Perché la Santa Sede non firma la convenzione Onu sui disabili
Così è nata la manipolazione sulla risposta ingenua e legittima del Vaticano
Vaticano allineato alle teocrazie fondamentaliste nel voler mantenere il reato di omosessualità, Vaticano persecutore di gay, Vaticano che non si oppone alla pena di morte e alle torture che ai gay sono riservate in molti stati: sono più che grottesche le interpretazioni di alcune frasi pronunciate da monsignor Celestino Migliore
Vaticano allineato alle teocrazie fondamentaliste nel voler mantenere il reato di omosessualità, Vaticano persecutore di gay, Vaticano che non si oppone alla pena di morte e alle torture che ai gay sono riservate in molti stati: sono più che grottesche le interpretazioni di alcune frasi pronunciate da monsignor Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, colpevole di aver criticato, nel corso di un'intervista, la dichiarazione per la “depenalizzazione universale dell'omosessualità” che la Francia, a nome dell'Unione europea, ha intenzione di presentare all'Onu, in occasione del sessantenale della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. “Il Papa: essere gay resti illegale”, titolava ieri il Manifesto. Almeno non virgolettava, come l'Unità: “L'omosessualità non può essere depenalizzata nel mondo”, e non si capisce se la dichiarazione testuale (inventata) sia attribuita a Migliore o direttamente al Pontefice.
Tirato comunque in ballo dal radicale Sergio Rovasio, che accusa il Vaticano di doppiezza e omofobia. Oggi il Vaticano si oppone alla depenalizzazione dell'omosessualità, sostiene Rovasio, mentre nel 1986, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger scriveva nella lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali: “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev'essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni”.
Che cosa è successo? E' successo che la dichiarazione “per la depenalizzazione universale dell'omosessualità” comprende tredici punti, uno dei quali è la condanna delle esecuzioni e delle torture, assieme a molto altro. C'è, tradotta nel solito gergo delle burocrazie internazionali euro-onusiane, la presa di posizione contro la “discriminazione, l'esclusione, la stigmatizzazione e il pregiudizio” antiomosessuale. Che ciascuno, teme il Vaticano, potrà tradurre come vorrà. In Iran, dove i gay vengono impiccati, nessuno farà una piega. Ma in Svezia, in nome di un'analoga risoluzione approvata in Europa, un sacerdote è stato rinviato a giudizio dopo un'omelia critica nei confronti dell'omosessualità. La dichiarazione che arriverà all'Onu (voluta dal ministro francese dei diritti umani, Rama Yade, e firmata finora da una cinquantina di nazioni, tra cui le ventisette europee) non inciderà dove l'omosessualità è perseguita, mentre i veri destinatari del documento diventeranno i paesi dove atti persecutori potranno essere considerati, di volta in volta, l'ostacolo alle adozioni o il mancato riconoscimento delle nozze per le coppie gay.
Ma se nella dichiarazione ci fosse stata la semplice condanna delle persecuzioni contro i gay e il rifiuto del reato di omosessualità ovunque sia previsto, il Vaticano l'avrebbe osteggiata? Al Foglio, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, risponde che “quella condanna e quel rifiuto discendono dalla stessa Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e naturalmente il Vaticano li condivide. Proprio per questo non era necessario un documento concepito come una somma di temi diversi che si possono prestare ad ambiguità”. Padre Lombardi constata “un equivoco all'origine di tutta la vicenda, un cortocircuito. Le obiezioni di monsignor Migliore, espresse su un testo che dice molte cose e si presta a usi discutibili, sono state tendenziosamente attribuite a quella parte, del tutto condivisibile, nella quale si afferma la condanna di violenze e ingiustizie per motivi di discriminazione sessuale. Ma quando si dice che tutti gli orientamenti sessuali devono essere considerati esattamente sullo stesso piano, è un'altra cosa”. Padre Lombardi è però convinto che “quando questo polverone mediatico si depositerà, apparirà palese la pretestuosità di certe interpretazioni. Aspettiamo che la dichiarazione arrivi all'Onu. In quell'occasione ci sarà l'opportunità di spiegare meglio la posizione vaticana”.
Forse padre Lombardi è troppo ottimista, vista la lunga storia di incomprensioni e attriti tra Vaticano e Palazzo di Vetro. L'ultimo capitolo è di ieri. La Santa Sede ha ribadito la decisione di non firmare la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore l'8 maggio scorso, perché non si esprime contro l'aborto selettivo. E' “tragico – sostiene il Vaticano – che una imperfezione del feto possa essere una condizione per praticare l'aborto”, come riconosce una Convenzione (comunque definita un “passo importante sulla via delle pari opportunità per i 650 milioni di disabili del mondo”) il cui obiettivo è “proteggere le persone con disabilità da tutte le discriminazioni riguardo all'esercizio dei loro diritti”. E' l'unico punto di dissenso su un testo al quale la Santa Sede ha contribuito attivamente nel corso di cinque anni di lavori. Ma sufficiente a impedire la ratifica vaticana.
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