Oggi in Francia le votazione per eleggere il nuovo segretario - Guarda il video

Perché Royal e Aubry sono i due opposti che non si attraggono del Ps

Marina Valensise

Lo stile è l'uomo, dicono i francesi, ma quello delle due prime donne in lizza per la segreteria del Partito socialista è opposto. Calmo, solido, sicuro di sé quello di Martine Aubry, perché vuole parlare di politica e di partito, con la P maiuscola, e ostenta la mano tesa a Ségolène, consapevole che la vittoria sia a portata di mano. Guarda il video

    Lo stile è l'uomo, dicono i francesi, ma quello delle due prime donne in lizza per la segreteria del Partito socialista è opposto. Calmo, solido, sicuro di sé quello di Martine Aubry, che si lascia intervistare da un quotidiano popolare in un bar di prima mattina e buca il video, come si evince guardandola su Internet, perché vuole parlare di politica e di partito, con la P maiuscola, e ostenta la mano tesa a Ségolène, consapevole che la vittoria sia a portata di mano. Ségolène invece freme e si dispera, col suo tono querulo e legnoso su un fondo di ostinata caparbietà, e naviga contro vento, anche quando potrebbe starsene tranquilla in rada e aspettare che passi la tormenta. Rincorre il carisma, insegue l'empatia, vuole sedurre, dunque toccare le corde del cuore. Mentre l'altra, Aubry, parla alla ragione, vuole convincere, fa i conti con le forze in gioco, senza troppo badare all'entusiasmo. Niente di più opposto, quindi.

    Ségolène l'ha sempre detestata perché donna come lei, ma indipendente; perché di sinistra come lei, ma d'origine accreditata, in quanto figlia di un socialista onorario come Jacques Delors e non socialista per scelta, vuoi per amore del compagno François Hollande, vuoi per ribellione al padre militare destrorso; perché emancipata come lei attraverso gli studi, ma più brillante di lei, pur avendo ricevuto lo stesso imprinting dall'Ecole nationale d'administration, ma per finire in ministeri più pesanti, come il Lavoro e le Politiche sociali, prima da semplice consigliere, poi come ministro in proprio.

    Ségolène dunque per questo si dimena. Lei che ha avuto la maggioranza, col 29 per cento di militanti favorevoli alla sua mozione, denuncia la congiura degli avversari, i maneggi del fronte anti Royal, la partita truccata contro la sua candidatura e soprattutto contro la sua persona. Si lascia intervistare dal Monde per ribadire la sua forza d'incarnazione: “Sono io e nessun altro a simbolizzare il cambiamento e la rottura”. Ed è sempre lei a spiegare che è proprio questo a dare “molto fastidio”, tanto più che lei ha alle spalle venticinque anni di militanza in seno al Ps. Ed è ancora lei a esporsi in prima linea per rivendicare “la legittimità che mi ha dato la campagna presidenziale” e denunciare il “poker bugiardo” degli avversari, che tentano di fare ostruzionismo, ripiegando il partito sull'immobilismo. “Siccome c'ero io e una nuova generazione in testa al gradimento dei militanti, si sono rifiutati di piegarsi, e hanno fatto del congresso una questione personale”.

    Io, io, io, io… all'egomania vittimistica, Martine Aubry e gli altri, che come lei non la sopportano, rispondono con la “politique d'abord”. Il sindaco di Lille tende la mano all'avversaria e annuncia che in caso di vittoria vorrà formare subito una nuova squadra e incontrare Ségolène, “anche se fa politica in modo diverso, e ha un'altra concezione del partito”, per vedere come lavorare insieme. Sa benissimo, infatti, che se vince, dovrà vedersela con una consistente opposizione interna. Anche Ségolène lo sa, ma mentre Aubry cerca un punto di equilibrio per costruire il consenso, lei cerca di sfruttare la tensione, forza l'attrito. E se uno insinua la domanda maliziosa sulle presidenziali del 2012, la figlia di Delors, che ha sempre dimostrato una certa freddezza nello schivare candidature a rischio, diventa prudente: “Oggi non si impone nessuno. Quando avremo un bel progetto nel 2011, sapremo scegliere il o la migliore per sostenerlo”. Poi, senza curarsi dell'accusa di immobilismo, squarcia il velo opaco della nomenklatura, lasciandosi alle spalle i vecchi elefanti, i Mauroy, i Jospin, i Fabius che tifano per lei, e promette un partito aperto “alla foga dei giovani” e “all'esperienza dei vecchi”.

    “Il socialismo dovrebbe essere alla moda, se non lo è perché non lavoriamo insieme, per questo dobbiamo innanzitutto riunirci”. Ai due stili diversi corrispondono due idee opposte di partito. Ségolène sogna un non partito, aperto alla società civile, alla democrazia partecipativa, ai giovani, alle donne, al meticciato, dove saltano tutti i tabù, persino quello della sede in rue Solférino, da vendere per prenderne un'altra in un quartiere popolare, purché collegata con metro diretto all'Assemblea nazionale. Aubry, invece, vuole un partito di militanti, credibile, efficace. Un partito di sinistra forte contro una destra dura di governo. Sono gli iscritti oggi a decidere se Aubry che sulla carta ha già la vittoria aritmetica avrà pure quella politica.

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