Podesta e sul conservatore realista Richard Armitage, amico e vice di Colin Powell, ma anche firmatario del famoso appello del 1998 preparato dal Project for a New American Century per sostenere il cambio di regime a Baghdad.

    Nato soltanto nel 2007 e con un budget piccolo, sei milioni di dollari, se confrontato ai giganti Brookings e American Enterprise, il Center for a New American Security si fa portatore di politiche che “promuovono e proteggono gli interessi e i valori americani” e ha proposto di non ritirarsi dall'Iraq, contribuendo così ad avvicinare la posizione di Obama a quella del generale David Petraeus, ma anche di non rinunciare a parlare con l'Iran. Editorialisti e blogger radicali stanno da tempo all'erta sulle proposte muscolari del Center. In particolare, a preoccupare sono gli analisti militari Michael O'Hanlon e il giornalista dell'Atlantic Robert Kaplan, i quali hanno consigliato al nuovo presidente nientemeno di non rinunciare alle battaglie riformatrici di Donald Rumsfeld al Pentagono.